La qualità dell’equilibrio

Ordine e razionalità per una gestione consapevole del rischio, ma anche dolcezza e altruismo sono, per Stefania Rinaldi, i sostegni ideali e simmetrici per conciliare una vita al femminile e una carriera di successo

 

Esiste una relazione diretta tra la crescita di un’azienda e il livello di implementazione dei suoi valori. Quali sono quelli che accompagnano la sua impresa familiare?

Una storia imprenditoriale di oltre cinquant’anni di innovazioni, frutto dell’incessante impegno quotidiano della famiglia Rinaldi – a partire dal capostipite Giuseppe – rivolto a soddisfare un unico e globale desiderio: coccolare il sonno dei propri clienti. Collaborazione, dialogo, cooperazione sono i temi più ricorrenti che testimoniano la sensibile attenzione nei confronti della comunicazione, il principale fattore di successo che impatta sull’efficacia e sull’efficienza. Nella lista dei valori che guidano l’azienda, rilevante è il coinvolgimento del cliente, un diktat per la nostra impresa. Nel nostro approccio tale coinvolgimento non si rivolge solo all’esterno, ma si concretizza nella sensibilità verso il nostro primo vero cliente, il collaboratore. La particolare attenzione alla squadra, ad agevolare il team working e il team building, sono per noi, obiettivi non meno presenti e ambiziosi. Consapevoli che le risorse più difficilmente imitabili sullo scenario concorrenziale sono proprio quelle umane, ad esse viene accordata grande centralità nel progetto imprenditoriale.

Quale è stato il momento di svolta per la sua azienda, quando ha avuto chiaro che eravate pronti ad aprirvi al mercato estero?

Mi piace ricordare questa frase dell’economista Demattè: «…l’espansione internazionale non può più essere un atto di gestione straordinario da perseguire all’occasione, a piccoli passi, intervallati da fasi di consolidamento: ha da divenire una costante, anche perché la crescente tensione competitiva costringe le imprese a focalizzarsi su ciò che sanno meglio fare, abbandonando spazi di mercato dove irrimediabilmente sono meno competitive, e a compensarli con la conquista di nuovi spazi sui mercati esteri». La decisione di percorrere il sentiero dell’espansione oltreconfine è maturata a partire dal 1994, con l’ingresso in azienda della seconda generazione, rappresentata dai miei fratelli, Dino e Piero, e da me. Chiarezza di ruoli, responsabilità e trasmissione di valori forti hanno rappresentato e rappresentano la linfa vitale della cultura aziendale. La definizione della vision e degli obiettivi aziendali da sempre sono legati ad una strategia glocale volta alla conquista dei mercati mondiali, valorizzando il forte radicamento con il territorio di origine e il profondo rispetto della tradizione familiare. Ogni percorso di internazionalizzazione ha presentato specificità in termini di opportunità, motivazione, strategia, finanziamento, modalità di ingresso, modelli di espansione. Ciò equivale a dire che ogni sentiero percorribile ai fini di un ingresso nei mercati esteri ha sotteso la disponibilità di un adeguato livello di risorse, tangibili e intangibili, e, dunque, la maturazione delle capacità e delle competenze aziendali critiche per l’implementazione e la gestione efficace ed efficiente del processo di internazionalizzazione. Sono state elaborate strategie ad hoc, specchio di un comportamento imprenditoriale reattivo nei confronti di opportunità di business oltreconfine. Questo determina sviluppo di nuovi prodotti che elaboriamo, in team con il nostro gruppo di Ricerca, Sviluppo e Design dell’Università degli Studi di Salerno, nella nostra sede di Giffoni Valle Piana.

Che visione ha dell’Italia e del Made in Italy?

Il riconoscimento del Made in Italy è legato ad un tratto distintivo, l’Italian life style frutto dell’alto livello qualitativo dei materiali utilizzati, dell’innovazione, della cura dei dettagli, del design, della capacità di durare nel tempo. L’Italia è il simbolo del bello e fatto bene, che poi è alla base della mission della nostra azienda da oltre 50 anni.

