Indifferibile insistere sulla qualità del sistema scolastico, una delle determinanti più importanti della crescita perché è a partire dalla scuola che si possono riscattare i destini non solo delle nuove generazioni, ma della società intera
In un contesto ancora scosso dai riverberi della pandemia, nuove emergenze stanno investendo la nostra economia. L’effetto della corsa dei prezzi di energia, gas, carburanti e materie prime, esasperata dalla crisi Ucraina, rischia infatti di portare già nel 2022 il tasso di inflazione all’8%, mettendo a repentaglio nel nostro Paese intere filiere e produzioni.
Un autentico shock che non accenna a perdere di intensità, arrivato proprio ora che il motore Italia si stava riavviando, con un Pil 2021 pari a +6,6%, dopo la perdita di quasi 9 punti nel 2020. Nonostante questi poderosi freni, il mercato del lavoro sembra proiettato in una dimensione di ottimistica ripresa, possibile però solo se lavoriamo a rimuovere un ostacolo per le imprese: il disallineamento tra domanda e offerta di lavoro.
Ne abbiamo parlato alla nostra Assemblea Pubblica, lo scorso 10 marzo. Mancano tecnici informatici, saldatori, fonditori, meccatronici, addetti alle vendite ma anche operatori della logistica, fornitori di servizi digitali, chimici e ingegneri. L’inasprirsi della concorrenza internazionale, l’esponenziale diffusione della digitalizzazione e l’automazione hanno trasformato di molto le esigenze e, di rimando, le competenze richieste dalle aziende, senza che il sistema dell’istruzione abbia avuto il tempo necessario per adeguarvisi. La mancata corrispondenza tra le competenze richieste dalle imprese e quelle disponibili sul mercato è un problema non solo economico ma sociale, che determina un autentico spreco di talento della forza lavoro più capace. E di sprechi in un momento in cui la sostenibilità è diventata mainstream non ne abbiamo davvero bisogno.
Per risolvere lo skill mismatch è diventato pertanto indifferibile insistere sulla qualità del sistema scolastico, una delle determinanti più importanti della crescita perché è a partire dalla scuola che si possono riscattare i destini non solo delle nuove generazioni, ma della società intera.
Farlo oggi è possibile: ci sono la volontà politica e le risorse economiche, 33,81 miliardi di euro, della Missione 4 del PNRR che ha proprio l’obiettivo di migliorare e potenziare l’istruzione e ricerca per l’impresa, colmare le carenze nell’offerta di servizi di educazione, il gap nelle competenze di base, lo skills mismatch tra istruzione e domanda di lavoro e ad aumentare la spesa in R&S. Per sanare in modo efficace e concreto il gap di competenze, sono indispensabili alleanze pubblico-private. Imprese e istituzioni, insieme con il mondo della formazione cui spetta un ruolo di primo piano, devono cooperare.
Parallelamente all’istruzione, diventa necessario spingere su politiche di riconversione professionale. Ancora una volta la nostra opportunità si chiama Piano di ripresa e resilienza. La Missione 5, infatti, destina poco meno di 5 miliardi a ridisegnare il sistema delle politiche attive del lavoro del Paese secondo logiche di coesione e inclusione. Partire dai fabbisogni delle aziende, dal territorio, seguendo un disegno sì centrale ma lavorando qui e ora, tenendo insieme innovazione tecnologica e formazione del capitale umano, ci sembra il giusto inizio di un percorso di riforma che non possiamo più rimandare.
Potremo dirci competitivi solo quando il nostro sistema produttivo potrà competere con successo sui mercati e, al contempo, migliorare le condizioni economiche e lavorative dei propri cittadini rendendo la prosperità diffusa e condivisa in tutto il Paese. La chiave per riuscirci è una e una soltanto: credere e investire nel lavoro per aumentare l’occupazione di qualità e il reddito non precario ma a lungo termine.