La gestione dei rifiuti alimentari nella Grande Distribuzione Organizzata

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Viviamo in un periodo storico particolarmente delicato nel quale gli sprechi di risorse, in generale, non sono più un’opzione. 

Per molti anni, del resto, l’umanità intera ha seguito uno stile di vita all’insegna dell’inconsapevolezza e del forsennato sfruttamento delle materie prime e delle fonti energetiche naturali di cui, oggi, sta pagando lo scotto. Basti pensare che ogni cittadino europeo, annualmente, produca 173 chili di rifiuti alimentari per cominciare a delineare i tratti più allarmanti di questo fenomeno.

Oggi, però, la Grande Distribuzione Organizzata attua piani mirati al contenimento dell’emergenza, sfruttando risorse riutilizzabili lungo tutta la filiera di produzione, partendo dagli imballaggi. Infatti, come indicato nel sito di imballaggi2000, una delle aziende del settore più in crescita nel 2022, il cartone ondulato è un materiale molto utilizzato nella riparazione di oggetti fragili, inoltre, è facile da smaltire e da riciclare. Per questi motivi è molto apprezzato dagli attori della Grande Distribuzione Organizzata.

Resta, comunque, un totale di 88 milioni di tonnellate di rifiuti alimentari prodotti in soli 365 giorni in tutta l’Unione Europea. Inutile dire che la produzione e lo smaltimento di questi rifiuti fungano da causa scatenante dell’emissione annuale di una quantità spropositata di anidride carbonica: ben 170 milioni di tonnellate. Lo spreco di risorse e materie prime non coinvolge soltanto i privati cittadini, andando, infatti, a ricadere su tutta la filiera che consuma notevoli quantità d’acqua, suolo e mangimi per produrre, essenzialmente, rifiuti e spreco.

Da dove provengono questi rifiuti?

Soltanto in Italia, lo spreco idrico annuale per quanto riguarda il settore alimentare è pari a 16 milioni di tonnellate, la stessa quantità d’acqua presente nel Lago d’Iseo. I rifiuti alimentari, inoltre, vanno ad intaccare anche l’economia. Sotto questo punto di vista, infatti, solo nel 2020 essi hanno costituito una perdita di circa 10 miliardi di euro.

Sono dati particolarmente compromettenti, specie se si pensa all’impatto ambientale e socioeconomico che i rifiuti alimentari hanno sul mondo intero.
Insomma, mai prima di oggi, la necessità di far scendere questi valori risulta essere imminente. Ovviamente, però, un’emergenza del genere non può essere combattuta senza un minimo background al riguardo.

A tal proposito occorre chiarire che tutte le fasi della filiera alimentare comportino la produzione di rifiuti. Alcuni di essi derivano direttamente dalle imprese agricole, mentre le altre sono causate dalla grande distribuzione, dai ristoranti e dagli ambienti domestici di ognuno di noi.

L’importanza del riciclo nel settore alimentare

Sono diverse le ragioni che spingono i dati verso picchi tanto alti. Ogni anno, nel mondo, vengono registrati sprechi, soltanto nella fase di distribuzione, che ammontano a circa 200 milioni di tonnellate di prodotti alimentari. Nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di latticini, salumi, frutta, verdura e prodotti di panetteria. Tra le varie motivazioni di tali sprechi ci sono le previsioni errate della domanda, una pianificazione degli ordini sbagliata o la loro cancellazione, oltre alla più semplice mancanza di interesse.

Le aziende tendono, infatti, erroneamente, a focalizzarsi sull’aspetto economico del loro lavoro, senza organizzare la filiera in maniera etica, gestendo i rifiuti e la loro produzione, spesso, senza nemmeno comprendere l’impatto negativo che questa noncuranza ha sull’ambiente, come sui loro stessi affari. Proprio per questo è fondamentale riciclare e prevenire gli sprechi di cibo.

La direttiva europea 2008/97/CEA si rivela provvidenziale proprio in questo senso, avendo introdotto una gerarchia dei rifiuti che interessa, tassativamente, ogni impresa, impegnandola nella minimizzazione della quantità di rifiuti, attraverso la prevenzione.

Le imprese devono, dunque, diminuire dal principio gli sprechi, abbattendo l’inquinamento che deriva dall’inconsapevolezza, anche grazie ad un approccio più tecnologico e sensibile nei confronti dell’ambiente e dell’economia.