Fondamentale potrà essere il ruolo dell’avvocato tributarista nel far sì che la collaborazione tra contribuenti e fisco sia proficua e corretta, evitando spiacevoli contenziosi
Il D.lgs. n.221/2023, in attuazione della delega fiscale, dà un altro significativo impulso al potenziamento dell’interlocuzione delle imprese con l’Agenzia delle Entrate, in chiave preventiva e collaborativa.
Le riforme degli ultimi anni seguono questa direzione. L’obiettivo è il passaggio da un sistema di controllo fiscale successivo e punitivo da parte dell’Agenzia ad uno di dialogo e scambio di informazioni che favorisca l’adempimento spontaneo dell’obbligazione tributaria. In quest’ottica, gli avvocati tributaristi hanno da sempre richiesto un significativo potenziamento del regime di Cooperative Compliance e sostengono con forza la spinta alla compliance e all’adempimento spontaneo.
Gli scopi perseguiti sono molteplici, come quello di pervenire ad una comune valutazione delle situazioni suscettibili di generare rischi fiscali, di gestire le situazioni di incertezza attraverso un confronto preventivo e risolvere così anticipatamente le potenziali controversie fiscali per evitare o attenuare le conseguenti sanzioni amministrative e penali.
Per queste ragioni, chi scrive ha accolto con favore l’ampliamento – ci auguriamo in un futuro prossimo ancora maggiore – della platea dei contribuenti che possono aderire alla Cooperative Compliance. Per rendere più efficace ed efficiente questa interazione è, però, necessario adeguare gli oneri di compliance richiesti e gli adempimenti procedurali connessi, tenendo conto della capacità organizzativa delle imprese, individuando delle soluzioni adeguate e proporzionate ed evitando complessità eccessive.
Requisito necessario per accedere alla Cooperative Compliance è l’adozione, da parte dell’impresa, di un idoneo ed efficace Tax Control Framework. Le imprese devono dotarsi di un efficace sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale, inserito nel contesto del sistema di governo aziendale e di controllo interno.
Il Tax Control Framework deve essere in grado di garantire all’impresa un presidio costante sui processi aziendali e sui conseguenti rischi fiscali. L’impresa può decidere di ottenere la certificazione del TCF da parte di specifiche categorie di professionisti abilitati, tra i quali gli avvocati. L’avvocato tributarista, in specie nella declinazione di quello specializzato in diritto tributario ai sensi del DM n. 144/2015, è per natura il consulente giuridico che affianca l’impresa allo scopo di garantire una corretta attuazione e adempimento delle obbligazioni tributarie e così prevenire la fase patologica del contenzioso.
In futuro sarà utile il coinvolgimento delle categorie professionali interessate, tra le quali l’Unione Nazionale delle Camere degli Avvocati Tributaristi che annovera tra i suoi associati la Camera degli Avvocati Tributaristi di Napoli, presieduta da chi scrive, come di altre associazioni, tra cui l’OIC, per procedere alla creazione di modelli appositi. Uno dei profili più problematici della Cooperative Compliance, infatti, è rappresentato dai lunghi tempi necessari per l’ammissione dell’impresa, legati alla complessa attività istruttoria necessaria per valutare l’idoneità del TCF.
Un contenuto coerente con i modelli concordati con l’UNCAT, l’OIC e le altre associazioni professionali e imprenditoriali interessate potrebbe consentire una più efficace mappatura dei rischi fiscali e una maggiore possibilità di evitare contestazioni del Fisco. Infine, in un’ottica di maggiore spinta verso l’adesione all’istituto, sarebbe auspicabile l’introduzione di una penalty protection a favore del contribuente, prevedendo un’ulteriore riduzione delle sanzioni applicabili in caso di violazioni fiscali in costanza di regime.