Scudieri, ANFIA: «Torniamo a investire in Europa e nel nostro Mezzogiorno»

È necessario un piano di ricollocazione, sulle piattaforme europee, di produzioni di acciaio, microchip e materie plastiche, in modo da dipendere meno da altri Paesi. «In gioco c’è la competitività presente e soprattutto futura delle nostre imprese»

 

Presidente, il comparto automotive è profondamente colpito – da mesi ormai – non solo dal rincaro dei prezzi, ma anche dalla penuria di chip e materiali semiconduttori, fenomeno che sta causando l’interruzione di molte catene di montaggio dell’industria automobilistica e non solo. Quali le conseguenze a breve e lungo termine?

È come se sul comparto automotive, specie nel segmento premium, si fosse abbattuta una seconda pandemia che sta rallentando le produzioni, allungando i tempi di consegna e, in alcuni casi più complessi, mettendo a repentaglio la sopravvivenza stessa di stabilimenti. È una seconda stoccata che, oltre a mietere grande preoccupazione, deve farci riflettere sulla necessità di un piano di ricollocazione – sulle piattaforme europee – di produzioni di acciaio, microchip e materie plastiche, solo per citarne alcune, in modo che l’Europa diventi meno dipendente da altri Paesi. In gioco c’è la competitività presente e soprattutto futura delle nostre imprese rispetto ai due titani Cina e Stati Uniti. Le competenze le abbiamo ma vanno ridefinite le politiche strategiche, prevedendo e destinando importanti investimenti nel conseguimento di questo obiettivo.

La rivalità tra Stati Uniti e Cina pertanto continua a ridisegnare la fisionomia della globalizzazione, con i primi che non forniscono i chip e la seconda che blocca o rallenta le esportazioni di terre rare, la famiglia di minerali usati in settori strategici. Nel mezzo il resto del mondo ostaggio di un pericoloso effetto domino che si abbatte su tutta la catena di approvvigionamento. La via d’uscita per lei deve essere quindi una riacquistata centralità europea?

Sì, lo ribadisco. Questo squilibrio non è di certo nato ora e in gran parte deriva dalle guerre commerciali che gli Usa hanno ingaggiato con la Cina e il resto del mondo. A cambiare deve essere la posizione dell’Europa. All’interno di un mutato scenario, il nostro Mezzogiorno potrebbe svolgere un ruolo di primo piano per il suo potenziale non completamente espresso e valorizzato, mettendo a sistema il grande bacino di giovani competenti, le sue università fondamentali e i tanti validi siti produttivi per la riallocazione di piattaforme industriali.

Rispetto alle nuove sfide che lo attendono – tra cui la decarbonizzazione, per citarne una – il comparto è pronto?

Anche in merito a questo particolare aspetto, il nostro Paese difetta di visione strategica perché manca al momento un piano di sostegno e di incentivo per puntare al raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione, sia quelli già in vigore, sia quelli relativi al pacchetto della Commissione Ue per la riduzione del 55% delle emissioni entro il 2035. Un’ulteriore accelerazione della transizione all’elettrificazione rischia infatti di mettere sotto scacco definitivamente il comparto della componentistica. Non dimentichiamo che l’auto rappresenta il 0.9% delle emissioni mondiali, a fronte di 12 milioni di addetti nel solo continente europeo. Pur condividendo le politiche di transizione, ci andrei piano con il demonizzare un solo settore o una sola tecnologia. Il futuro della mobilità dovrebbe fondarsi su più soluzioni diverse tra loro, eppure tutte determinanti per contribuire alla riduzione delle emissioni. Le transizioni rivoluzionarie oggi necessarie dovrebbero essere guidate da un principio di neutralità tecnologica, in virtù del quale impostare un approccio flessibile alle diverse tecnologie a disposizione, senza il predominio esclusivo di una sulle altre. Non solo elettrico quindi è il mio orientamento e, in ogni caso, non così in fretta. La situazione di dipendenza dall’estero non ce lo consente.

Nel suo comparto quale valore aggiunto offrono l’innovazione e le nuove tecnologie (IoT, blockchain, intelligenza artificiale)?

Digitalizzazione e connettività sono elementi fondamentali per qualsivoglia prodotto e processo, da quello più semplice fino alla costruzione di veicoli a guida autonoma. Proprio a questo ambizioso obiettivo è dedicato Borgo 4.0, un progetto di filiera che mette insieme, attraverso una applicazione condivisa tra vari case automobilistiche e indotto internazionale, azioni di ricerca, sviluppo e innovazione tecnologica. Il progetto – che avrà la rete 5G per connessioni veloci – si snoderà in quattro siti in Campania, coinvolgendo imprese, centri di ricerca pubblici, il Cnr e alcuni atenei regionali. Con ANFIA Borgo 4.0 vogliamo dare vita a una fabbrica intelligente capace di restituire la centralità perduta alla filiera automotive italiana e farlo partendo dalla nostra regione che ha creduto in questo esperimento unico in Europa.

Da presidente di un grande gruppo industriale nato al Sud, ma affermato sui mercati internazionali, quali aspettative ha rispetto al Recovery Plan?

I capitali dovranno essere spesi in modo efficace e veloce, nel completo rispetto delle regole europee che ci impongono di portare avanti quelle riforme per cui il nostro Paese si è impegnato. Abbiamo necessità di un’Italia più moderna, equa e sostenibile. Il futuro inizia ora e non può di certo prescindere dalla centralità del comparto automotive.