Storia degli anni d’oro di un’impresa alternativa, che per un periodo rappresentò le esigenze e le voglie di tutti quei giovani musicisti travolti dal punk e dal rock
Il primo comunicato stampa della neonata etichetta Italian Records stabiliva il definitivo passaggio da quell’artigianato creativo, ingenuo e anche estremamente produttivo della cooperativa Harpo’s Bazaar, alla cosiddetta era industriale dell’Expanded Music s.r.l. (si passò dalle cassette, circolanti in stile carboneria, al vinile). L’Harpo’s Bazaar nasceva durante il convegno studentesco in seguito agli incidenti legati alla morte di Francesco Lo Russo. Il nome scelto per l’etichetta, Italian Records, appare nell’industria discografica nella primavera del 1980 ed è una chiara dichiarazione d’intenti per cercare fin da subito di dare una dimensione internazionale al lavoro e agli artisti dell’etichetta bolognese. La Bologna di quegli anni si pone sullo stesso livello della controcultura internazionale diventando un punto di riferimento (per ciò che riguardava comunicazione, istanze sociali, arte, musica, etc.), a cui dall’estero hanno guardato con grande attenzione. «Fuori dai modelli musicali e discografici consolidati (Roma e Milano), con un approccio che identificava la creatività tout court come elemento decisivo per insinuarsi nel mercato, l’Italian Records ha provato a concretizzare un’idea di impresa alternativa, fino a rappresentare, per un breve periodo, le esigenze e le voglie di tutti quei giovani musicisti travolti dal punk e ben poco ammaliati dai cantautori e diventare di fatto capitale del rock italiano. E da lì a breve Firenze, Milano, Pordenone, Torino, Catania, Roma, sono state contagiate» (scrive il producer Oderso Rubini). Il rifiuto dell’ovvio e del banale e il recupero di tutto ciò che non rientrava nel mainstream del momento portati a sistema. Il tutto raggiungibile attraverso la costante ricerca innovativa in ogni fase produttiva: nella produzione musicale degli arrangiamenti e dei suoni in studio, nelle scelte artistiche dell’etichetta, nelle collaborazioni tra i musicisti e con altre strutture, nella promozione, negli spettacoli dal vivo (spesso già allora multimediali). Viene introdotto in maniera massiccia l’uso dell’elettronica nel rock (il solo di chitarra finale di Nevadagaz, filtrato con un Moog Sonic Six o il Vocoder in Photoni di Johnson Righeira, sono alcuni esempi). Il “Bologna Rock” è evento cruciale di quei primi anni, pensato come provocazione globale, dove il climax fu raggiunto con la “Spaghetti Performance” degli Skiantos; partecipano poi, i Confusional Jazz Rock Quartet, band senza vocalist, che mescolava Marinetti con Josephine Baker; i Marconi Connection che realizzano un mix classicamente “dance” con le voci delle Brigate Rosse durante il sequestro Moro; gli Hi-Fi Bros che strapazzano la voce di Frank Sinatra; gli Stupid Seat che rielaborano le sigle pubblicitarie più in voga e sperimentarono le tecniche di cut-up del nastro; i N.O.I.A che realizzano uno dei primi rap prodotti in Italia. Tutto questo grazie ad uno spirito di collaborazione tra i musicisti che permetteva di misurarsi in nuove direzioni e non rimanere chiusi in se stessi. Altri eventi simbolo sono stati “Il Treno di John Cage” del 1978, una performance artistico-musicale dove durante tre tragitti in treno e le relative fermate nelle stazioni sulle linee Bologna-Porretta-Bologna, Bologna-Ravenna-Bologna, Ravenna-Rimini-Bologna, Cage, insieme ad altri artisti, proponeva un happening basato sulla registrazione e l’interazione di suoni ambientali, prodotti dal treno e dalle persone presenti; il Bologna Rock del 2 Aprile del 1979 e il concerto gratuito dei Clash in Piazza Maggiore del 1 Giugno del 1980. Modelli di riferimento per l’Italian Records sono state: la Rough Trade (per la vicinanza culturale e ideologica di quel momento e per le affinità musicali), la Esp Disk (per la trasversalità nei generi), la Virgin (per la capacità di inventarsi un vero business partendo da un piccolo e oscuro negozio di Oxford Street) e la mitica Cramps di Gianni Sassi (per la sua forte identità musicale e la rigorosa coerenza tra immagine e musica). L’Italian Records ha mescolato le diverse anime e guardato ai contenuti culturali delle proprie proposte musicali, per accompagnare con coerenza il dipanarsi dei cambiamenti sociali.