La ricerca del Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università di Salerno è molto avanti nello studio per la realizzazione di prodotti di largo consumo a basso impatto ambientale. Studiati, in par ticolare, i materiali, le tecnologie di lavorazione e la velocità di biodegrazione
Con l’avvento dei polimeri biodegradabili sul mercato i manufatti in plastica, tradizionalmente visti come potenzialmente inquinanti, hanno avuto una possibilità di rivalsa presentandosi come “eco-friendly”. Da una parte, infatti, i polimeri biodegradabili non devono essere conferiti in discarica, dall’altra possono essere ottenuti da materia prima rinnovabile, e quindi non consumano risorse fossili. La ricerca ha viaggiato su questi materiali su binari diversi da quelli dell’industria: nei laboratori di tutto il mondo si sono analizzate le notevoli proprietà dei polimeri biodegradabili, combinando la caratteristica di biodegradazione con le peculiarità di additivi in grado di conferire caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche e ancora più attraenti.
Tuttavia i trasformatori di materie plastiche si sono dovuti rapidamente scontrare con gli aspetti negativi di questi materiali: proprietà meccaniche insoddisfacenti, costi elevati, difficoltà di lavorazione con le tecnologie tradizionali. Le proprietà speciali ottenute nei laboratori di ricerca sono spesso risultate inadatte per la realizzazione di articoli biodegradabili di elevato consumo.
Nei laboratori del Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università di Salerno (DIIn) si sta compiendo un considerevole sforzo verso lo studio dei polimeri biodegradabili per applicazioni di largo consumo.
In un recente numero speciale di Journal of Applied Polymer Science dedicato al Manufacturing (ossia alla realizzazione di oggetti) di polimeri biodegradabili con proprietà avanzate, ben tre articoli scientifici e l’editoriale sono stati presentati da ricercatori del DIIn.
Questo fatto testimonia l’interesse verso la tematica e verso le ricerche portate avanti nel DIIn.
Le linee di ricerca, da me coordinate, sui polimeri biodegradabili si articolano su diversi temi.
Vediamo alcuni esempi.
1. Studio dei materiali di partenza, con il duplice obiettivo di migliorare le proprietà e di ridurre il costo
Presso il Polymer Technology Group del DIIn è stato ospitato nel primo semestre del 2015 un formando di una nota azienda, leader nel campo della plastica biodegradabile, per analizzare l’effetto di fibre vegetali sulle proprietà di processo e di utilizzo di nuovi compositi completamente biodegradabili. Un’altra ricerca recente ha riguardato l’utilizzo di olio alimentare esausto (residuo da fast-food) come plasticizzante per l’amido termoplastico da usare poi come additivo nell’acido polilattico (PLA).
Questa ricerca persegue da una parte l’obiettivo di utilizzare un potenziale inquinante che deve essere correttamente smaltito, dall’altro di ottenere un materiale plastico biodegradabile (l’amido
termoplastico) a basso costo, da aggiungere al PLA.
2. Tecnologie di lavorazione
Negli ultimi anni l’esperienza sulle tecnologie di trasformazione sviluppata presso il Polymer Technology Group si è messa al servizio dei materiali plastici biodegradabili per ottimizzare le condizioni di processo al fine di minimizzarne la degradazione che causa perdita di proprietà.
Parallelamente, si sono selezionate tecnologie di trasformazione particolarmente adatte al processo di questi materiali. Un esempio è lo stampaggio di schiume polimeriche. La pressa ad iniezione presente nel laboratorio (una pressa convenzionale da 70ton) è stata modificata in modo da poter iniettare nel cilindro di plastificazione un gas ad elevata pressione (ad esempio azoto). Il gas viene miscelato al polimero durante la rotazione della vite, e la miscela polimero/gas compresso viene iniettata nella cavità. Il gas espande durante il processo e il manufatto che si ottiene presenta una superficie compatta ma una parte interna schiumata, ossia piena di cavità dell’ordine di 0.1mm.
Lo stampaggio di schiume è particolarmente interessante per i polimeri biodegradabili: da una parte si riesce a risparmiare sul materiale a parità di volume (il peso può diminuire fino a circa il 30% rispetto al pezzo compatto), senza grosse perdite di proprietà meccaniche; dall’altra parte la presenza di gas fa aumentare la fluidità della plastica, consentendo l’iniezione a pressioni o a temperature più basse.
3. Controllo della velocità di biodegradazione
Questo aspetto della ricerca sui polimeri biodegradabili è particolarmente rilevante. In effetti, la caratteristica di biodegradabilità non è di per sé necessariamente un vantaggio: il vero beneficio è la preservazione delle caratteristiche per un tempo compatibile con l’utilizzo e poi la scomparsa del materiale a tempi più lunghi, conciliabili con lo smaltimento successivo. Nel corso degli studi effettuati in questi anni sono stati selezionati presso il DIIn additivi assolutamente eco e bio-compatibili in grado di regolare la velocità di degradazione del PLA. Questi studi sono uno dei punti di forza del progetto Smartvase che ha vinto di recente la StartCup Campania 2015, classificandosi primo fra i 66 progetti selezionati fra quelli proposti da tutti gli Atenei della Campania.
Il progetto Smartvase, presentato dai ricercatori del Polymer Technology Group del DIIn e del Dip. di Farmacia dell’Università di Salerno, ha proposto un vaso per piante che ha una durabilità confrontabile con i vasi tradizionali prima dell’interramento, ma che è compostabile una volta interrato.
Questo progetto concorrerà nel mese di dicembre 2015 al Premio Nazionale Innovazione.