La novità legislativa dell’occasionalità della permeabilità mafiosa resta ancora di difficile lettura e comunque utilizzata con grande attenzione, con il risultato di rendere finora pressocché inutili gli strumenti approntati dal Legislatore
Il tema dell’interdittiva antimafia disposta dai Prefetti è stato già affrontato su questa rivista. Per la pregnanza e la rilevanza sociale ed economica che essa assume, specie nelle regioni meridionali , si ritiene utile tornarci.
Il fenomeno sembra infatti in continua crescita, le aziende colpite (o a cui si nega la c.d. white list) sono aumentate. Ma davvero si sta combattendo la criminalità o si lascia troppo spazio discrezionale alle Prefetture? Quando due anni fa in questa rubrica si informava il lettore dell’entrata in vigore del D.lgs. 152 del 6.11.2021, che introduceva alcune novità di stampo garantista, si salutava la riforma con una certa soddisfazione. L’art. 94 comma 2 bis T.U. Antimafia, inserito con il citato D.lgs. 152, introduceva, infatti, alcuni degli argomenti da sempre spinti dell’Avvocatura del libero Foro, nel suo costante sforzo di proporre temi alla Giurisdizione per rendere l’informativa antimafia più digeribile rispetto ai principi generali e costituzionali.
La riforma ha previsto, tra l’altro, il preventivo contraddittorio sulle risultanze dell’istruttoria prima di emettere provvedimenti e la graduazione delle misure prefettizie, a partire dal semplice controllo dei flussi finanziari, al controllo dell’azienda per un certo periodo di tempo, da 12 a 18 mesi quando si considera “occasionale” il contatto con criminalità. Così disponendo si permette all’azienda sana, ma indagata dal Prefetto, di continuare a operare, lasciando l’intedittiva vera e propria come ultimo rimedio nel caso di infiltrazioni mafiose accertate. Senonchè la novità legislativa, in questi primi anni di applicazione, non ha comportato un reale mutamento né nell’Amministrazione degli Interni, né – bisogna dire – nella stessa giurisprudenza amministrativa.
In realtà, l’esperienza pratica dice che il contraddittorio preventivo si risolve quasi sempre in una formalità senza alcuna utilità perché mai, o quasi mai, si arricchisce l’istruttoria compiuta dalla Prefettura, e ciò perché il contributo portato dall’imprenditore è sottovalutato, salvaguardando sempre l’istruttoria già compiuta sulla quale difficilmente si torna. La graduazione delle misure pure ha trovato scarsissima applicazione. Molto raramente, per esempio, una frequentazione impropria o un contatto singolo e lontano, sono considerati occasionali, pur quando, ragionevolmente, appare evidente tale condizione.
Ciò perché, lo si è compreso con l’eperienza pratica, il concetto di occasionalità della permeabilità mafiosa – la novità legislativa del 2021 per dare una sponda alle aziende sane – è ritenuto di difficile lettura e comunque utilizzato con grande attenzione. Eppure lo sforzo di applicare più spesso le misure alternative andrebbe fatto, perché disporre una misura di prevenzione c.d “collaborativa”, anche per “decontaminare” l’economia delle imprese non del tutto attagliate dall’infiltrazione mafiosa e reinserirle nel mercato sano, è giusto, corretto, oltre che conforme all’ordinamento. E nulla toglie che verificate le reali condizioni dell’azienda, scatti la misura più grave dell’interdittiva in un secondo momento. Ma è evidente, come detto, che tale criterio per far degradare la condizione di permeabilità mafiosa dell’impresa da cronica ad occasionale sia utilizzato con grande premura e, spesso, riottosità. La giurisprudenza non aiuta perché richiede ulterori valutazioni non strettamente legate alla lettera della legge.
Sulla scia della Cass. pen., sez. II, 16 marzo 2023, n. 11326, si è detto che “la verifica dell’occasionalità dell’infiltrazione mafiosa non deve essere finalizzata ad acquisire un dato statico, consistente nella cristallizzazione della realtà preesistente, ma deve essere funzionale a un giudizio prognostico circa l’emendabilità della situazione rilevata, mediante gli strumenti di controllo previsti”.
Il Prefetto deve dunque non limitarsi al dato storico e fattuale, ma anche valutare, a priori, se l’impresa è in grado fare pulizia ed emendarsi. Anche nelle pronunce del Giudice Amministrativo si fa riferimento al duplice, complesso, giudizio: in negativo, verificando la non stabilità e non attualità dell’agevolazione; in positivo, formulando una prognosi favorevole di bonifica e radicale risanamento dell’impresa. Si tratta di valutazioni, basate su criteri molto generali per non dire evanescenti, tali da rendere difficile la scelta del funzionario prefettizio. E alla prudenza del funzionario, si accompagna quella del Giudice. Da ultimo il Consiglio di Stato, sez. III, con la sentenza n. 6144 del 22/06/2023 ha affermato come «nel segno della anticipazione della soglia di difesa dell’ordine pubblico economico e del tessuto economico legale dall’ingerenza mafiosa, tipica del provvedimento interdittivo, anche la meramente occasionale disponibilità dell’impresa ad accettare di venire a patti con la criminalità organizzata, pur senza entrare stabilmente a fare parte dei relativi ranghi, con lo scopo di trarre vantaggio dalla sua protezione o anche solo di sottrarsi alle conseguenze negative derivanti dal rifiuto della sua prossimità, integri una situazione oggettivamente allarmante, in quanto idonea a manifestare un elemento di fragilità nella rete di contenimento apprestata dallo Stato nei confronti della invadenza mafiosa».
Di fatto quindi si rende difficile, se non impossibile, attivare queste misure alternative per distinguere le imprese colluse con quelle sane e con labili e singolari indizi di permeabilità, se anche l’occasionalità, individuata dalla legge come il criterio per disporre una precisa graduazione di interventi, deve essere interpretata attraverso un complesso, arricchito giudizio, con valutazioni che neanche un Tribunale penale di prevenzione, avvezzo a tali criteri ermeneutici, potrebbe agevolmente compiere.
E senza contare la prudenza, a volte doverosa, a volte no, che in questa materia coinvolge tutti gli operatori. La riforma ha la precisa ratio di rendere compatibile l’istituto della c.d. prevenzione amministrativa con principi di rango costituzionale come la libertà di impresa, oltre che con la dignità della persona, permettendo ai Prefetti di attuare forme di controllo e accertarsi, con la presenza dello Stato nell’azienda, che nessun condizionamento è in atto.
Ma se si allargano i criteri per definire l’occasionalità, e la giurisprudenza avalla questi provvedimenti con letture timorose, sarà sempre più comodo dire di no, non assumere responsabilità, rendendo inutili gli strumenti approntati dal Legislatore.