L’utilizzo dell’intelligenza artificiale apre la strada a una giustizia più accessibile e democratica in cui le decisioni sono orientate dalla corretta e veloce elaborazione dei dati, ma sempre dietro la regia umana
Non c’è giorno che non si parli di intelligenza artificiale, le cui applicazioni presenti e future coinvolgono svariati ambiti. Tra questi, quello fiscale e giuridico, in cui l’applicazione dell’I.A. promette di rivoluzionare il modo in cui si gestiscono le informazioni, si prendono decisioni e si risolvono le controversie. Passiamo ad esaminare, in estrema sintesi, l’utilizzo dell’I.A. per questi due ambiti.
La riforma fiscale, sancita dalla legge n.111/2023, introduce l’utilizzo dell’intelligenza artificiale nelle procedure di accertamento. L’obiettivo è duplice: da un lato, migliorare la capacità dell’Amministrazione Finanziaria di prevenire e contrastare l’evasione e l’elusione fiscale; dall’altro, agevolare l’adempimento spontaneo da parte dei contribuenti.
L’Amministrazione Finanziaria dispone già di una mole enorme di dati che – ad oggi – non risultano utilizzati per le loro potenzialità. L’I.A., con la sua capacità di analizzare grandi quantità di informazioni in tempo reale, potrà ottimizzare la gestione di questi dati, identificando comportamenti anomali o sospetti. Ciò consentirà di individuare con maggiore precisione le situazioni di evasione, rendendo più mirate ed efficaci le azioni di controllo e, al contempo, di avviare attività di compliance. Nell’ambito del diritto applicato per la soluzione delle controversie, l’I.A. è stata considerata idonea a realizzare una “giustizia predittiva”. Cosa debba intendersi per “giustizia predittiva” non sempre è chiaro, spesso confondendola con altre applicazioni, quali la mera digitalizzazione della giustizia o il recepimento di precedenti tramite banche dati, funzione quest’ultima già di particolare rilevanza, perché, da un lato, contribuirà alla formazione del convincimento del giudice, e dall’altro, guiderà le parti ad intraprendere o meno un giudizio, conoscendo i precedenti. La “giustizia predittiva”, però, è qualcosa di diverso, perché essa presuppone la capacità di sviluppare un ragionamento giuridico, tale da ricondurre la fattispecie concreta – il caso oggetto del giudizio – alla fattispecie astratta – la norma applicabile al caso – e pervenire così alla decisione giudiziale.
L’algoritmo deve essere costruito in modo tale che esso ricostruisca e analizzi i fatti storici che caratterizzano la fattispecie concreta, verifichi l’esistenza della prova di quei fatti, individui la norma applicabile – sussunzione della fattispecie concreta a quella astratta – e, infine, colleghi norma e fatto per addivenire alla decisione. Questo processo – al momento possibile soltanto per la mente umana – appare difficile da raggiungere. Se l’individuazione della norma applicabile con riferimento alla giurisprudenza precedente appare possibile, è molto più complesso sviluppare una “capacità tecnologica” per individuare i fatti e la relativa prova.
Allo stato, dunque, la “giustizia predittiva” può essere paragonata a un oracolo informatico: l’algoritmo, che dal suo “antro” digitale, ovvero il computer, fornisce la sua previsione sull’esito della controversia ai richiedenti, giudici e parti, che forniscono gli elementi fattuali e normativi della controversia e pongono i loro quesiti.
La vera “giustizia predittiva”, dunque, va ben oltre la ricerca del precedente, configurandosi come un processo più articolato, che consiste nell’elaborare un ragionamento giuridico tramite l’intelligenza artificiale. Se è vero che, tramite l’uso di parole chiave, si può reperire la norma corretta e la giurisprudenza pertinente, il vero ostacolo risiede proprio nel primo passaggio: l’individuazione dei fatti e la loro prova.
Questo passaggio costituisce uno dei principali limiti alla realizzazione di una vera “giustizia predittiva”. L’I.A. non può sostituire l’uomo nella fase decisionale.
Le controversie giuridiche, soprattutto quelle più complesse, implicano una valutazione di elementi soggettivi e umani, che un algoritmo non può cogliere pienamente. Per la mente umana può essere difficile catalogare e tenere a mente diversi profili probatori. I giudici, spesso, decidono sulla base della prova che li ha maggiormente colpiti o che hanno esaminato per ultima. In questo senso, un algoritmo potrà essere utile per fornire una visione più completa ed equilibrata del materiale probatorio, evidenziando, ad esempio, se un documento è datato, incontestato o provato documentalmente.
La decisione finale spetterà sempre all’intelligenza umana, che dovrà valutare se la prova è stata effettivamente raggiunta. L’intelligenza artificiale, per quanto potente e innovativa, è pur sempre uno strumento, che deve essere utilizzato con sapienza e intelligenza.
Per evitare che la tecnologia domini sull’uomo, è necessario che questa venga riportata sotto il controllo umano, come mezzo per migliorare la vita e non per renderla subordinata a meccanismi automatizzati. Coraggio e incoscienza, fiducia nel progresso tecnologico e dunque nella I.A., in futuro sempre più perfezionata ma comunque inanimata, e l’intelligenza umana sono gli elementi che potranno realizzare la giustizia predittiva.