Fashion victim, anticonformisti e sofisticati: tutti restano conquistati, almeno una volta, dal prodotto “tarocco” venduto in spiaggia, che si compra ma non si dice
Ci sono articoli che a volte chiederebbero premesse più lunghe dei testi stessi, ad uso e consumo di chi è sempre pronto a puntare il dito anche quando, con i climi estivi, tutto ciò di cui c’è veramente bisogno è una certa dose di leggerezza e di freschezza.
Il doveroso prologo è che quanto segue, non è un’incitazione all’acquisto di marchi contraffatti, ma unicamente un’istantanea del costume dei nostri tempi, quando finalmente arriviamo in spiaggia e il passo felpato del vu cumprà di turno si fa sentire, insieme alla voglia di pagare cash e di comprare qualcosa di trash.
Quando si parla di vu cumprà siamo tutti uguali: dalla Sora Maria a Daniela Santanchè, nessuno escluso; dalla, a me carissima, Marta Marzotto, che arrivò addirittura a disegnare una linea da vendere attraverso i vu cumprà, all’aspirante cummenda che aspetta soltanto l’arrivo di luglio per regalarsi l’ennesimo orologio patacca da spacciare per vero. L’acquisto dal vu cumprá é un po’ come il test delle intolleranze: prima o poi lo facciamo tutti, ma il galateo insegna che é il modo in cui si fanno che dà valore ed eleganza alle cose. Le cose stesse sono un discorso a parte, e per quanto mi riguarda, estremamente relative.
I consigli di comportamento nei confronti dei vu cumprà sono pochi ed essenziali: 1) non chiamarli indistintamente Mustafá; 2) non intraprendere stacchi da centometristi in presenza di una finta Birkin con la sabbia che cuoce i piedi, perché tanto pochi minuti dopo ne arriverà un altro; 3) non rifiutare in modo maleducato di vedere la merce anche in caso di mancato interesse, riservando la stessa cortesia che vuole che il buongiorno e la buonasera siano ricambiati a chiunque ce ne faccia augurio.
Il resto, una volta aggiudicato l’acquisto, non fa parte del galateo, ma dell’arte di stare al mondo. Posto che non sarà una borsa griffata o un orologio a cambiare l’immagine, ma riconosciuto il ruolo centrale dell’accessorio nel look, se sapete ben dosare finti snobismi e reali astuzie, l’acquisto farlocco potrà essere perfettamente spacciato per vero. Un po’ come certi ritocchi di chirurgia che, se non esagerate, potreste far credere doni di Madre Natura a rilascio posticipato.
Il problema è che, spesso, piove sul bagnato. Per intenderci: una persona che può spendere per una borsa di grande pregio, non desterà mai il sospetto che la seconda sia falsa come i follower di certi influencer.Se una persona è nota per l’accozzaglia di imitazioni, anche con la più nobile e autentica chincaglieria, uscirà sempre con quell’aria di inganno che non convincerà nessuno.
Mescolare ad arte é il segreto più smart che Pulcinella potesse concepire. Se esibite fieramente una semplicissima t-shirt bianca, magari investendo qualche euro in più nella gonna o nel pantalone, ricordando però che è dalle scarpe che si riconoscono i signori, è molto probabile che gli interrogatori sulla pochette o sulla cloche dell’orologio saranno meno insistenti. L’altra regola riguarda la stagionalità dell’acquisto.
Se tutto ad un tratto con l’aumento delle temperature crescono proporzionalmente il numero di borse di Chanel mai avute prima, l’unica cosa di vero che c’è nel look è il made in Senegal.
Se invece spuntasse una Birkin color lampone in un guardaroba a fine ottobre, vicino a un compleanno, o sotto le feste natalizie, probabilmente il passaggio di proprietà sarebbe più facile identificarlo dalla boutique al nuovo padrone che dall’ambulante al bagnante.
Prendete nota.