Legittimato l’articolo 9 della Legge Regionale Campania 16/2014 sul “condono semplificato”
Negli ultimi tempi, la Corte Costituzionale è intervenuta in maniera decisiva su alcuni temi, dettando anche l’agenda politica italiana.
Si pensi, solo per ricordare le più recenti sentenze del 2015, alla censura di incostituzionalità che ha colpito le trattenute previdenziali della riforma Fornero, oppure alla sentenza che ha salvato molte pubbliche amministrazioni ritenendo legittimo l’articolo 42 bis del T.U. degli Espropri e cioè la possibilità per gli enti di acquisire le aree anche in caso di procedure illegittime.
Una sentenza, non amplificata dai media, riguarda una specifica fattispecie regionale campana che interessa molte persone.
In uno dei molteplici provvedimenti della Corte per dirimere i contrasti tra normativa statale e regionale è stata emessa la sentenza 117 del 26 maggio 2015 che, pronunciandosi sulla legge finanziaria regionale dello scorso anno ove veniva fornita un’interpretazione autentica della L.R. 10/2004, ha dichiarato non fondata la questione di costituzionalità anche in relazione all’articolo 9 della L.R. 10/2004, che disciplinava le domande di condono svolte con procedura cosiddetta semplificata.
In pratica la norma permetteva a coloro che avevano commesso abusi su aree sottoposte a vincoli non di inedificabilità assoluta, e che avevano svolto la domanda ex L. 47/85, di utilizzare un procedimento più veloce.
Per le vecchie domande di condono si permetteva che gli interessati, proprio per agevolare gli enti, svolgessero un’articolata autodichiarazione comprendente le notizie relative alla proprietà, all’impatto e altre notizie utili per gli uffici facendo sì che si potesse giungere al permesso di costruire in sanatoria senza che vi fosse l’articolato iter ordinario previsto per le aree, anche quelle sottoposte a vincolo ma edificabili, e che prevedeva un’iperbole di pareri, istruttorie, risposte obbligate che rallentavano enormemente il rilascio del permesso di costruire in sanatoria.
Bisogna ricordare, infatti, che a distanza di 30 anni dalla legge 47/85, che permetteva il condono di immobili realizzati tra il 1967 ed il 1983, sono ancora moltissimi comuni che non hanno definito queste pratiche. L’introduzione dell’autocertificazione di cui all’art.9 della L.R. 10/04, cui molti cittadini aderirono, ha permesso il rilascio di permessi di costruire in sanatoria e finalmente di legittimare un patrimonio immobiliare. Ai Comuni è stato consentito così di incassare sia gli oneri di condono che tutte le tasse relative agli immobili, quali ICI, IMU, TASI e TARI, come si sono negli anni via via definite tali tassazioni.
Né vale alcuna contestazione di tipo “ambientalistico” in considerazione che si tratta di un patrimonio consolidato esistente, si ripete, da mezzo secolo e non in aree vincolate da inedificabilità assoluta.
Con l’occasione dunque indotta dalla Corte Costituzionale, a mio parere, andrebbe introdotta dalla Regione Campania una norma “a regime” di questo tipo, anche per i condoni più recenti, in maniera da sbloccare tante pratiche e salvaguardare gli investimenti dei cittadini.
Si salverebbero le casse degli enti locali e finalmente si darebbe l’idea di una P.A. veloce ed efficiente.