Lo sviluppo del Mezzogiorno: puntare sulle forze endogene per il rilancio post-covid

Nei prossimi anni per il Sud saranno disponibili oltre 200 miliardi di euro. Un’occasione imperdibile per il perseguimento di una ripresa strutturale, sostenibile e durevole dell’economia nazionale

 

Con la nuova pubblicazione “Mezzogiorno: panorama economico di mezz’estate” SRM prosegue la sua costante attività di monitoraggio della realtà socioeconomica meridionale. In particolare, partendo dalle caratteristiche intrinseche dell’area, punta a tracciare un quadro di riferimento attuale e prospettico del territorio e delle sue regioni, nell’ambito del più ampio panorama nazionale.

L’obiettivo è non solo quello di “misurare” il peso economico del Mezzogiorno, ma anche quello di fornire uno “strumento di comprensione” di quanto sia pronto e di quanto percorso ci sia, invece, ancora da fare per realizzare gli obiettivi primari di rilancio e resilienza. In tale logica, gli eventi più recenti hanno rappresentato un punto di svolta: da un lato un 2020 con una battuta d’arresto senza precedenti (-8,4% il calo del Pil rispetto al 2019; -8,9% per l’Italia), dall’altro i primi segnali di ripresa che lasciano ben sperare in un biennio di crescita basata sulle forze endogene dell’area e sulla sua capacità di rilanciarsi attraverso le risorse europee.

Nei prossimi anni, infatti, per il Sud saranno disponibili oltre 200 miliardi di euro da vedere come un volano importante non solo per la ripartenza post-Covid ma anche per dare avvio ad una nuova fase di sviluppo per il rilancio dell’area.

Grande attenzione è posta sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), nel cui ambito il Mezzogiorno si conferma centrale per il perseguimento di una ripresa strutturale, sostenibile e durevole dell’economia nazionale assorbendo il 40% delle risorse complessive pari a circa 82 mld di euro. Si tratta di un Programma molto sfidante, ma rilevanti sono gli impatti che si potranno avere: il Ministero per il Sud e la Coesione Territoriale stima una crescita del Pil meridionale, nel quinquennio 2021-2026, del 24% circa rispetto al valore assoluto del 2020 (+16% per l’Italia). Diretta conseguenza sarebbe un maggior peso del Pil meridionale su quello nazionale con una rappresentatività dell’area che potrebbe crescere di 1,5 p.p..

Affinché tali risultati possano essere raggiunti al meglio è, quindi, necessario investire sulle forze endogene del territorio, legate non solo ai suoi settori di punta ma anche a quegli elementi trasversali in grado di influire sull’economia nella sua totalità. Il riferimento è, quindi, in primis ai grandi assi dell’economia meridionale a partire dalla filiera turistica, che nel Mezzogiorno gioca un ruolo particolarmente importante: il Valore aggiunto dei Servizi di Alloggio e Ristorazione (oltre 15,5 mld euro) rappresenta il 4,4% del VA totale dell’area, dato superiore a quello nazionale (3,9%). Se si considera il Pil diretto, indiretto e indotto, il peso nel Mezzogiorno sale all’11%. Ancora più importante il peso in termini di occupazione: con quasi 390mila addetti il settore impiega il 10,9% dell’occupazione totale meridionale (dato Italia 9%).

Altro grande tema è quello dell’economia marittima e la Logistica, pilastri su cui muove l’economia mondiale e proprio nel periodo pandemico hanno mostrato la loro resilienza permettendo al mondo di non fermarsi sebbene si sia viaggiato ad un passo più lento. Dall’approfondimento di alcune variabili legate a tale filiera emerge il ruolo centrale del Mezzogiorno soprattutto in ambito mediterraneo. I porti del Mezzogiorno coprono una parte rilevante (47%) del traffico merci complessivo del Paese. Con 207 milioni di tonnellate di merci gestite nel 2020 hanno mostrato una maggiore resilienza durante la pandemia; il calo dei porti meridionali è stato del -3,4% contro il -10% circa dell’Italia.

Terzo asse è il settore energetico: il Mezzogiorno è il serbatoio energetico del Paese, strategico ed essenziale soprattutto per la produzione di energia rinnovabile. Nell’area viene generato circa un terzo del totale dei GWh rinnovabili totali: il 41% dei Gwh prodotti a fotovoltaico, il 27,3% dei GWh da bioenergie e la quasi totalità della produzione elettrica da eolico (il 96,4%), dove il Sud riveste un indiscusso primato. Al Sud si concentra il 40,2% della potenza rinnovabile del nostro Paese ed il 27,4% del parco impianti complessivo.

Infine, last but no least, l’Economia Sociale. Il Terzo Settore si conferma un fenomeno sempre più vitale e dinamico, che ha dimostrato la sua valenza durante l’emergenza sanitaria attraverso le numerose iniziative sociali attivate. Ma la diffusione dei luoghi del sociale al Sud non è ancora equilibrata rispetto ad un territorio che esprime forti esigenze sanitarie, sociali ed economiche. Occorre riflettere sul futuro ruolo del Terzo Settore in considerazione anche della sua strategicità per la ripresa sociale ed economica del Paese.

Pur quanto riguarda, invece, i fattori trasversali basti pensare a tutti quegli elementi necessari per consolidare il patrimonio in essere e garantirne uno sviluppo duraturo nel tempo:

Formazione e Ricerca: l’economia immateriale assume un ruolo sempre più importante per la società ed è, quindi, decisivo investire sul capitale umano presente affinché si possa sempre rispondere alle sfide poste dai mutamenti del contesto. Il Mezzogiorno mostra ancora alcuni significativi gap da colmare (ad esempio, una minor presenza di laureati in rapporto alla popolazione), ma le nuove politiche possono (e devono) essere fattore propulsivo per ridurre il divario e favorire il cambiamento.

Innovazione e Digitalizzazione: l’implementazione delle tecnologie digitali è la vera infrastruttura che serve per il rilancio del Mezzogiorno e per rendere il Sud davvero interconnesso. Gli investimenti per la trasformazione tecnologica del Paese sono dunque determinanti e possono rappresentare l’acceleratore di tutti i processi di sviluppo che si intendono attivare.

Ambiente e Bioeconomia. La “Green & Circular Economy” può favorire lo sviluppo del Mezzogiorno e ridurre il divario con il resto del Paese. Si potrebbe puntare su quei settori fortemente specifici ed identitari dell’area, anche grazie alle politiche internazionali, europee e nazionali già avviate. Un dato su tutti per cogliere la portata del settore: la bioeconomia, nel Mezzogiorno, genera un valore di 23,6 miliardi di euro, il 6,7% del totale economia dell’area ed il 23,6% del dato nazionale. Il Mezzogiorno contiene, quindi, tutti gli elementi per sostenere la ripresa e al tempo stesso contribuire in modo deciso alla crescita del Paese. Bisogna puntare a nuovi e sempre più sfidanti obiettivi: le forze endogene dell’area, da un lato, e le risorse disponibili per i prossimi anni, dall’altro, rappresentano il punto di partenza su cui lavorare.