PARCO ARCHEOLOGICO DI ERCOLANO, il mito vivo che resiste

Progetti in fieri, obiettivi ambiziosi, nuovi scavi e restauri raccontati dall’archeologo Francesco Sirano: «Sono riuscito nel mio sogno di riempire di parole e contenuti quel mondo di cui vedevo vestigia da giovanissimo. Condividerlo con i visitatori è emozione pura»

 

Direttore, archiviato il 2020 il Parco Archeologico di Ercolano ha ripreso a vivere?

La pandemia è stata insieme un trauma e una grande occasione per ripensare molti aspetti della gestione del sito e lavorare in modo innovativo su entrambe le principali linee strategiche del Parco: la tutela e la valorizzazione. Dopo un primo momento di reazione nell’immediato, il Parco ha ridefinito i propri obiettivi e riorganizzato le attività in modo da equilibrare lavoro da remoto e necessità connesse ai sopralluoghi sul sito, illustrazione, diffusione dei valori culturali e visite in presenza e in sicurezza. Nella prospettiva dei prossimi anni è apparsa subito chiara l’opportunità di aumentare la capacità da parte del Parco, tanto del personale quanto del patrimonio archeologico, di affrontare al meglio difficoltà come quelle che abbiamo tutti sperimentato nell’ultimo anno e mezzo. Ogni futuro progetto terrà conto sempre di quello che abbiamo imparato e delle soluzioni che si possono individuare per adattarsi con facilità alle nuove situazioni.

Nel momento più buio della pandemia l’Arte, in tutte le sue forme, si è rivelata un vero medicamento per le ferite dell’anima. Grazie al lavoro di tutto lo staff del Parco, attraverso i canali social, abbiamo potuto abbeverarci alla fonte della Storia, per meditare e trovare nuova linfa vitale.

Francesco Sirano, direttore Parco Archeologico di Ercolano

Quali sono le iniziative o i progetti già in agenda?

Il Museo Digitale dell’Antica Herculaneum. Nuovi Depositi e laboratori anche frutto dell’importante lavoro avanzato con Dr. D.W. Packard in prima persona per migliorare il generale assetto del Parco. Messa in sicurezza dei fronti di scavo. Nuovi percorsi per connettere la città antica con la moderna. Spero davvero che grazie al miglioramento della situazione pandemica si possa finalmente inaugurare alla ripresa, dopo le vacanze, la mostra sul legno e gli straordinari mobili della città antica, pronta dall’anno scorso, che si svolgerà nella Reggia di Portici in collaborazione con l’Università Federico II- Dipartimento di Agraria e la Città Metropolitana di Napoli. Nel 2022 è programmata una mostra sul cibo e i piaceri della tavola nell’antica Ercolano che sarà preceduta e seguita da tantissime iniziative in collaborazione con la Regione Campania.

Attualmente sono in corso nuovi scavi. Che ambizioni ha rispetto a questo progetto?

Nuovi scavi all’Antica spiaggia e il restauro di sei domus sono due progetti di fondamentale importanza per definire il riassetto complessivo del sito e dell’offerta culturale del Parco. Entrambi i progetti sono frutto dell’affiancamento al Parco garantito dal Packard Humanities Institute attraverso l’Herculaneum Conservation Project. Al termine dei lavori avremo 14.000 mq davanti al fronte a mare della città antica (l’unico così ben conservato del mondo romano) riportati alla loro originaria natura di antica spiaggia. Inoltre si potranno visitare sei tra le case più importanti di Ercolano (chiuse da decenni!) tra le quali ricordo, oltre alla Casa dell’Atrio a mosaico, la casa a Graticcio nella quale si ha davvero l’idea di rivivere l’atmosfera di questo quartiere della città nel quale ad un certo punto furono ricavati edifici che avevano all’interno più appartamenti. Durante i lavori sono previsti scavi archeologici (sull’antica spiaggia estesi su più di 2000 mq) e restauri che sono veri e propri momenti di ricerca e conoscenza. Sono davvero orgoglioso di avere impresso un’accelerazione definitiva a questi progetti che attendevamo da decenni.

Negli ultimi anni è emerso quanto il dinamismo dei luoghi di cultura sia necessario. La bellezza da sola non basta, servono sempre nuove esperienze e servizi connettivi che le rendano possibili. Le istituzioni culturali possono essere dunque uno strumento di innovazione?

Il Parco Archeologico di Ercolano ne è dimostrazione conclamata! Il partenariato pubblico privato è visto oggi come una delle migliori prospettive per lo sviluppo sostenibile e durevole di realtà culturali come Parchi, Musei, teatri. Ecco ad Ercolano noi abbiamo questo vantaggio competitivo che ci rende un laboratorio sperimentale unico in Europa, ma direi forse anche al mondo. Il Packard Humanities Institute (PHI) opera ad Ercolano dal 2001, dunque ben prima della nascita del Parco autonomo.

Con il Presidente, il dr. David W. Packard abbiamo un serrato e diretto dialogo. In questi anni abbiamo condiviso una visione per il futuro ampliamento del Parco. L’obiettivo principale su cui puntiamo oggi è avanzare il passaggio delle competenze e delle incredibili esperienze che l’Herculaneum Conservation Project ha maturato con un grande e sinergico lavoro.

