Si tratta di una disciplina in rapida crescita che esamina sistematicamente (a livello, locale, regionale e/o globale) i flussi e gli usi di materiali ed energia di prodotti, processi, settori industriali, concentrandosi sul ruolo potenziale dell’industria nella riduzione degli impatti ambientali in tutto il ciclo di vita del prodotto: estrazione delle materie prime, produzione e uso dei beni e gestione dei rifiuti prodotti
Una modifica legislativa intervenuta due anni orsono (D.Lgs. 121/2011) ha aggiunto i principali reati ambientali nel relativo catalogo da cui può derivare la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche di cui al D.Lgs. 231/2001 (“Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prove di personalità giuridica, a norma dell’articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300”).
L’art. 6 del 231/2001 prevede la possibilità di adottare un modello di organizzazione, gestione e controllo idoneo a prevenire i reati. Il modello deve prevedere particolari misure idonee a garantire lo svolgimento dell’attività nel rispetto della legge e a scoprire ed eliminare tempestivamente situazioni a rischio. In sostanza, il “modello 231” è equivalente a un sistema di gestione dei rischi, le cui fasi principali sono l’identificazione dei rischi e la progettazione del sistema di controllo.
Nella costruzione di un modello organizzativo, e quindi anche del modello 231, si segue il classico approccio per procedure tipico dei sistemi di gestione della qualità e dell’ambiente. Il rapporto tra adozione e utilizzo di un sistema di gestione ambientale (SGA) e il modello 231 è uno dei temi di maggiore interesse e attualità per le aziende.
A tal proposito Assolombarda nello scorso mese di maggio ha dato alle stampe le Linee Guida “Il Sistema di Gestione ISO 14001 ed EMAS nella prevenzione dei reati ambientali ex D.lgs. n. 231/2001”.
Le Linee Guida prevedono quattro casi possibili:
1) Rafforzamento del SGA (preesistente) ai fini dello sviluppo del modello 231;
2) Armonizzazione e raccordo tra i due strumenti se già esistenti;
3) Evoluzione del modello 231 verso il SGA;
4) Sviluppo di un percorso unitario per lo sviluppo di un modello integrato 231/2001 – SGA.
Le Linee Guida rilevano come l’avvento del 231, e la sua estensione all’ambito dei reati ambientali, può rappresentare per l’azienda, soprattutto nel caso delle piccole e medie imprese, il primo impulso ad adottare una logica gestionale e un approccio organizzativo nella gestione delle problematiche ambientali. In pratica, si tratterebbe di compiere un importante avanzamento verso una gestione proattiva dei rischi di reato e degli impatti ambientali connessi alle proprie attività.
In quest’ottica un contributo innovativo ed efficace – anche in termini d’individuazione ed eliminazione di diseconomie nella gestione dei flussi di materiali e di energia – può giungere dall’ecologia industriale. Si tratta di una disciplina in rapida crescita che esamina sistematicamente (a livello, locale, regionale e/o globale) i flussi e gli usi di materiali ed energia di prodotti, processi, settori industriali, etc..
Essa si concentra sul ruolo potenziale dell’industria nella riduzione degli impatti ambientali in tutto il ciclo di vita del prodotto: estrazione delle materie prime, produzione e uso dei beni e gestione dei rifiuti prodotti. L’ecologia industriale è ecologica poiché colloca l’attività industriale nel più ampio contesto biofisico (e sociale) da cui si ottengono le risorse e in cui si smaltiscono i rifiuti, e guarda al mondo naturale per i modelli di uso efficiente delle risorse, dell’energia e dei sottoprodotti. Il suo principale (e più noto) strumento applicativo è la Life Cycle Assessment (LCA), ossia la Valutazione del Ciclo di Vita.
La LCA studia l’impatto ambientale di un prodotto o servizio lungo il suo intero ciclo di vita, dalla culla alla tomba (from cradle to grave), attraverso le fasi di estrazione e lavorazione delle materie prime, produzione, trasporto, uso fino allo smaltimento. Quest’analisi permette quindi di migliorare gli aspetti ambientali (e, quasi sempre, anche economici) di prodotti o servizi intervenendo nelle singole fasi del loro ciclo di vita.