Nella sua carriera di imprenditrice ha mai affrontato momenti critici e come è riuscita a superarli?

Il periodo più delicato è stato quello dal 1998 al 2008, ma non sono mancate anche negli anni precedenti crisi legate non solo agli andamenti macroeconomici ma anche a contingenze di macrosistema, come la pandemia da COVID-19. Oggi, siamo reduci da quello che si può definire l’evento più straordinario a livello globale. Come ogni volta, però, quando ci troviamo a dover affrontare una crisi, lo facciamo a piccoli passi, guardando i dettagli all’interno dell’azienda a 360°, senza perdere la visione strategica dall’altro, abbracciando un principio molto vicino agli americani, ovvero che “la crisi è un’opportunità” e bisogna coglierla.

Un buon imprenditore deve saper essere capace di dire dei no. Ne ricorda qualcuno particolarmente difficile ma necessario?

Viviamo in una cultura in cui il “no” è visto negativamente. Se paragoniamo la gestione dell’impresa all’elasticità della molla, si vede che, come quest’ultima, subisce continue sollecitazioni dall’esterno per raggiungere nuovi assetti, allo stesso modo l’impresa è capace di attenuare gli urti, ridurre o esaltare le vibrazioni, comandare il movimento degli organi, immagazzinare e rimettere energia. Nel quotidiano, l’impresa riesce a mettere in campo tutte le sue abilità per riequilibrare l’elasticità e ricondurre verso un’oscillazione armonica, persone, attività, prodotti, processi, strategie, valori, filosofia, macchinari, procedure, prassi, che sono solo alcune delle molteplici vesti assunte da una continua ricerca verso nuovi equilibri. L’azienda è chiamata ogni giorno a fare delle valutazioni rispetto alle opportunità e le minacce, di fronte a tali valutazioni i no non scarseggiano. I no sono a tutela dell’azienda, cui bisogna garantire la remunerazione del capitale garantito. I no per quanto difficili, il più delle volte sono stati delle vere e proprie barriere protettive. Alcuni sono stati legati ad opportunità di mercato che all’inizio, senza le giuste valutazioni, potevano sembrare appetibili ma che in realtà non avrebbero portato alcun beneficio all’azienda, anzi avrebbero compromesso la sua stabilità e richiesto sforzi notevoli per recuperare un nuovo equilibrio sul mercato. Altri no sono stati legati a mancati investimenti, nonché al rifiuto di interessanti partnership che nascondevano insidie e che necessariamente non potevano essere portate avanti.

Lavoro e famiglia: come si conciliano per una qualità della vita soddisfacente?

Sarebbe troppo semplice dire che non ci sono difficoltà da affrontare per conciliare una vita al femminile e una carriera di successo. Eppure la passione, i sogni, gli ideali che animano ogni mia azione mi hanno dato la forza di dire che non solo si può fare, ma si può anche riuscirci senza sacrificare la famiglia e gli affetti, senza relegare la propria femminilità a margine, con impegno, caparbietà, determinazione e persino con il sorriso sulle labbra. Per una donna il work e life balance comporta essere multitasking. Ogni giorno dobbiamo essere capaci di controllare e gestire emozioni e approcci diversi, dalla dolcezza della maternità, alla razionalità del lavoro. Emozioni e razionalità, lentezza e rapidità sono i mille volti che, nei vari ruoli, occorre assumere e gestire al meglio in quanto rappresentano il core di un buon equilibrio. Non credo, tuttavia, esista una ricetta perfetta ma quello che cerco di fare è assicurare dedizione e qualità alla mia famiglia. Sono convinta che un ingrediente determinante sia anche avere un buon compagno di vita per bilanciare gli equilibri familiari e garantire solidità e serenità.