A Rossano Ercolini, presidente di Zero Waste Europe e di Ambiente e Futuro, coordinatore del centro ricerca di Capannori e vincitore del Goldman Environmental Prize 2013 – premio che non veniva assegnato a un italiano dal 1998 – abbiamo chiesto di illustrarci come funzione la Strategia “Rifiuti Zero”
Professor Ercolini il suo impegno per l’ambiente, che di recente le è valso anche il premio Goldman in America, è cominciato verso la metà degli anni Settanta, quando fu chiara la sua resistenza alla costruzione di un inceneritore nei pressi dell’edificio scolastico in cui ai tempi insegnava. Fu allora che ebbe inizio la sua battaglia per una gestione sostenibile dei rifiuti, fu allora che ebbe inizio la strategia Rifiuti Zero. Vorrebbe riprendere per i nostri lettori i punti fondamentali e gli obiettivi che si pone questa sfida di cui si fa promotore?
Più che conseguire degli obiettivi, la strategia Zero Rifiuti vuole indicare una corretta direzione da seguire in merito alla questione rifiuti.
Sono dieci i passi fondamentali; innanzitutto, occorre organizzare in modo efficiente la raccolta differenziata, coinvolgendo e responsabilizzando la comunità; la raccolta, poi, deve essere “porta a porta”, unico metodo che consente di raggiungere gli obiettivi minimi, con quote percentuali superiori al 70%; vanno quindi realizzati impianti di compostaggio e riciclaggio per il recupero dei materiali, finalizzati al reinserimento degli stessi nella filiera produttiva. Il quinto passo, invece, riguarda iniziative di tipo comunale tese alla riduzione dei rifiuti, come la diffusione del compostaggio domestico, l’utilizzo dei pannolini lavabili in luogo di quelli usa e getta, l’acquisto alla spina di latte, bevande, detergenti, e altri espedienti similari.
Un punto importante concerne inoltre il riuso e la riparazione: vanno creati veri e propri centri per la riparazione e il riuso di beni durevoli, mobili, vestiti, centri in cui tali prodotti vengano riparati, riutilizzati e venduti. L’assunto di base è che nel cassonetto esiste una vera e propria miniera urbana in cui l’industria deve investire perché può rivelarsi una buona via per uscire dalla crisi, come già accaduto in altre parti del mondo, ad esempio in Nord America.
Per i cittadini virtuosi va poi pensato – e qui arriviamo al punto 7 – un sistema di tariffazione puntuale che premi chi produce meno rifiuti non riciclabili esortando i cittadini quindi a comportamenti ed acquisti più consapevoli e responsabili.
L’ottavo passo, più di altri, ha una sua centralità specifica: il residuo, piuttosto che andare in discarica, va studiato per migliorare ancora la percentuale di scarto. Tutto ciò che non è riciclabile è un errore di progettazione e, come tale, va ripensato perché il prodotto diventi in futuro completamente biodegradabile. Bisogna coinvolgere i produttori e collaborare con loro perché riprogettino i materiali in modo sostenibile.
Proprio per questa finalità, vanno creati dei centri di ricerca e riprogettazione, come quello di Capannori, in cui studiare con attenzione “la pietra di scarto” e arrivare così all’obiettivo finale dell’azzeramento totale dei rifiuti nel 2020. Obiettivo ambizioso, certo, ma possibile. Ci crediamo ogni giorno di più.
Ciò che non può essere riciclato, quindi, non dovrebbe essere affatto prodotto. Come convinciamo il mondo degli industriali della bontà di questo messaggio?
I primi sette passi della Strategia Zero Rifiuti dipendono strettamente dall’impegno dei cittadini, gli ultimi tre invece coinvolgono fortemente i produttori, cui si chiede di superare quegli errori di progettazione che impediscono il totale azzeramento dei rifiuti. Oggi, ad esempio, grazie a dei moderni impianti a freddo, siamo in grado di recuperare dalla discarica residui plastici eterogenei e, sottoponendoli ad una linea di estrusione e stampaggio, ricavarne cassette per l’ortofrutta. Potremo dirci soddisfatti solo quando non avremo più alcuna necessità di discarica. È nell’interesse di tutti riuscire in questo intento.
Quanti Comuni hanno aderito alla Strategia e con quali risultati?
Ad oggi (24 giugno 2013, ndr) sono 135 Comuni per 3 milioni e 520mila abitanti.
Esiste la solita forbice nord-sud? A Napoli quale è il trend?
No, non ci sono differenze smaccatamente territoriali. A Napoli si è deciso di estendere il porta a porta ad altri 150mila abitanti, ma già i risultati conseguiti da quartieri come Scampia o i Colli Aminei – dove la raccolta si attesta sul 70% – sono incoraggianti, segno che se il servizio viene offerto la cittadinanza risponde. E anche con solerzia.
Paul Connett, ideatore della strategia Rifiuti Zero, ha più volte dichiarato che esiste un rapporto direttamente proporzionale tra livello di corruzione di un Paese ed inquinamento. Concorda?
Impossibile asserire il contrario. Un Paese è tanto più inquinato, quanto più apparati politici – per insipienza o malaffare – risultano corrotti e insensibili al problema ecologico. Più, invece, entra in gioco la comunità, più la cittadinanza è attiva, più l’efficacia della raccolta differenziata diventa la regola e non l’eccezione.
Lo scorso 27 marzo è stata depositata in Corte di Cassazione la Legge d’iniziativa popolare sui Rifiuti zero, che ha come obiettivo la riforma organica del sistema di raccolta e smaltimento dei rifiuti. Come è articolata questa proposta e a che punto è l’iter di approvazione?
Proprio il 29 giugno prossimo sarà indetta la Terza giornata nazionale per raccogliere le firme. Al momento sono oltre 60.000 quelle che porteremo sui banchi dei parlamentari che, per la prima volta, discuteranno di un’iniziativa di legge popolare in Parlamento. Confidiamo nella collaborazione di politici attenti, ma a prescindere dal buon esito della proposta, la sola raccolta delle firme è stato un momento di notevole importanza per diffondere, coinvolgere e sensibilizzare i cittadini sull’urgenza di cambiare totalmente registro in materia di rifiuti.