Com’è il mondo intorno al Parco da lei diretto? Il legame tra arte e imprese del territorio è solido?

Stiamo lavorando alacremente su questo aspetto. Abbiamo in campo non solo accordi con singole realtà istituzionali e del terzo settore, ma anche due tavoli permanenti di consultazione, uno tra Comune di Ercolano e tutti i luoghi della cultura e naturalistici, l’altro con le associazioni imprenditoriali.

Il Parco ha abbandonato ogni velleità autoreferenziale perché la sua visione del futuro è tutt’altro che quella di una cattedrale nel deserto. Il nostro impegno quotidiano è tutto rivolto perché il territorio possa cogliere le opportunità offerte dal Parco quale catalizzatore di processi positivi connessi alla costruzione di identità condivisa basata sui valori culturali che non si limitano certo alla sola realtà archeologica, ma si ampliano ai tantissimi valori immateriali che derivarono dalla scoperta di Ercolano e all’influenza che essa ebbe sulla cultura europea e che ancora oggi esercita nella comune percezione.

Qualche domanda più personale: quando e come è nato il suo amore per l’antichità?

Io ho deciso di essere archeologo a 12 anni. Come tanti della mia età avevo iniziato letture divulgative sull’Egitto e i popoli sud americani. La mia famiglia è originaria di Ercolano e avevamo una casetta di vacanze a Paestum: già a quell’epoca una delle cose che amavo di più era andare negli scavi, seguire il filo dell’intuizione per scoprire quel mondo di cui vedevo vestigia che volevo riempire di parole. Per un archeologo classico come me lavorare ad Ercolano è un grandissimo privilegio, un sogno che si realizza. Essere il Direttore del Parco Archeologico è una grande responsabilità che si può affrontare solo con tanto lavoro, fatto di studio, valutazioni, riflessioni, capacità di scelte rapide, elaborazione di strategie, ascolto sia del team, sia delle sollecitazioni che vengono dall’esterno.

Ma un Direttore deve avere una sua visione e lavorare non solo per il breve periodo, ma soprattutto pensando a come sarà Ercolano nel 2040. All’interno della città antica, la casa che più amo è quella dell’Atrio a mosaico, ma sono molto affascinato dalla Palestra e dal Teatro. Il primo luogo in cui accompagno chi non è mai stato ad Ercolano, dopo avergli mostrato lo spettacolare rapporto che ancora oggi si gode dal terrapieno antistante gli scavi del Vesuvio da un lato e del Golfo di Napoli dall’altro, è l’antica spiaggia.

Oltre ad essere autore di numerose pubblicazioni, è abilitato all’insegnamento come professore universitario in Italia e in Francia. Nel suo percorso ha avuto buoni maestri? Ritiene che la scuola – nella sua accezione più ampia – sappia svolgere con consapevolezza il suo ruolo formativo ed educativo?

Premesso che sta parlando con quello che a miei tempi si definiva “un secchione”, sulla base della mia esperienza posso dire di avere incontrato persone eccezionali al Liceo e poi anche all’Università. Sono allievo di Fausto Zevi uno dei più fini e colti antichisti, ma anche una persona di rara qualità e signorilità. Gli devo moltissimo. Per mia fortuna ho successivamente incontrato anche tanti altri maestri sia nel corso dei miei studi, sia durante la mia carriera in Soprintendenza.

L’elenco sarebbe lungo, per cui cito solo: Emanuele Greco, Mario Denti e Gilles Sauron; nel MiC Stefano De Caro e Adele Campanelli. Ho appreso il mestiere anche da tanti archeologi sul campo, da colleghi funzionari e ho raffinato le mie capacità di ricerca e di gestione di progetti complessi grazie ad amici, che sono anche grandi studiosi, come Carlo Rescigno e Massimo Osanna.

L’aspetto più emozionante del suo lavoro?

Mi emoziona molto vedere negli occhi di chi visita un sito da me gestito o una mostra che ho allestito quello stesso piacere per la scoperta e amore per gli infiniti noi che nel tempo si sono succeduti che io provavo da adolescente. Oggi a Ercolano ogni volta che scendo lungo la galleria che conduce all’Antica Spiaggia (la cosiddetta Rampa Martuscielli) torno indietro nel tempo. È accedere alla città esattamente come facevano i pescatori nel 79 d.C.. Ercolano è stata investita da flussi piroclastici successivi, giunti a temperature altissime (tra 300 e 500 gradi) e con una tale densità fisica da essere privi di ossigeno, che hanno sigillato l’intera città sotto una spessa coltre di materiali eruttivi che fecero letteralmente scomparire l’abitato e spostarono la linea di costa di circa 400 m rispetto all’antico litorale.

Pensate ai 26 metri di parete che i visitatori contemplano dall’Antica Spiaggia.

Questa è partecipazione emotiva allo stato puro. L’immane tragedia umana che colpì Ercolano e Pompei è stata però una fortuna per storici e archeologi, che hanno potuto studiare reperti che altrimenti non si sarebbero conservati, come i materiali organici.

Tre aggettivi e/o caratteristiche per promuovere il suo “bene” a quanti non lo conoscono ancora.

Resistente, unico, vivo. Il mito con il futuro intorno.

L’arte, secondo lei, può rendere felici?

Sì!