Forte dall’ennesima affermazione positiva – questa volta addirittura fuori “confine”, a Los Angeles – l’ideatore del Premio Best Practices, nonché presidente del Gruppo Servizi Innovativi di Confindustria Salerno, con rinnovato entusiasmo è sempre più convinto della leadership del nostro Paese in termini di cultura dell’innovazione e creatività. A mancare sono, purtroppo e ancora, quelle condizioni di contesto necessarie per valorizzare e capitalizzare questa innata capacità dei nostri “inventori” e ridurre – fino ad azzerarle – le distanze tra gli innovatori e il mercato
Il Premio Best Practices dimostra ormai da anni che, anche nel nostro Paese, creare e sviluppare grossi progetti innovativi e vincenti rivolti al mondo è possibile. Tante volte però pur avendo in tasca una buona idea…si ha solo quella. Come può secondo lei orientarsi chi ha un buon progetto, ma non le risorse per renderlo concreto?
L’esperienza del premio dimostra che il nostro Paese ha ancora un primato oggettivo in termini di cultura dell’innovazione e creatività. Manca l’ecosistema giusto per valorizzare e capitalizzare questa innata capacità dei nostri “inventori”. Il Premio è un luogo di contaminazione che cresce e intende sempre di più ridurre le distanze tra gli innovatori e il mercato, favorendo il contatto con le risorse e con gli esperti di business planning necessari a trasformare le idee in impresa. Questa è anche la nostra prossima sfida.
Il Premio BP segue le sue imprese innovatrici anche “dopo” la fase di lancio delle idee, offrendo loro – mediante partner di rilievo internazionale – importanti occasioni di visibilità e sostegno. Un esempio è l’importante ruolo svolto ormai da qualche anno da Bridges to Italy. Per dare vita a una startup di successo quanto conta osservare modelli o idee che funzionano negli altri paesi?
La missione organizzata in collaborazione con Bridges to Italy a Los Angeles – tenutasi nella prima decade di settembre 2013 – è il primo follow up concreto del premio che nasce dopo la verifica della validità della relazione tramite il prestigioso – posso dirlo con certezza dopo aver conosciuto personalmente il suo ideatore, il professor Svensson – programma GAP della UCLA per Personal Factory.
Il modello californiano rappresenta la punta d’eccellenza mondiale per le startup, un ecosistema pensato per le imprese e per l’innovazione che funziona ventiquattro ore al giorno per trasformare idee in aziende. Siamo andati a studiarlo per provare ad importarlo, tramite il premio di Confindustria Salerno, anche da noi.
Un mix di entusiasmo, innovazione, merito e competenza che dovremo tentare di trasferire nelle nostre zone per contaminare il tessuto produttivo iniettando prospettive nuove. Il premio deve fungere da stimolo concreto tanto alle startup, quanto alle aziende tradizionali: il mercato c’è ma bisogna agganciarlo con approcci nuovi.
In tante edizioni del Premio c’è un progetto, una invenzione che ricorda più di altre o che semplicemente le è più cara?
Sono diversi i progetti che mi tornano in mente, da Personal Factory (vincitore della VI Edizione e primo esperimento riuscito con il GAP) che, partendo dalla remota e vituperata provincia calabrese, ha scalato il mercato (italiano e ora USA) con un’idea.
Ma penso anche al vincitore dell’ultima edizione, Eurtronik il cui CEO, Luciano Ranieri, ha raccontato la storia di enormi sacrifici per resistere alla crisi e rilanciare l’azienda : due esempi di un’Italia che innova, resiste e crede in se stessa, due esempi tra i tanti che abbiamo visto in questi anni al premio che meriterebbero le prime pagine dei giornali per i valori che esprimono. Esattamente opposti a quelli dell’attuale classe dirigente italiana.