La difficoltà, per il cliente cui è stato addebitato un interesse non dovuto, consiste nel dimostrare l’avvenuta illecità e nel riuscire a riavere le somme
Nel corso degli ultimi anni sono emersi alcuni comportamenti degli istituti bancari, oggetto di sentenze da parte della corte di cassazione. Essi riguardano l’anatocismo, l’usura e le commissioni di massimo scoperto. La difficoltà, per il cliente cui è stato addebitato un interesse non dovuto, consiste nel dimostrare l’avvenuta illecità e nel riuscire a recuperare le somme.
Nel contempo, sono spuntate come funghi molte società che si definiscono specializzate in questa attività. É necessario fare molta attenzione a due aspetti: non farsi ingannare da promesse di recupero non corrispondenti alla realtà, perché magari nel calcolo vengono imputati anche valori che non andrebbero calcolati (ad esempio l’usura soggettiva, cioè la differenza fra tassi applicati e tassi medi, che è di difficile dimostrabilità), non essendo riconosciuti nella maggior parte dei casi. A questo è connesso il secondo aspetto, cioè di pagare somme, per il recupero, connesse a valori non recuperabili, e quindi sproporzionate rispetto a quanto effettivamente riconoscibile in sede di trattativa. Solo con l’assistenza di consulenti realmente indipendenti, che eticamente perseguono solo ed esclusivamente l’interesse del proprio cliente, è possibile ovviare ai problemi evidenziati, attraverso una preanalisi che indichi se vale obiettivamente la pena procedere alle fasi successive e quanto sia realisticamente recuperabile.
Iniziamo ad esaminare l’anatocismo: dopo varie sentenze della Corte di Cassazione, le quali sanciscono che le clausole di capitalizzazione trimestrale degli interessi si basano su un uso negoziale, e non normativo, come da art.1283 C.C., finalmente la delibera CICR del 09/02/2000 condanna la disparità di trattamento tra capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori e annuale degli interessi creditori. Tutto ciò nonostante il precedente tentativo del decreto Salvabanche di sanare le clausole di capitalizzazione trimestrale contenute nei contratti bancari. Per fare chiarezza sull’argomento, La Corte Costituzionale (sentenza n°425 del 17/10/2000) dichiara illegittimo l’intervento legislativo in quanto un decreto legislativo non è forma atta ad emanare disciplina con carattere di sanatoria.
In pratica significa che la Giurisprudenza concorda in merito alla restituzione degli interessi anatocistici maturati fino all’applicazione della delibera CICR del 09/02/2000.
La prescrizione per tali addebiti non dovuti è di dieci anni dalla data di chiusura del conto corrente. Vi possono essere due tempistiche di anatocismo, pre o post entrata in vigore della circolare CICR prima citata, in quanto alcuni istituti bancari non si sono adeguati immediatamente alle disposizioni e hanno continuato ad applicare interessi debitori e creditori con capitalizzazione differente, anche dopo il 2000.
Altro argomento che merita attenzione sono i cosiddetti Interessi Ultralegali, cioè interessi applicati in misura superiore a quelli legali. Essi vengono stornati sempre perché riferiti a “usi piazza” prima dell’entrata in vigore della normativa sulla trasparenza bancaria (legge 154/92 del 09/07/1992). Se nel periodo successivo non esiste il contratto scritto come previsto dall’art. 117 TUB, si continuano a ricalcolare gli interessi al tasso legale. Se invece nel periodo successivo esiste il contratto, ma non c’è l’indicazione del tasso, allora sono dovuti interessi al tasso BOT (ultimi 12 mesi).
Esaminiamo ora la Commissione di Massimo Scoperto (CMS), che definisce la remunerazione accordata alla Banca per la messa a disposizione dei fondi a favore del correntista, indipendentemente dall’effettivo prelevamento della somma.
In pratica è il corrispettivo per l’obbligo da parte dell’Istituto di tenere a disposizione del cliente una determinata somma di denaro per un determinato periodo di tempo.
Si calcola sull’intero importo a disposizione, ovvero sulla somma rimasta disponibile e non utilizzata dal cliente (Cassazione n. 870 del 18_1_2006). Per prassi bancaria, si calcola solo sulla somma massima utilizzata nel trimestre, ad ogni chiusura conto, ovvero sull’esposizione massima raggiunta nel periodo. Ma se viene applicata sul fido e non sull’utilizzo effettivo, l’interesse è applicato due volte (interesse su interesse), quindi diventa “nulla” la clausola di CMS in caso di aumento del costo effettivo della liquidità disponibile, non pattuito per iscritto col correntista. Se conteggiata sotto forma di percentuale sull’esposizione massima trimestrale è da considerarsi nulla, in quanto è un addebito di interessi non pattuito. In questo caso però non ci sono pareri unanimi da parte della giurisprudenza, quindi è sempre da verificare caso per caso e tribunale per tribunale.
