Franchi, Federmeccanica: «Sul lavoro non si può tornare indietro»

STEFANO FRANCHI

Per il Direttore Generale di Federmeccanica è importante che – a conclusione dell’iter legislativo di riforma – si realizzi un mercato del lavoro inclusivo ed efficiente, che coniughi flessibilità e tutela sociale. Importante anche l’intervento sulla componente IRAP sul costo del lavoro, altro tema fondamentale per le imprese

 

Direttore Franchi, Federmeccanica lo scorso giugno ha varato il suo manifesto delle Relazioni Industriali. Prima di entrare nel vivo del discorso, nel documento si legge che è innanzitutto la crisi della rappresentanza a generare la necessità di ripensare le relazioni industriali. Perché?
La crisi della rappresentanza in generale si è determinata a causa di una perdita graduale di fiducia verso i soggetti deputati a tutelare i vari interessi. Osservo un senso di spaesamento negli stakeholders che hanno difficoltà a riconoscersi nei “rappresentanti”, soggetti percepiti come troppo lontani dalle realtà. Il nostro obiettivo è proprio quello di dare riferimenti certi, chiari. Dobbiamo ripensare il sistema in tal senso, avvicinandoci alla nostra base, creando una vera community, per comprenderne i bisogni e per dare risposte. Dobbiamo fungere da Corpo Aggregante che vada oltre il cosiddetto Corpo Intermedio.

 

Nel documento emerge la necessità di collegare sempre più strettamente retribuzione e performance. Come? Con quali vantaggi per il lavoratore e quali per l’impresa?
Il collegamento tra retribuzione e performance (sia quella aziendale che quella individuale) è una leva imprescindibile per recuperare produttività. Oggi siamo in una fase in cui le retribuzioni in termini reali sono cresciute in 6 anni del 6,5% e quelle contrattuali aumenteranno ancora del 2,5% nel 2014 (nel nostro settore), mentre la redditività delle imprese e la produttività del lavoro sono scese nello stesso periodo rispettivamente del 18% e del 2%. La retribuzione quindi non può evidentemente essere una variabile indipendente dalla ricchezza prodotta, e deve anche essere elemento distintivo che riconosca il merito. Un tale sistema determinerebbe una partecipazione effettiva ai risultati raggiunti, oltre ad essere un fattore di motivazione che valorizza anche il contributo individuale, rifuggendo da qualsiasi forma di appiattimento.

 

Si presuppone poi una maggiore partecipazione del lavoratore e del sindacato alle scelte aziendali. Accrescere il coinvolgimento equivale quindi a una migliore competitività?

La partecipazione si realizza nel lavoro quotidiano, collaborando, e il coinvolgimento si concretizza attraverso il collegamento degli obiettivi aziendali con gli obiettivi individuali. Il rapporto tra imprenditore e lavoratore è una relazione tra persone che sono accomunate dall’obiettivo di crescita e di sviluppo dell’azienda in cui entrambi operano. Analogamente il sindacato è chiamato ad una partecipazione che significa responsabilizzazione. Il coinvolgimento così inteso, aumentando la consapevolezza del proprio ruolo e dell’importanza del proprio contributo all’interno dell’azienda, può produrre effetti positivi su vari fattori come ad esempio la qualità, i tempi di esecuzione, elementi questi fondamentali ai fini della competitività.

 

Un’altra parola chiave del documento programmatico è inclusione: ci sembra di capire che le nuove Relazioni Industriali non possono che unire perché unico è l’obiettivo…è così?
Inclusione vuol dire coinvolgere tutti i soggetti non solo alcuni. Le relazioni sindacali sono importanti ma occorre mettere al centro la persona e rafforzare le relazioni interne. Solo così potremo realizzare un’unità di intenti che sia profonda in quanto rivolta a tutti e non solo ad alcuni degli attori. La coesione sociale riteniamo si realizzi così, coinvolgendo. Per crescere, insieme.

 

A seguito del documento Federmeccanica ha avviato una ricognizione alla ricerca di buone pratiche di relazioni interne. Vuole raccontarcene una su tutte scegliendo magari quella che potrebbe essere facilmente replicata anche in contesti diversi geograficamente e non solo?
Abbiamo ricevuto più di 60 segnalazioni da tutta Italia. Imprenditori ed aziende che si propongono come esempi di buona gestione delle risorse umane. Quello che vogliamo diffondere è prima di tutto una nuova cultura. Il solo fatto che un imprenditore si sia “proposto” vuol dire che crede nell’importanza di questo strumento, del rapporto diretto e “coinvolgente” con le proprie risorse. Penso che il “crederci” sia un primo fondamentale passo in un percorso complesso, come ogni percorso di cambiamento culturale. Molti comunque sono gli esempi di buone pratiche che si basano tutte su un comune denominatore: la comunicazione. Una comunicazione a due vie, dall’alto verso il basso e dal basso verso l’alto. Coinvolgere vuol dire dare la possibilità di dire la propria opinione, di fornire un contributo, di proporre miglioramenti e vuol dire vedere che ci sono dei ritorni, delle risposte, vuol dire come detto comunicare, con parole e con fatti.

 

Qualche anno fa Federmeccanica proponeva distinzioni salariali per il Sud, anche semplicemente posticipando le decorrenze degli aumenti retributivi, ma senza successo. A supporto di questa tesi si diceva che in Germania, dopo l’unificazione con i territori dell’Est, il sindacato pensò di poter estendere a tutte le imprese gli stessi trattamenti dell’Ovest per poi doversi ricredere prendendo atto della realtà. Ritiene ancora valida la strada della differenziazione?
Da un punto di vista logico differenziazioni basate su un costo della vita profondamente diverso potrebbero avere un senso, ma forse occorre cambiare proprio la logica. Oggi è sempre di più imprescindibile un collegamento tra salari e produttività considerando come detto che le retribuzioni sono diventate variabili indipendenti dalla creazione di ricchezza. Crescono anche quando la produttività e la redditività scendono. Il rafforzamento della contrattazione decentrata può aiutare a riequilibrare questo sbilanciamento ed al contempo può consentire un apprezzamento anche delle diverse condizioni esogene locali.

 

Infine, come commenta le misure fin qui varate dal Governo in materia di lavoro?
I principi sembrano positivi ma è presto per dare un giudizio, visto che la legge delega deve poi prendere forma nei decreti delegati. Auspico che si realizzi un mercato del lavoro che sia inclusivo ed efficiente, che coniughi flessibilità e tutela sociale, proteggendo il lavoro con le politiche attive. Deve essere superata la frammentazione tra outsider ed insider, così come la rigidità degli attuali schemi. Importante è anche l’intervento sulla componente IRAP sul costo del lavoro, altro tema centrale. Sono tutti tasselli che, se confermati, devono poi formare un mosaico. La strada è giusta. Non bisogna fermarsi e soprattutto non si deve tornare indietro.