La finanza alternativa non è più una chimera per sostenere il business delle imprese e consolidarne il vantaggio competitivo
Ivo Allegro, CEO di Iniziativa, società di advisory e consulenza direzionale attiva nei settori del corporate finance, finanza agevolata, business advisor e in ambito PPP e public che da oltre 40 anni supporta i processi di sviluppo delle imprese e della Pubblica amministrazione, analizza in questa intervista le caratteristiche di alcuni percorsi che possono seguire le aziende nei propri processi di crescita.
Il mercato dei capitali è una delle strade che le aziende possono percorrere per favorire rapidamente la propria crescita. Ma quanto è facile – o difficile – per un’azienda, oggi, accedere a questa strada?
I mercati dei capitali hanno permesso alle imprese e alle nazioni, nel tempo, di prosperare. Bisogna tener presente però che l’accesso al capitale non è un diritto, ma un privilegio. C’è quindi il dovere di attirare quel capitale in maniera responsabile e sostenibile.
Appunto, sostenibile. Quanto, allora, le aziende devono tener presente la sostenibilità?
Preferiamo concentrarci sulla sostenibilità non tanto perché siamo esclusivamente ecologisti, quanto perché siamo capitalisti e legati da un rapporto fiduciario verso i nostri clienti. Questo impegno richiede dunque una piena comprensione di come le aziende stanno adattando le loro attività ai massicci cambiamenti che colpiscono l’economia.
E cosa chiedete – e consigliate – alle aziende, una volta completata la fase di analisi?
Nell’ambito di questo modus operandi, stiamo chiedendo alle aziende di fissare obiettivi a breve, medio e lungo termine per implementare effettivamente nelle loro strategie il tema della sostenibilità.
Questi obiettivi, insieme con la qualità dei piani necessari per raggiungerli, sono cruciali anche per comprendere gli interessi economici a lungo termine di soci e azionisti. Abbiamo però bisogno che i governi forniscano percorsi chiari e una tassonomia coerente per la politica di sostenibilità, la regolamentazione e la divulgazione.
Come valutare correttamente un’impresa o un investimento?
Il concetto base è che non basta più guardare ai soli dati finanziari. Sempre più spesso, infatti, le decisioni di investimento e le valutazioni sui piani aziendali non si basano più esclusivamente su parametri finanziari, ma tengono conto anche di fattori extra-finanziari, come ad esempio i fattori ESG.
Vale a dire?
Environmental, Social and Governance, fattori che giocano un ruolo fondamentale nel determinare la strategia di sostenibilità di un investimento nel medio-lungo periodo. Alla luce della crisi ambientale e della scarsità e dei costi elevati delle materie prime, non è mai stato così essenziale come oggi tanto per gli Stati e i loro cittadini quanto per le aziende e i loro dipendenti, mettere al centro dell’attenzione i criteri e gli obiettivi ESG e trasformare in circolari i processi economici mondiali.
Per questi motivi la selezione, la condivisione, la misurazione e il monitoraggio dei criteri e obiettivi ESG sarà sempre più importante e centrale per una gestione ottimale e resiliente della res publica e delle imprese.
A cosa bisogna fare attenzione?
Al giorno d’oggi manca ancora una definizione e una procedura di raccolta unitaria e globalmente riconosciuta dei parametri ESG.
Non esiste cioè una chiara identificazione delle informazioni minime da inserire nei report di sostenibilità, e questo è un grande problema che determina potenziali rischi per gli investitori di essere coinvolti in attività di greenwashing e socialwashing, una “operazione di maquillage” che dà solo una patina molto esile di sostenibilità senza incidere effettivamente sui determinanti del business.
Facciamo un focus sui canali di finanziamento: quanto la struttura finanziaria delle imprese italiane, rispetto agli altri paesi europei, è caratterizzata da un’elevata dipendenza dal finanziamento bancario?
Moltissimo, in maniera addirittura preponderante rispetto al capitale di rischio. L’elevato indebitamento bancario che caratterizza la struttura finanziaria delle imprese è ancora più evidente nel caso delle PMI, dove l’incidenza dei debiti bancari sul totale di debiti finanziari è circa il 66% nel caso delle PMI, mentre è poco più del 33% nel caso delle grandi imprese.
Qual è la tendenza attuale del credito erogato alle imprese?
L’ammontare del credito erogato alle imprese ha registrato significative contrazioni rispetto ai valori precedenti alla crisi: a fine 2019 la somma dei prestiti alle società non finanziarie si è ridotta di quasi il 27% rispetto al 2011.
Quello cui abbiamo assistito nel quadro emergenziale della pandemia è quindi un fattore eccezionale e non la normalità.
Quali sono stati i motivi?
C’è stata una selezione più rigida dei prenditori insieme all’applicazione di tassi più elevati. Il periodo vissuto oltre il 2019, inoltre, è stato caratterizzato da tassi di interesse piuttosto bassi, anche sul debito a medio/lungo termine. Tuttavia, le aspettative dei mercati sono per un progressivo aumento dei tassi di interesse, che può evincersi dalla tendenza crescente della curva EURIRS dal 2020 in poi.
Cosa fare dunque per crescere, rimanere competitivi e continuare ad acquisire quote di mercato, nonché per gestire eventuali processi connessi con i passaggi generazionali?
È necessario che le imprese e le PMI si aprano a nuove soluzioni, soprattutto con riferimento ai modelli e agli strumenti finanziari.
In questo contesto il credit crunch vissuto, seppur non con continuità negli ultimi anni, ha spinto le PMI a valutare nuove forme di finanziamento alternative al fine di sostenere il proprio business e consolidarne il vantaggio competitivo: bond, strumenti ibridi e borsa oggi non sono chimere per le imprese ma leve effettivamente azionabili.