La CMS si può calcolare con tre criteri.
Criterio “Assoluto” in cui si calcola la commissione sul massimo saldo “dare” verificato nel trimestre.
Criterio “Relativo” in cui si calcola la commissione sul massimo saldo “dare” verificato nel trimestre associato ad una posizione debitoria ininterrotta di durata superiore a dieci giorni.
Criterio “Misto” in cui si calcola la commissione sul massimo saldo “dare” verificato nel trimestre, purché nello stesso trimestre di competenza si sia verificata in generale, anche se non associata, una posizione debitoria ininterrotta superiore a dieci giorni.
A questo proposito, il cosiddetto “Decreto Anticrisi” Art.2 bis della Legge 2/2009, dice che la Commissione di massimo scoperto diventa applicabile solo se esiste un affidamento e il saldo del cliente risulta a debito per un periodo continuativo maggiore o uguale a 30 giorni (previsto adeguamento delle banche entro fine 2009).
Inoltre viene introdotto il “Corrispettivo per la Messa di Disposizione dei Fondi” che viene addebitato al cliente a prescindere dall’utilizzo o dal periodo di effettiva utilizzazione delle somme messe a disposizione. La legge predispone per la stessa dei requisiti di legittimità:
1. omnicomprensiva, cioè deve assorbire tutte le voci di spesa ad esclusione del tasso di interesse e della CMS;
2. può convivere con la CMS;
3. deve essere predeterminata ed espressa con patto scritto, non rinnovabile tacitamente;
4. deve essere proporzionale all’importo e alla durata dell’affidamento;
5. la rendicontazione deve avvenire con cadenza massima annuale.
La Legge 102/2009 stabilisce, a pena di nullità, che il Corrispettivo per la Messa a Disposizione dei Fondi, non può superare lo 0,50% dell’affidamento a trimestre.
Nel Testo Unico delle leggi in materia Bancaria e Creditizia (TUB) l’art. 117 bis riprende al comma 1 (come integrato dalla Legge n. 62 del 18 maggio 2012), quanto previsto dalla legge 2/2009 e dalla legge 102/2009. In particolare viene ribadita una commissione omnicomprensiva calcolata in maniera proporzionale rispetto alla somma messa a disposizione del cliente e alla durata dell’affidamento, per un importo massimo pari allo
0,50% trimestrale dell’affidamento.
Al comma 2 dello stesso articolo 117 bis, viene prevista una “Commissione di Istruttoria Veloce – CIV” nei contratti di conto corrente e di apertura di credito, a fronte di sconfinamenti in assenza di affidamento o quando viene superato il limite di fido.
Al comma 3 dell’art 117 bis, vengono dichiarate nulle le clausole che prevedono oneri non conformi a quelli stabiliti ai commi 1 e 2.
La legge 27/2012, entrata in vigore il 25/03/2012, abroga i commi 1 e 3 dell’art 2 bis della legge 2/2009.
Attualmente sulla base dell’art 117 bis del TUB gli oneri che adesso paga l’azienda sono massimo lo 0,5% trimestrali sul valore del fido se utilizzato in tutto o in parte. Inoltre c’è la commissione di istruttoria veloce (CIV) per l’extrafido oltre al relativo tasso extrafido.
Di Usura Bancaria avrete certamente già sentito parlare. Se qualcuno vi chiede interessi oltre un certo tasso prefissato, si può invocare l’usura. Ma qual è questo tasso?
Le istruzioni del calcolo del Tasso Effettivo Globale da parte della Banca d’Italia (dicembre 2002 e febbraio 2006) escludono dal conteggio la CMS, almeno fino all’entrata in vigore della Legge 2/2009 e della direttiva sul credito al consumo 2008/48/CE.
