I numeri della regione migliorano ma pesa ancora come una zavorra la distorsione delle regole del mercato, più accentuata rispetto ad altre regioni italiane, per il complesso dei reati economici sia ad opera della criminalità organizzata, sia della delinquenza comune. A sottolinearlo il presidente di Unioncamere Campania Andrea Prete
Sembrava così prossima ad aversi che in tanti l’avevano predetta. In realtà la tanto attesa ripresa economica per la Campania è rimasta solo un accenno.
A decretarlo è stato il Rapporto reso noto dall’Istituto Tagliacarne stamani, nel corso della 14° Giornata dell’Economia tenutasi presso la Camera di Commercio di Napoli.
«La crescita complessiva del valore aggiunto a prezzi correnti (comprensiva quindi dei fenomeni inflattivi) – si legge nella sintesi dello studio presentato da Domenico Mauriello, direttore della Fondazione Tagliacarne – è stata in Italia pari a +1,3 punti percentuali rispetto al 2014, grazie alla componente estera (le esportazioni sono cresciute del 3,8%) e alla ripresa dei consumi delle famiglie (+1,1%)».
Anche se la crescita della ricchezza prodotta è risultata inferiore rispetto alla media Paese, la Campania ha dato prova di una discreta effervescenza imprenditoriale, facendo registrare – nel 2015 – un incremento delle aziende del +1,2% rispetto all’anno precedente, ben oltre quindi il +0,3% nazionale. Nel dettaglio è la città di Napoli a mettere a segno la parte più consistente del dato relativo alle imprese, con un +2,3%, cui seguono le province di Caserta e Salerno (entrambe +0,4%), Benevento (+0,1%) e il lieve calo di Avellino (-0,2%).
A incidere su questi numeri sia la componente straniera che, a fine 2015, annovera oltre 37,7mila imprese, ossia il 12,8% in più rispetto al 2014 (incremento medio Italia: +5,0%), ma anche l’imprenditoria femminile, pari ad oltre 131mila imprese (+0,9%).
Buono anche il dato relativo alle imprese iscritte nel Registro Imprese nella sezione delle start-up innovative che ad aprile 2016 arrivano a 339, il 26,5% dell’intero Mezzogiorno.
Cresce anche il numero di aziende che credono nei processi aggregativi: a marzo 2016 in Campania risultano 765 le aziende coinvolte nella creazioni di reti di imprese, in particolare nel comparto dei servizi.
Buone sono in particolare le performance connesse alle filiere legate alla cultura e al mare. «Il sistema produttivo culturale – si legge nella sintesi – contando quasi 21,5mila imprese nel 2015, contribuisce alla creazione del 2,6% del valore aggiunto prodotto in Campania come pure del 2,5% dell’occupazione. Il settore, tuttavia, manifesta ulteriori potenzialità di crescita in quanto il peso della ricchezza e l’occupazione prodotta dallo stesso in regione è inferiore all’incidenza media nazionale pari, infatti, al 3,8% del PIL e al 3,7% degli occupati».
Per quanto attiene, segnatamente, all’economia del mare, «la ricchezza prodotta dalla filiera si attesta al 3,9% del totale nel 2015 (Italia 2,9%), trainata dalla provincia di Napoli (5,5%) in cui si evidenziano, chiaramente, le attività legate all’indotto portuale (movimentazione merci e passeggeri: Napoli 29,4%; Italia 18,1%) e nel turismo costiero (Napoli 32%; Italia 30,2%). A livello regionale, nell’economia del mare si contano oltre 22mila imprese, in crescita dell’1,8% rispetto all’anno precedente (Italia +1,9%), per lo più in ragione del dinamismo espresso dal settore della ricerca, regolamentazione e tutela ambientale (+5%)».
Seppur di poco, positiva è anche la variazione del numero degli occupati, un 1,0% superiore alla media nazionale (+0,8%), ma inferiore al profilo del Mezzogiorno (+1,6%). Si conferma, purtroppo, di segno negativo il livello di disoccupazione che si attesta a 19,8 punti percentuali ossia circa 8 punti in più della media italiana.
Se, nel complesso, migliori performance tendono a tracciare delle buone prospettive di miglioramento per la nostra regione, di contro alcuni fenomeni rappresentano ancora una minaccia per il suo definitivo e concreto sviluppo. Tra questi, va senz’altro considerato l’alto livello di illegalità che scoraggia investimenti e attività produttive.
A questo proposito, il presidente di Unioncamere Campania Andrea Prete, nel suo commento al rapporto elaborato dall’Istituto Tagliacarne su dati Istat, ha evidenziato quanto forte sia «l’illegalità diffusa che deprime i potenziali del sistema economico campano. C’è una distorsione delle regole del mercato più accentuata rispetto ad altre regioni italiane per il complesso dei reati economici sia ad opera della criminalità organizzata che della delinquenza comune, con picchi di furti negli esercizi commerciali (+7,9% rispetto all’anno scorso contro la media italiana del 2%), di frodi informatiche e reati commerciali».
Il presidente Prete ha inoltre rimarcato, in conclusione del suo intervento, «quanto ancora elevata sia la pressione tributaria sulle imprese e sulle famiglie campane e l’elevato costo del credito bancario con medie rilevate dalla Bce di 9,25 punti percentuali applicate alle aziende contro la media italiana del 6,95».
Rimedi per il futuro? L’Istituto Tagfliacarne suggerisce la sua ricetta: «promuovere politiche e strumenti atti a ridare linfa vitale ai consumi delle famiglie che, al pari delle imprese, scontano da tempo una sostanziale perdita del potere d’acquisto che non agevola una pronta riattivazione del circuito economico».