Solo una filiera unita potrà creare le condizioni adeguate per crescere nel lungo periodo, puntando su pochi semplici obiettivi: agire secondo logiche di mercato; creare stabilità dei redditi attraverso la programmazione dell’offerta; dare più efficacia ai contratti; favorire l’aggregazione e sulla diffusione di un’etica nelle relazioni commerciali
Presidente, nell’ambito del PSR, la Regione Campania ha aperto la possibilità di presentare le domande di sostegno per la tipologia d’intervento 4.2.1 del Programma di Sviluppo Rurale della Campania 2014-2020 dedicata alla “Trasformazione, commercializzazione e sviluppo dei prodotti agricoli nelle aziende agroindustriali”. Quarantacinque milioni messi a bando. Una buona notizia per il suo comparto?
Ritengo che finanziamenti volti a migliorare la competitività delle aziende agroindustriali attraverso innovazioni di processo e di prodotto, privilegiando investimenti sostenibili dal punto di vista ambientale, siano senz’altro positivi.
Credo, però, che la Regione, nell’effettuare tali finanziamenti, dovrebbe anche in qualche modo finalizzare gli stessi per favorire progetti volti all’aggregazione, stante l’elevata frammentazione del settore agroindustriale e le connesse problematiche.
Per quel concerne i produttori primari, penso che sia indispensabile una concentrazione dell’offerta, al fine di migliorare la produttività e di conseguenza la redditività agricola, in una logica di efficientamento della filiera.
Parallelamente, anche per la parte industriale si dovrà dar corso ad un processo di razionalizzazione che faccia crescere il peso medio del singolo operatore. Spesso, infatti, la dimensione limitata e l’incapacità di fare sistema diventano un ostacolo alla crescita e alla competitività, soprattutto in un settore in cui le economie di scala risultano indispensabili, considerando i bassi valori aggiunti e il rapido processo di concentrazione, su scala europea e mondiale, della Grande Distribuzione che esercita una pressione sempre più crescente nei confronti dei propri fornitori. Aggregarsi, anche senza perdere la propria identità, diventa, quindi, la principale strada da percorrere per accrescere la competitività del comparto agroalimentare nel suo insieme.
L’accordo del pomodoro per il Centro-Sud quest’anno è stato più difficile. Perché le parti non riescono a dialogare con profitto come avviene altrove in Italia?
Dopo mesi di discussioni, finalmente il 9 giugno scorso parte agricola e parte industriale hanno trovato un punto di incontro ed è stata raggiunta l’intesa per il Contratto Quadro d’Area Centro-Sud per l’imminente campagna di trasformazione del pomodoro.
In sintesi, è stato confermato l’intero impianto contrattuale del 2016, sia per quanto riguarda la parte normativa, sia per quanto riguarda le condizioni economiche.
Le trattative sono state lunghe e complesse poiché la parte agricola aveva avanzato richieste di aumento dei prezzi della materia prima in uno scenario caratterizzato, invece, dalla riduzione del costo del pomodoro fresco, così come avvenuto nel Bacino del Nord e in tutti gli altri Paesi trasformatori, nostri competitor.
Alla fine, però, è prevalso il senso di responsabilità di entrambe le parti e noi come ANICAV, per venire incontro alle esigenze dei produttori agricoli, abbiamo acconsentito a non applicare alcuna riduzione del prezzo rispetto alla campagna 2016.
Purtroppo, bisogna tener conto che, seppur il pomodoro italiano si caratterizza per qualità e tipicità, le nostre aziende, operando in uno scenario globale in cui competono anche Paesi europei come Spagna, Portogallo e Grecia i cui costi della materia prima sono decisamente più bassi, sono penalizzate da un costo più elevato del pomodoro fresco.
Ma esisterebbe una soluzione definitiva e ottimale?
Solo una filiera coesa potrà creare le condizioni adeguate per accrescere la competitività del nostro settore nel lungo periodo, puntando su pochi semplici obiettivi:
1. agire secondo logiche di mercato;
2. creare stabilità dei redditi attraverso la programmazione dell’offerta che scongiuri le sovrapproduzioni degli anni passati;
3. dare più efficacia ai contratti per garantire il rispetto degli impegni assunti dalle parti;
4. aumentare l’efficienza e razionalizzare i costi di struttura per favorire l’aggregazione;
5. puntare sulla diffusione di un’etica nelle relazioni commerciali;
6. favorire la ricerca per ridurre i costi di produzione delle imprese agricole e migliorarne le rese.
Perché l’agroindustria in Campania – nel senso più ampio – può e deve essere considerata una eccellenza? Quale distintività ci caratterizza e ci premia?
I nostri prodotti sono eccellenze riconosciute in tutto il mondo grazie alla qualità, alla tradizione, alla genuinità, al forte legame tra prodotto e territorio, in una parola alla tipicità.
Dobbiamo, però, continuare a lavorare per mantenere sempre alti gli standard qualitativi che ci caratterizzano puntando sull’innovazione tecnologica, sul lancio di nuovi prodotti a maggior valor aggiunto e in linea con le richieste del consumatore moderno, sulla differenziazione rispetto alla concorrenza di altri Paesi. Bisogna puntare anche su una forte azione di comunicazione e valorizzazione delle produzioni di qualità delle nostre aziende, in primis il pomodoro pelato, tipico del nostro territorio, che continua a perdere importanti quote di mercato nonostante rappresenti l’essenza della tradizione agroalimentare italiana nel mondo. La nostra Associazione, da alcuni anni, sta portando avanti un percorso volto a tutelare il pomodoro pelato attraverso il riconoscimento di una IGP che possa diventare un strumento utile a fronteggiare le difficili scommesse del mercato globale e fermare l’inevitabile declino di un prodotto caratteristico delle aziende del Bacino del Centro Sud e per questo unico.
Quali sono le ragioni della recente aggregazione fra le due grandi associazioni di rappresentanza delle aziende private di trasformazione del pomodoro AIIPA e ANICAV?
Dal 1° gennaio di quest’anno ANICAV è diventata l’unica associazione nazionale del pomodoro da industria, in rappresentanza dei distretti del pomodoro del Nord e del Centrosud.
La nuova associazione accoglie al suo interno 92 aziende, con un fatturato complessivo di 2,5 miliardi di euro e nasce da un percorso condiviso con AIIPA, l’Associazione Italiana Industrie Prodotti Alimentari, al cui interno il Gruppo Pomodoro ha un peso considerevole – di razionalizzazione della rappresentanza delle conserve vegetali con l’obiettivo di giungere ad un’unica Associazione nazionale del pomodoro trasformato all’interno di Confindustria.
Abbiamo deciso di unire le forze delle due Associazioni per valorizzare e tutelare al meglio il pomodoro italiano per far fronte alle nuove sfide del mercato globale. La nuova governance associativa tiene conto delle specificità dei due distretti produttivi, in modo da affrontare con efficacia ed efficienza le tematiche di specifico interesse e alle attività connesse ai sistemi interprofessionali di riferimento, come la contrattazione del pomodoro e la programmazione delle quantità da produrre.
Per tutto il resto si opererà in modo congiunto in quanto gli interessi sono coincidenti: cercare di tutelare l’industria italiana del pomodoro, sia a livello nazionale che a livello internazionale.
Per problemi di qualunque natura, come nel caso dell’etichettatura o delle norme di qualità o per qualsiasi attività a supporto dell’immagine del pomodoro Made in Italy, bisogna far fronte comune. All’estero, il nostro pomodoro è conosciuto non come campano, emiliano, toscano, bensì come prodotto italiano poiché nel mondo l’italianità ha una valenza molto superiore alla regionalità.