La giusta interpretazione al contrario considera la CMS nel ricalcolo: ciò comporta spesso il superamento del tasso di soglia di usura. Si veda a tale proposito la sentenza della Cassazione Penale, sez. II, n. 28743/2010 del 14 maggio 2010 e sentenza della Cassazione penale, sez. II, n.12028 del 26 marzo 2010, che hanno confermato l’inclusione della CMS tra gli oneri da includere nella determinazione del Tasso Effettivo Globale (TEG) ai sensi dell’usura. Nel momento in cui si accerta il superamento del tasso soglia si configura la possibilità per il correntista di richiedere l’intero ammontare delle competenze versate nell’ambito del rapporto di conto corrente. Tale possibilità vige per intero solo per i contratti stipulati dopo l’entrata in vigore della Legge 108/1996. Per i contratti stipulati prima, possono essere reclamati i soli importi eccedenti il tasso soglia.
Il danno è reclamabile entro 10 anni dalla chiusura del c/c, sull’intera vita del rapporto contrattuale.
L’articolo 644 del c.p., il reato di usura si concretizza non solo quando il tasso degli interessi complessivi supera il tasso “soglia” (cosiddetta usura oggettiva), ma anche quando ricorrano due condizioni:
1) Sproporzione, cioè vengono imposti nei contratti interessi complessivamente sproporzionati rispetto al capitale prestato ed al tasso medio praticato per le operazioni dello stesso tipo (anche se il tasso complessivo di questi interessi fosse inferiore al tasso soglia).
2) Stato di difficoltà, che non corrisponde allo “stato di bisogno” ma riguarda sia la difficoltà economica, che consiste in una valutazione complessiva della situazione patrimoniale del soggetto, sia la difficoltà finanziaria, che indicherebbe la temporanea condizione di carenza di liquidità.
Si configurerebbe quindi la condizione di usura soggettiva, che è di difficile dimostrabilità, sia per quanto riguarda l’individuazione di un ipotetico tasso medio, sia per la valutazione dello “stato di bisogno”, che potrebbe anche essere stata indotta dal sistema.
Anche su contratti di finanziamento a lungo termine, come mutui e leasing, potrebbero essere stati applicati interessi non dovuti. Nel Leasing, che è un contratto atipico in base al quale una parte (locatore) cede all’altra (locatario), per un periodo prefissato, uno o più beni mobili o immobili dietro il pagamento di un determinato canone periodico. Al termine del contratto ha la facoltà (opzione) di acquistarlo ad un prezzo prefissato, il cosiddetto “riscatto”.
In alcuni contratti di leasing si possono riscontrare alcune criticità legate all’applicazione dei tassi parametro, in particolare può succedere che la banca:
1. determini un tasso base incongruente con la modalità di rilevazione del tasso parametro. Tale pratica ha portato le banche, nella maggioranza dei casi, a definire tassi base bassi, al fine di incrementare i conguagli pagati dal cliente;
2. stabilisca ad ogni rilevazione un tasso diverso e generalmente più alto rispetto a quello stabilito contrattualmente;
3. applichi contrattualmente un arrotondamento al quarto di punto superiore;
4. stabilisca una soglia floor sotto la quale il cliente non beneficia più dell’abbassamento dei tassi. Tale perdita di opportunità non viene in media compensata da una riduzione dello spread.
5. è stata anche ritenuta, in alcuni casi, come iniqua l’applicazione dell’ammortamento cosiddetto alla francese, che prevede rate costanti, ma che farebbe pesare maggiormente la quota capitale sulle fasi iniziali di ammortamento. Non esiste al momento giurisprudenza univoca in materia.
Nei contratti di finanziamento, perciò anche nei leasing e nei mutui, si può verificare l’applicazione di tassi di interesse usurari, ossia superiori alle soglie stabilite dalla Banca di Italia, per la specifica categoria di operazioni.
L’Usura può essere Sopravvenuta quando il tasso di riferimento aumenta in maniera più che proporzionale rispetto all’adeguamento del tasso soglia, oppure Preventiva, quando il tasso leasing (Tasso Base + Spread Mora) determinato alla data di sottoscrizione risulta superiore al tasso soglia vigente in quel periodo.
Stesse considerazioni valgono in genere per tutti i tipi di finanziamento, compreso il credito al consumo e le carte di credito revolving.
Concludendo, in tutti i casi in cui ci sia il sospetto che l’intermediario abbia applicato tassi di interesse non dovuti, è opportuno rivolgersi ad un libero professionista, possibilmente un consulente patrimoniale e finanziario Indipendente, che possa valutare preventivamente quali sono le somme recuperabili e con quale percentuale di successo e che sia in grado di assistervi in tutte le fasi.
Non fatevi abbindolare dai venditori di facili recuperi, perché, come avrete avuto modo di notare, non è detto che le banche vi riconoscano tutte le somme indebitamente riscosse.