Le disposizioni normative dirette a salvaguardare la trasparenza delle informazioni e a vietare le operazioni non adeguate al profilo dell’investitore si applicano anche nel caso in cui il servizio prestato dall’intermediario consista nell’esecuzione degli ordini impartiti dall’investitore stesso
La Corte di Cassazione Sez. I Civile con la recente sentenza 17440 del 31/08/2016 ha ribadito alcuni principi fondamentali in tema di responsabilità della Banca intermediaria nella prestazione dei servizi di investimento in contratti derivati. Quattro persone avevano convenuto in giudizio una famosa banca chiedendone la condanna al pagamento di somme molto elevate a titolo di risarcimento dei danni che la stessa aveva loro cagionato commettendo plurime violazioni della disciplina legale e contrattuale riguardante i servizi d’investimento e, in particolare nel caso di specie, nelle operazioni di investimento in strumenti finanziari derivati (futures e options su indice di borsa MIB30), che avevano prodotto delle perdite per l’importo complessivo di due miliardi e mezzo di lire.
La causa sarebbe stata ascrivibile alla condotta della banca contraria a correttezza e buona fede, sia nella fase di sollecitazione all’investimento, sia di esecuzione delle suddette operazioni.
Il Tribunale in primo grado accolse la domanda. Tuttavia, in seguito all’appello proposto dalla banca, la Corte d’Appello accolse l’impugnazione dell’istituto di credito rigettando la domanda proposta dagli attori. Avverso la sentenza della Corte d’Appello proposero ricorso per Cassazione gli attori appellati. La Suprema Corte nell’accogliere ben quattro motivi del ricorso ha affermato che in materia di contratti di intermediazione finanziaria, laddove risulti necessario accertare la responsabilità contrattuale per danni subiti dall’investitore, va accertato se l’intermediario abbia adempiuto diligentemente le obbligazioni che derivano dal contratto di negoziazione oltre a tutte le obbligazioni specificamente previste dal D.lgs. 24/02/1998 n. 58 (T.U.F.) e prima ancora dal D.lgs. 23/7/1996 n. 415, nonché dalla normativa secondaria.
In particolare il profilo relativo alla ripartizione dell’onere della prova risulta secondo la ricostruzione della Corte di Legittimità così articolato: a) l’investitore deve evidenziare la circostanza dell’inadempimento dei suddetti obblighi da parte dell’intermediario, nonché fornire la prova del danno e del nesso di causalità fra questo e l’inadempimento e ciò anche sulla base di presunzioni; b) l’intermediario, a sua volta, deve provare l’esatto adempimento delle specifiche obbligazioni poste a suo carico e di cui la controparte eccepisce l’inadempimento, nonché di aver agito, sotto il profilo soggettivo con la specifica diligenza richiesta.Ai sensi dell’art. 21 del T.U.F. D.lgs. n. 58 del 24/02/1998 , nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento e accessori i soggetti abilitati devono: a) comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, per servire al meglio l’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati; b) acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati; c) utilizzare comunicazioni pubblicitarie e promozionali corrette, chiare e non fuorvianti; d) disporre di risorse e procedure, anche di controllo interno, idonee ad assicurare l’efficiente svolgimento dei servizi e delle attività. Nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento e dei servizi accessori, le Sim, le imprese di investimento extracomunitarie, le Sgr, le società di gestione armonizzate, gli intermediari finanziari iscritti nell’elenco previsto dall’articolo 107 del testo unico bancario, le banche italiane e quelle extracomunitarie: a) adottano ogni misura ragionevole per identificare i conflitti di interesse che potrebbero insorgere con il cliente o fra clienti e li gestiscono, anche adottando idonee misure organizzative, in modo da evitare che incidano negativamente sugli interessi dei clienti; b) informano chiaramente i clienti, prima di agire per loro conto, della natura generale e/o delle fonti dei conflitti di interesse quando le misure adottate ai sensi della lettera a) non sono sufficienti per assicurare, con ragionevole certezza, che il rischio di nuocere agli interessi dei clienti sia evitato; c) svolgono una gestione indipendente, sana e prudente e adottano misure idonee a salvaguardare i diritti dei clienti sui beni affidati. Inoltre per i contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento, escluso il servizio di cui all’articolo 1, comma 5, lettera f), e, se previsto, i contratti relativi alla prestazione dei servizi accessori sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti (art. 23 comma 1 T.U.F.).
