La cacciatrice protagonista del videogioco Horizon Forbidden West offre una diversa rappresentazione non della sola donna, ma dell’intero genere: un corpo comune non più sessualizzato, in cui tutti possono riconoscersi espressione non solo del girl power, ma dello human power
“Who can take my hand in the flood?” recita la canzone di Horizon Forbidden West, il secondo titolo sviluppato da Guerrilla Games, seguito di Horizon Zero Dawn, rispettivamente rilasciati sul mercato videoludico a febbraio 2022 e a marzo 2017, entrambi esclusive PlayStation. La frase della canzone, oltre a racchiudere perfettamente la storia della serie, allo stesso tempo rappresenta anche i livelli raggiunti, ormai da tempo, dal videogioco in quanto medium. Creare una colonna sonora o una canzone ad hoc per un videogioco non è cosa nuova nel mondo videoludico, anzi, la funzione è la stessa che per film e serie tv: quello di instillarsi nella memoria individuale e nell’immaginario collettivo.
La serie Horizon, infatti, ha una maintheme molto riconoscibile, data anche dal grande successo di Zero Dawn, che ha introdotto nel panorama videoludico Aloy che, col tempo, ha conquistato un posto al fianco dei vari personaggi iconici delle esclusive PlayStation. Ecco perché con Forbidden West, gli sviluppatori hanno deciso di creare una canzone che rispecchiasse non solo il titolo videoludico, ma Aloy stessa. Una melodia che videogiocatori/trici potessero ascoltare in qualsiasi momento sulle piattaforme di musica in streaming e che parlasse della sua storia. La serie videoludica è ambientata in un “futuro antico”, dove passato preistorico e ipertecnologia si fondono per dar vita a uno scenario post-apocalittico unico nel suo genere e completamente esplorabile.
Il tutto ha inizio quando la vita sulla Terra si è estingue nel 2064 a causa di una rivolta di macchine che si nutrono di biomateria per riprodursi autonomamente. La vita è ripartita da zero – appunto Zero Dawn – grazie a un sistema di terraformazione controllato da Gaia, un’intelligenza artificiale. Quest’aspetto della trama, che è il fulcro attorno cui ruota tutta la storia dei due capitoli della serie, sottolinea l’ambiguità della tecnologia: da un lato portatrice di opportunità, dall’altro potenzialmente distruttiva. Tutto dipende dall’utilizzo che l’uomo ne fa. Il 3000 quindi, anno in cui inizia l’avventura di Aloy, vede un mondo in cui le macchine convivono con una civiltà divisa in tribù primitive circondate da rovine che appartengono a un passato, quello del 2064 che, per i videogiocatori/trici, è già un futuro molto lontano. Sono, a tutti gli effetti, delle “rovine future”. Come lo è Aloy.
Aloy è nata nel presente – del videogioco – ha nel suo DNA il passato e, contemporaneamente, viene percepita dal videogiocatore/trice, come un personaggio del futuro. Guerrilla Games ha saputo far confluire passato, presente e futuro sia nella storia del mondo di Horizon, sia nella stessa protagonista. Qualità che, insieme a un carattere forte, caparbio e a un grande senso di responsabilità hanno fatto sì che Aloy facesse breccia nella community videoludica. Quando un personaggio e il mondo intorno ad esso diventano così incisivi, sono repentine le risposte da parte dell’odierna digital society dei consumi.
Oggi Fortnite è diventato qualcosa di più di un videogioco, è una piattaforma attraverso cui aziende di ogni settore possono promuovere il proprio brand, diventato una strategia di digital marketing per avere rilevanza mediatica.
Aloy, infatti, vi è stata inserita come personaggio giocabile, come tante altre figure iconiche videoludiche e non. Per un periodo è stata data la possibilità di formare una squadra con Aloy e Lara Croft, protagonista della serie Tomb Raider. Entrambe rispecchiano i periodi in cui sono state create. Lara Croft appartiene agli anni ’90, caratterizzato da una forte sessualizzazione del corpo femminile nei media e anche lei ha subìto questo effetto, sebbene allo stesso tempo fosse simbolo di emancipazione femminile e girl power. I tempi cambiano, di conseguenza cambiano i valori e i simboli associati ad essi. Aloy è figlia dei tempi che stiamo vivendo, con una nuova rappresentazione non della sola donna, ma di genere: un corpo comune – che non vuol dire banale – non più sessualizzato, in cui tutti possono riconoscersi. Girl power, ma anche human power, e chi ha giocato alla serie Horizon sa bene come Aloy sia fondamentale per l’umanità. Da Lara ad Aloy: un passaggio di testimone rappresentato dall’apparizione di entrambe sulle copertine di due riviste importanti, la prima nel 1997 su The Face, la seconda su Vanity Fair, nel 2022.Un passaggio che non equivale all’eliminazione di Lara Croft, che continua infatti a essere una pietra miliare della storia del videogioco, tanto da subire dei reboot in questi anni.
PlayStation Italia, per il lancio di Horizon Forbidden West, ha installato una statua temporanea di Aloy a Firenze con una targa che recita «Aloy – The Placeholder. Un’icona di coraggio, tenacia e intraprendenza tiene il posto a tutte le donne della storia che hanno condiviso questi valori e che meriterebbero una statua». Molte persone sui social media hanno criticato questa scelta, affermando che Aloy è un personaggio inventato e che dovrebbero esserci statue di donne realmente esistite e che quella di PlayStation sia solo un’azione di marketing. Di sicuro lo è, ma la risposta è nella frase della targa. Aloy tiene il posto, non sostituisce, anzi rappresenta la nuova generazione videoludica, che a sua volta, rispecchia la società odierna, intrisa di valori del presente, che provengono dal passato e guardano al futuro.