Gli squilibri esistenti dovrebbero essere sanati con politiche di sviluppo e non con lotte intestine, scompensi che potremmo ricomporre grazie alla straordinaria occasione del Pnrr, le cui risorse – se bene utilizzate – dovrebbero proprio andare a incidere sulla velocità strutturale del Paese, riuscendo al contempo a colmare il gap tra Nord e Sud
Poco più di un mese fa è stato approvato all’unanimità dal Consiglio dei ministri il ddl Calderoli, ovvero il disegno di legge recante disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario, che dovrebbe diventare realtà entro fine 2023. Assunto che il tema non è di certo nuovo, né tanto meno illegittimo visto che deriva dall’articolo 116, terzo comma, della Costituzione che statuisce l’attribuzione da parte dello Stato alle Regioni di “forme e condizioni particolari di autonomia”, ciò che ci preoccupa è il clima da stadio che esso ha generato, rendendo più difficile un’analisi serena di cosa sia meglio decidere di fare per il Paese sul tema.
Non per le Regioni del Nord o per quelle del Sud, ma per l’Italia intera perché – come bene ha sottolineato il presidente di Confindustria Carlo Bonomi – alcune sfide che abbiamo di fronte – da imprenditore penso alle condizioni per competere sullo scacchiere internazionale – non hanno carattere locale, anzi. La dimensione su molti temi travalica i confini nazionali.
Al di là di alcuni nodi procedurali che ci auguriamo nell’iter di approvazione vengano dipanati, il “come” e il “su cosa” procedere all’autonomia differenziata diventano essenziali.
Fondamentale, innanzitutto, definire preliminarmente i Lep, legati alle 23 materie delegabili alle Regioni con le risorse finanziarie necessarie, che devono essere garantiti in modo uniforme sull’intero territorio nazionale perché attinenti a diritti civili e sociali da tutelare per tutti i cittadini. Occorre, in questa direzione, una ricollocazione della spesa pubblica, così come l’istituzione di un fondo nazionale di perequazione, come più volte ribadito dal nostro Presidente Sergio Mattarella, da sottoporre a monitoraggio per valutare se, nel concreto, quei divari di sviluppo che già tagliano il Paese in due vanno riducendosi.
È altrettanto necessario stabilire quali saranno le materie oggetto di devoluzione. Non tutte possono passare dal Centro alla periferia. Di sicuro non istruzione, sanità e nemmeno la produzione di energia e tutela dell’ambiente.
Si tratta di temi estremamente delicati e importanti sui quali si gioca il futuro del Paese, rispetto ai quali – penso alla sanità, così come all’istruzione – già esistono delle ingiuste differenze da Nord e Sud e, spesso, all’interno della stessa regione.
Squilibri che dovrebbero essere sanati con politiche di sviluppo e non con lotte intestine, scompensi che potremmo ricomporre grazie alla straordinaria occasione del Pnrr, le cui risorse – se bene utilizzate – dovrebbero proprio andare a incidere sulla velocità strutturale del Paese, riuscendo al contempo a colmare il gap tra Nord e Sud.
La priorità della politica dovrebbe restare appunto quella di ridurre i divari, come la stessa Europa ci chiede da tempo e ci spinge a fare. Non permettiamo, ancora una volta, che il futuro passi senza che nemmeno ce ne accorgiamo.