La sfida per un ordine mondiale più equo segue cambiamenti complessi che vanno gestiti e non subiti, avviando un programma strategico serio che si fondi su nuove fonti, nuove tecnologie, riduzioni delle tante disuguaglianze e sviluppo equo. Non lasciamo indietro il nostro futuro
Quella che ci aspetta è “una ripresa ancora fragile“, con il Pil che rallenterà dal 3,8% del 2022 all’1,2% quest’anno e all’1% il prossimo. Per il nostro Paese recuperare i ritardi nell’attuazione degli investimenti pubblici legati al PNRR, secondo l’Ocse, è l’unica strada per tornare ad avere finalmente una visione futura di ciò che vogliamo diventare.
Una via al momento però solo imboccata, con i progetti che dovrebbero imprimere un’accelerazione alle transizioni digitale e verde che tardano a tradursi in cantieri, mentre il tempo – inesorabile – scorre e la bomba a orologeria climatica è pronta a esplodere.
Proprio alle transizioni abbiano dedicato quest’anno la nostra Assemblea Pubblica, tenuta lo scorso 30 giugno al Teatro Augusteo. Una mattinata insieme con imprenditori, istituzioni ed esperti per riflettere su di un tema che richiede innanzitutto un’analisi ragionata e seria, l’unica capace di indicarci i passi corretti per invertire la rotta. Su tutti è emerso un aspetto fondamentale: le transizioni, specie quella green, non sono né gratis, né tanto meno saranno indolori. Non possiamo non riconoscere infatti che le transizioni comportano opportunità certo, ma anche tanti rischi che impatteranno – con durezza – sulle vite di tutti e lo faranno nel breve periodo. Le imprese stanno dimostrando di esserci. L’Industria 5.0 – humancentric e sostenibile – segna un’epoca di trasformazione radicale, in cui le attività in ambito ESG non sono più scelte velleitarie ma decisioni determinanti.
Ci siamo, ma non possiamo pagare tutto e subito uno squilibrio e una dipendenza – specie in relazione alle materie prime – lunghi anni. Ci auguriamo pertanto che prevalga, in campo energico e digitale, il principio della neutralità tecnologica, massimizzando il contributo di tutte le rinnovabili disponibili e mature, investendo sull’innovazione e la ricerca, potenziando le reti e le varie tipologie di sistemi di accumulo e puntando con decisione sulle comunità energetiche.
Sappiano fin da ora, perché così è sempre stato, che ci sarà un prima e un dopo, che ci saranno molte nuove occupazioni, mentre molte altre andranno perse e fin da ora occorre farsi carico di chi da questa rivoluzione potrebbe essere tagliato fuori.
Che il dibattito si concentri su questo allora, prima che sia troppo tardi ancora una volta, attuando politiche serie di sviluppo tese anche a frenare l’emigrazione di qualità. Quarantamila laureati che ogni anno vanno via dal Sud dovrebbero essere il rimorso e l’obiettivo centrale della politica perché per ogni giovane perso uno spicchio di orizzonte si fa buio.
Non lasciamo indietro il futuro. Le transizioni sono la straordinaria occasione per un ordine mondiale più equo, opportunità che possiamo cogliere solo uscendo – tutti insieme e con consapevolezza – dalla logica dell’uno contro l’altro, avviando con serietà un programma strategico che si fondi su filiere più corte, nuove fonti, nuove tecnologie, riduzioni delle tante disuguaglianze e sviluppo equo.