Sancita la piena deducibilità degli interessi passivi derivanti da operazioni di acquisizione con indebitamento
Nelle acquisizioni di partecipazioni da parte di investitori specializzati (tipicamente fondi di private equity) italiani o esteri è frequente imbattersi in operazioni di LBO (leveraged buy out).
Questa fattispecie prevede che l’acquisto di una società (denominata Target) avvenga, utilizzando un apposito veicolo societario (SPV o BidCo o NewCo), il quale viene dotato dei mezzi finanziari necessari per l’acquisizione, in parte attraverso apporti di capitale ed in parte (rilevante) mediante apposite linee di credito bancario a medio/lungo termine, che vengono poi rimborsate utilizzando i flussi di cassa, rivenienti dalla Target sotto forma di dividendi.
Una variante molto diffusa di tale operazione, definita come merger leveraged buy out (MLBO), prevede – una volta operata l’acquisizione – la fusione tra la SPV e la Target, così da rendere possibile l’allocazione del debito direttamente dove vengono generati i flussi di cassa operativi.
Quella di MLBO è quindi un’operazione di finanza strutturata e consente l’investimento in partecipazioni, sfruttando le capacità di indebitamento della società Target che, allo stesso tempo, assicura anche i flussi di cassa necessari al rimborso del debito.
Sotto il profilo giuridico, l’operazione di MLBO si realizza con una fusione con indebitamento, solo di recente disciplinata dal codice civile all’art.2501bis.
Tale innovazione normativa si è resa necessaria per porre fine a tutte le incertezze in merito alla liceità di una operazione, che, secondo Giurisprudenza e Dottrina prevalente, poteva rappresentare una violazione delle norme imperative sul divieto di “assistenza finanziaria”.
Le disposizioni di cui all’art.2501bis prevedono, in sintesi, che la fusione con indebitamento è giuridicamente lecita, solo se sia attestato da esperto indipendente che la Target è in grado di generare i flussi di cassa necessari a rimborsare il debito contratto per la sua acquisizione.
Tali fattispecie – pur in presenza di una specifica norma civilistica che ne ammette la liceità – hanno tuttavia attirato (come al solito) l’attenzione da parte dell’Agenzia delle Entrate (AGE), la quale ha intravisto in esse presunti elementi di abusività/elusività fiscale.
Secondo l’AGE, con le operazioni di MLBO si poteva realizzare una indebita deduzione di interessi passivi da parte della Target (o della SPV) post fusione, per difetto di inerenza degli stessi al reddito d’impresa. In altre parole, per il Fisco, spostare (con una fusione) il debito bancario e quindi gli interessi passivi dove sono i flussi di reddito significava, di fatto (fermo restando il rispetto delle note regole del ROL), ridurre impropriamente il reddito imponibile, con costi asseritamente sostenuti non nell’interesse della società ma dei suoi soci.
Si badi che la contestazione di illiceità fiscale non si basava su presunti artifizi o raggiri, ma sul fatto stesso di aver posto in essere una operazione di MLBO, a nulla rilevando quindi le sue effettive ragioni economiche, creando di fatto l’equazione MLBO = elusione fiscale.
Questo approccio integralista e apodittico ha determinato ovviamente il proliferare di innumerevoli accertamenti fiscali a carico di società, che, anche dinanzi ad operazioni di aggregazione industriale molto rilevanti, si sono trovate a gestire recuperi a tassazione milionari e lunghi e costosi contenziosi, che – altrettanto ovviamente – hanno visto l’Amministrazione Finanziaria in pratica sempre perdente.
Proprio per il consolidarsi di tanta giurisprudenza avversa, l’AGE con la circolare 6/E del 30 marzo 2016 ha ritenuto inevitabile modificare il suo atteggiamento, sancendo la piena deducibilità degli interessi passivi derivanti da operazioni di acquisizione con indebitamento, sia laddove posta in essere da un insieme di soggetti esclusivamente residenti in Italia, sia nell’ipotesi di presenza di soci e/o finanziatori non residenti.
E tale deduzione viene confermata anche quando si proceda alla fusione tra veicolo e Target o qualora la deduzione avvenga nell’ambito della procedura di consolidato fiscale nazionale.
La circolare precisa in modo inequivocabile, che le operazioni di MLBO vedono nella fusione il logico epilogo dell’acquisizione mediante indebitamento, necessario anche a garantire il rientro, per i creditori, dell’esposizione debitoria, fino a concludere che tutte le contestazioni formulate sulla base dell’abuso del diritto dovranno essere riconsiderate dagli Uffici ed eventualmente abbandonate, salvo alcuni specifici profili di artificiosità dell’operazione.
A tal proposito, infatti, la circolare non dimentica di evidenziare alcuni aspetti patologici di tali operazioni che, evidentemente, possono determinare la perdita di eventuali benefici fiscali ottenuti.
Uno tra questi è (da sempre in verità) rappresentato dalla partecipazione dei vecchi soci della Target alla operazione di MLBO o dal mancato trasferimento della maggioranza della Target a terzi.
In buona sostanza per l’AGE, la costruzione di una MLBO ha senso fiscale, solo se possiede motivazioni industriali o finanziarie significative, ma se queste motivazioni sono assenti o non appaiono convincenti (e una di queste è proprio una operazione di MLBO senza cambio di controllo), è evidente che potranno essere contestati eventuali vantaggi fiscali conseguiti.
La circolare esamina, infine, anche altre tematiche ritenute significative nelle operazioni in specie.
Una è rappresentata dalla deducibilità delle fees addebitate dai soci investitori, dagli advisors dell’operazione e così via, alla SPV e/o alla Target. In estrema sintesi, se le fees sono state addebitate a fronte di un servizio erogato nell’interesse esclusivo del fondo e dei relativi investitori, il relativo costo dovrà essere disconosciuto per difetto di inerenza, ai sensi dell’art. 109 comma 5 del TUIR.
Diversamente, se la fee addebitata alla Target o alla SPV si riferisce ad una prestazione effettuata nell’interesse di queste ultime, essa è certamente inerente, ma, laddove proveniente da entità non residenti riferibili agli investitori, deve essere valutata, ai sensi dell’art. 110 co. 7 del TUIR, la congruità del corrispettivo addebitato.
L’altra è rappresentata dai finanziamenti soci (shareholder loans) erogati dagli investitori per cofinanziare l’acquisizione: l’AGE sottolinea che le remunerazioni di tali prestiti devono essere in linea con il mercato dei capitali, pena la loro riqualificazione quali apporti di capitale, con ogni conseguenza del caso, in termini di deduzione degli interessi per la Target e di tassazione per i percettori.
Tutto questo lascia intuire, da ora in avanti, verso quali direzioni saranno rivolte, nelle operazioni di finanza strutturata, le attività di accertamento dell’AGE. Tenuto conto che fees e shareholder loans sono quasi sempre di importo rilevante, occorrerà stare sempre “in campana”!