Welfare, il bello di vivere e lavorare a Salerno

dino giordanoDino Giordano, socio fondatore della Giordano Associati, illustra il progetto che agevola lo scambio orizzontale tra realtà aziendali diverse e professionalità multiple. «È nato così – sottolinea – un primo nucleo di una community che ha avviato la co-creazione di officine e servizi di benessere inter-aziendali a chilometro zero e costo zero, mettendo a fattor comune risorse e competenze già immediatamente disponibili sul territorio»

 

Dottor Giordano, quello cui il suo gruppo sta lavorando è un progetto di welfare di territorio. Quali sono i punti chiave del vostro lavoro?

In verità parliamo di un progetto di Welfare Sinergico Territoriale e gli ingredienti sono: benessere privato, sinergia inter-aziendale e sostenibilità a chilometro zero. Il 25 novembre 2014 fu pubblicato un primo lavoro collaborativo svolto in Confindustria Salerno che si intitolava “Dentro la fabbrica, il cambiamento comincia qui e ora”. Ho introdotto allora un primo discorso su #WelfareinSalerno, evidenziando la necessità di spostare il dibattito dal mero fattore di erogazione di servizi in convenzione o problematiche di disponibilità economica dell’azienda, ad aspetti primariamente culturali che connotano il patto psicologico tra dipendente e imprenditore nel nostro territorio. Esiste oggi, come allora, infatti, una peculiarità nelle relazioni che vengono vissute all’interno delle nostre aziende che è data dal tessuto sociale del nostro territorio e dal fattore culturale, per cui una politica di servizio – ad esempio su prodotti previdenziali scontati per tutti i collaboratori – è molto meno efficace di un intervento liberale a favore di un singolo nucleo familiare all’interno della stessa azienda. Il fattore differenziante, a mio avviso, non è solo la capacità di investimento dell’imprenditore, quindi l’ammontare del premio erogato o la percezione del valore del servizio che sostituisce quel premio, quanto piuttosto la soddisfazione di un bisogno reale preso in carico in una forma di cura della persona che non lascia intendere altri scopi e finalità sottese se non il benessere della persona stessa e del suo nucleo familiare. La fedeltà all’impresa non è più garantita dal lavoratore perché la promessa di stabilità non può essere più mantenuta. Il crash che si è generato nel patto psicologico ha fatto sì che il lavoratore non sia più sereno nell’affrontare scelte su politiche retributive, seppur rivolte al suo benessere, quali quelle di welfare.
#WelfareinSalerno realizza un modello di welfare sinergico nella misura in cui prende in carico la problematica del patto psicologico tra imprenditore e dipendente e inizia a lavorare sul fattore culturale per una riscrittura del patto stesso. È per questo che abbiamo oggi realizzato un manifesto del benessere in azienda , come primo atto di volontà di inclusione rivolto sia agli imprenditori che ai dipendenti, in cui il benessere della persona è il punto di partenza e non di arrivo nella creazione di servizi.
Siamo quindi partiti dalla convinzione che sia il singolo a poter agire un cambiamento. Privato è per noi sia sinonimo di “azienda privata” che di “persona”. Ci piace pensare che il collaboratore e l’imprenditore stipulando un nuovo patto psicologico possano entrambi essere promotori di benessere per la comunità in cui agiscono.
Il singolo collaboratore, al tempo stesso cittadino, prima di iniziare a scegliere il servizio prende consapevolezza dell’azione di valore che l’azienda sta compiendo per il territorio e poi decide come investire il proprio valore in termini di tempo, credito o esperienza nella partecipazione a quelle che abbiamo definito “officine del benessere”. Per facilitare queste modalità collaborative e inter-aziendali di lavoro ho messo a disposizione delle aziende il nostro gruppo di professionisti che, grazie a un sistema anche di co-creazione di servizi tra più aziende, sta riuscendo a raggiungere una sostenibilità economica del modello. La nostra ambizione è quella di introdurre poi una misurazione di impatto sociale.

Nella sintesi del progetto ricorre spesso la parola “cambiamento”. Ciascun soggetto coinvolto deve esserne portatore sano…gruppo giordano
Oggi il nostro ruolo di professionisti delle risorse umane è sempre più quello di essere anticipatori e abilitatori del cambiamento. Ci troviamo immersi in relazioni complesse che hanno bisogno di essere esplicitate perché la prima azione del cambiamento nasce dalla consapevolezza. Con il progetto di #WelfareinSalerno, la prima iniziativa messa in campo è stata quella di realizzare un manifesto culturale cui è possibile contribuire e sottoscrivere. Prima che il raggiungimento di obiettivi comuni per poter agire in direzioni che soddisfino tutti gli stakeholder, vi è l’accordo sui valori e l’identità culturale. Ciò che unisce gli imprenditori e i singoli che hanno iniziato a sottoscrivere il manifesto è il valore di essere agenti di una economia di territorio, che non significa necessariamente essere orientati al mercato locale ma, all’opposto, essere attenti ai processi di innovazione al punto da considerare la propria azienda una piattaforma aperta i cui primi portavoce siano i collaboratori stessi.

Dodici sono le aree individuate: quali?
Vanno dalle aree di bisogno fisiologico quali Salute, Alimentazione, Sicurezza, a quelle volte a soddisfare bisogni di sicurezza per sé e la propria famiglia: Previdenza, Famiglia, Mobilità; alla copertura di servizi per il benessere, il proprio equilibrio di vita e lavoro e la realizzazione personale: Sport, Lavoro Agile, Formazione, Autorealizzazione; alla cura per la collettività: Impegno Sociale e Sostenibilità.
Per individuare le aree di welfare, oltre che sulla nostra esperienza, ci siamo confrontati con l’indice del welfare per le PMI voluto anche da Confindustria, che ha visto la sua prima sperimentazione quest’anno e si candida a essere un benchmark nazionale. Noi, rispetto a quell’indice, abbiamo aggiunto una valenza e un’attenzione in più ai processi di ingaggio e autorealizzazione dell’individuo e alla sostenibilità ambientale.

Tempo, beni, servizi e competenze del singolo messi a fattor comune: ci spiega come?
Abbiamo chiesto ai firmatari del manifesto di partecipare alle attività di progetto donando tempo. È nato così un primo nucleo di una community che ha avviato la co-creazione di officine e servizi di benessere inter-aziendali a chilometro zero e costo zero, mettendo a fattor comune risorse e competenze già immediatamente disponibili.
È un processo di lavoro che segue il flusso dei suoi stessi partecipanti, agevolando lo scambio orizzontale tra realtà aziendali diverse e professionalità multiple. In questo modo riteniamo sia anche possibile la contaminazione di saperi e la sperimentazione di nuovi modi di lavorare in forma collaborativa. Tutti elementi questi che contribuiscono alla scoperta di talenti, alla valorizzazione e all’attrattività del territorio.

Quali i benefici immediati per il lavoratore, l’azienda e la comunità?
Benefici immediati per il collaboratore sono il consolidamento del rapporto fiduciario, la motivazione, il senso di appartenenza e il miglioramento della qualità delle relazioni di lavoro anche riflesse sulla propria vita privata. Questo nell’immediato, anche se, mi consenta, noi stiamo lavorando ad un obiettivo di medio periodo che è il rafforzamento della cultura del bello di vivere e lavorare nel territorio di appartenenza.