Nei giudizi di risarcimento dei danni cagionati al cliente nello svolgimento dei servizi di investimento e di quelli accessori, spetta ai soggetti abilitati l’onere della prova di aver agito con la specifica diligenza richiesta (art. 23 comma 6 T.U.F.). La Suprema Corte ha evidenziato che tali regole, ulteriormente precisate dalla Consob nel proprio regolamento intermediari 16190 del 2007 e succ. modd. e integr., sono tutte finalizzate al rispetto della clausola generale consistente nel dovere per l’intermediario di comportarsi con diligenza, correttezza e professionalità nell’interesse del cliente.
Tali obblighi si collocano, in parte nella fase che precede la stipulazione del contratto di intermediazione finanziaria e, in altra parte, in quella esecutiva. Attengono invece alla fase pre-negoziale l’obbligo di consegnare al cliente il documento informativo e quello di acquisire le informazioni necessarie in ordine alla situazione finanziaria dello stesso. L’intermediario deve dunque mettere il cliente sempre in condizione di valutare in concreto la natura, i rischi e le implicazioni delle singole operazioni di investimento o disinvestimento e di ogni altro fatto necessario a disporre con consapevolezza tali operazioni.
L’intermediario ha anche l’obbligo di comunicare per iscritto eventuali situazioni di conflitto d’interesse.
Attengono sempre al momento esecutivo del contratto i doveri di contenuto negativo per l’intermediario, come quelli di non consigliare o di non effettuare operazioni che, per frequenza o dimensione, sarebbero eccessive rispetto alla situazione finanziaria del cliente. Con specifico riguardo poi, ai contratti d’investimento ad alto rischio, quali sono i contratti derivati, le disposizioni che tendono a salvaguardare la trasparenza delle informazioni e l’adeguatezza delle operazioni proposte all’investitore si applicano anche nell’ipotesi in cui il servizio prestato dall’intermediario consista nell’esecuzione negli ordini dell’investitore, in quanto la regola in virtù della quale in presenza di un’operazione non adeguata, l’intermediario deve astenersi dal dare esecuzione all’operazione se non ha avvertito l’investitore e ottenuto dallo stesso un’autorizzazione espressa ugualmente sulla base di un ordine contenente il riferimento esplicito alle informazioni ricevute.
Tale divieto, infatti, secondo quanto statuito dalla Suprema Corte, trova applicazione con riguardo a tutti i servizi di investimento, prestati nei confronti di qualsiasi investitore che non sia un investitore qualificato.
Inoltre il dovere di fornire informazioni appropriate e l’obbligo di astenersi dall’effettuare operazioni non adeguate sussiste in tutti i rapporti con operatori non qualificati, e tale è anche chi, pur non rientrano in una delle categorie di investitori menzionate nei regolamenti CONSOB, abbia occasionalmente investito in titoli a rischio. Con specifico riferimento alla negoziazione di prodotti derivati l’art. 5 comma 3 del Reg. Consob 30/9/1997 n. 10943 ha disposto che «Gli intermediari autorizzati informano prontamente e per iscritto l’investitore appena le operazioni in strumenti derivati da lui disposte per finalità diverse da quelle di copertura abbiano generato una perdita, effettiva o potenziale, superiore al 50% de valore dei mezzi costituiti a titolo di provvista e garanzia per l’esecuzione delle operazioni».
Tale obbligazione, secondo il Giudice delle Leggi, non può ritenersi affatto assolta con la comunicazione periodica dell’esito delle operazioni; inoltre la mancata informativa sul cosiddetto “effetto leva” dei contratti derivati dal quale possono derivare perdite considerevoli non troverebbe giustificazione nella circostanza che tale obbligo informativo sarebbe stato previsto da un regolamento entrato in vigore successivamente.
Invero secondo la Corte di Cassazione, la Corte d’Appello avrebbe errato nell’attenuare gli obblighi informativi dell’intermediario semplicemente perché l’investimento era da considerarsi ad alto rischio, in quanto proprio tale circostanza avrebbe dovuto invece accrescere gli oneri informativi a carico dell’intermediario, anziché sminuirli.