I risultati della sperimentazione del Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Ateneo salernitano sono molto incoraggianti perché si è ottenuto un prodotto appetibile, che ha incrementato le caratteristiche dolcificanti e mantenuto inalterati il contenuto di elementi minerali, le caratteristiche di stabilità al calore e il basso indice glicemico
Nell’ultimo decennio si è riscontrato un interesse crescente verso l’utilizzo di sostanze alternative al saccarosio a causa di una maggiore consapevolezza delle patologie associate al consumo di cibi e bevande ricchi di questo composto: iperglicemia, sovrappeso, diabete, carie dentale, danni cardiovascolari, etc.. La richiesta di sostanze zuccherine con limitato apporto calorico e a basso indice glicemico è così aumentata.
Per molti edulcoranti di sintesi in commercio, quali aspartame, saccarina e ciclammato di sodio, vi sono dubbi sulla sicurezza e sulle concentrazioni da utilizzare. Per esempio l’aspartame, che è considerato uno degli edulcoranti a zero calorie, risulta molto sensibile all’esposizione al calore in quanto si degrada rapidamente a dichetopiperazina con rilascio di metanolo, il che lo rende inutilizzabile nei processi di cottura e fa ipotizzare una sospetta tossicità. Di qui, la popolarità crescente verso dolcificanti naturali e ipocalorici.
Una possibilità di questo tipo è rappresentata dall’utilizzo di un dolcificante naturale estratto da una pianta erbaceo-arbustiva perenne, di piccole dimensioni, della famiglia delle Asteraceae, nativa delle montagne fra Paraguay e Brasile: la stevia. La scoperta di questa pianta è da attribuire al botanico svizzero Mosè Bertoni che, verso la fine dell’800, osservò l’utilizzo che gli indigeni ne facevano delle foglie. In seguito, il chimico argentino Ovidio Rebaudi ne studiò i principi attivi e oggi il nome completo con cui è nota è Stevia Rebaudiana Bertoni. Successivamente, la pianta – presentando un’elevata adattabilità climatica – è stata esportata dai paesi tropicali ad aree con clima temperato e freddo. Le molecole responsabili del gusto dolce sono i glicosidi steviolici, presenti in tutte le parti della pianta ma in quantità maggiori nelle foglie.
La stevia ha un potere dolcificante fino a 300 volte più alto del saccarosio, zero calorie e proprietà teraupetiche, essendo ricca di ferro, manganese, carboidrati, proteine, fenoli e vitamine idrosolubili (acido folico e ascorbico). Non ha controindicazioni per i diabetici, anzi stimola il pancreas nella produzione di insulina e non si altera alle alte temperature. La Joint FAO/WHO Expert Committee on Food Additives (JECFA) ha stabilito una dose massima giornaliera di 4 mg/kg peso corporeo di steviolo. Questo composto è contenuto nelle foglie di stevia e studi metabolici effettuati sui glicosidi steviolici negli animali e negli esseri umani hanno dimostrato che questi composti sono scarsamente assorbiti dopo l’assunzione orale perché idrolizzati dalla microflora del colon e successivamente escreti.
Purtroppo un limite nel consumo di questo dolcificante riguarda l’aspetto organolettico. La stevia è caratterizzata da un retrogusto amaro e di liquirizia, non gradito al consumatore che viene industrialmente parzialmente nascosto dall’aggiunta di altre sostanze quali polialcoli, aromi, etc..
Processi ipotizzati per l’eliminazione di questi difetti sono stati l’utilizzo di CO2 supercritica o il miglioramento genetico delle piantine di stevia, ma si tratta di processi costosi o di non facile applicazione. Visto quindi l’interesse ad utilizzare la stevia come dolcificante, ci siamo posti l’obiettivo di mettere a punto un processo facile, rapido e a bassissimo costo che eliminasse buona parte del sapore di liquirizia e di amaro. I risultati della nostra sperimentazione sono stati molto incoraggianti perché si è ottenuto un prodotto molto appetibile, che ha incrementato le caratteristiche dolcificanti e mantenuto inalterati il contenuto di elementi minerali e le caratteristiche di stabilità al calore e il basso indice glicemico.
Le prove di panel e consumer test sono risultate molto positive; altre analisi si stanno sviluppando per l’ottenimento di una brevettazione del processo, che consentirebbe l’utilizzo della stevia in ogni settore dell’industria alimentare, nei prodotti della cosmesi e nella produzione di paste dentifricie con bassi costi.