Il fondatore di Last Minute Market spinge sull’educazione contro lo spreco fin dai banchi di scuola: «Così si crea una sana coscienza alimentare»
Professor Segrè, la “nostra” Esposizione Universale è dedicata all’alimentazione dell’uomo e del pianeta. Anche lei ne parla secondo un suo personale approccio nel libro “L’oro nel piatto”. Quale è il legame tra alimentazione umana e risorse naturali?
È forse lo spreco di cibo l’indicatore preciso del rapporto viziato che unisce l’alimentazione alle risorse naturali: la Fao ha calcolato che un terzo della produzione agroalimentare mondiale si “perde” lungo tutta la filiera, dal campo alla tavola. Ciò equivale a uno spreco di natura, di risorse – suolo, acqua, energia – tutte limitate.
Gettando via capitale economico – perché il cibo, lo ricordiamo, è capitale economico – buttiamo via anche parte del capitale naturale.
Ovviamente, questo comportamento non è sostenibile nel tempo.
La sfida di Expo dovrebbe partire da qui, dal ridurre, contrastare, prevenire lo spreco alimentare.
E quanto c’è di questa battaglia in Expo 2015?
Purtroppo molto poco, fatta eccezione per l’iniziativa che si è tenuta ai primi di giugno – all’interno del Padiglione della Biodiversità – insieme con il Ministero dell’Ambiente volta a recuperare il cibo non consumato in una sorta di showcooking.
È testimonianza, invece, della lotta allo spreco la Carta di Milano, un documento partecipato e condiviso che richiama ogni cittadino, associazione, impresa o istituzione ad assumersi le proprie responsabilità per garantire alle generazioni future di poter godere del diritto al cibo, redatto da un ristretto tavolo di coordinamento del ministro Martina.
Il cibo è diventato specie negli ultimi anni “l’argomento” di molte discussioni, iniziative, addirittura più semplicemente l’argomento più up delle conversazioni. Tutta questa attenzione però non ha in qualche modo eroso il valore reale del cibo? Come gli si restituisce valore?
La dimensione e il valore del cibo negli ultimi anni sono stati completamente snaturati, virtualizzati anche a causa dell’ascesa mediatica di quelli che io definisco “spadellatori” che, nelle loro performance finiscono solo per dare visibilità a loro stessi, e non certo per educare al giusto gusto.
Bisogna ritornare al cibo medio.
Il cibo alto – quello degli chef stellati, ad esempio – va bene come riferimento per nutrire il pianeta, ma occorre ridimensionarne l’importanza privilegiando invece il cibo medio che poi vuol dire mediterraneo. Medio, nel senso non solo di non troppo alto, ma anche di non troppo basso, il cosiddetto cibo spazzatura che dovremmo, noi fruitori consapevoli, far scomparire dagli scaffali.
Andrebbe ritarata la dimensione del cibo a livello mondiale perché viviamo oramai in un pianeta allo stesso tempo troppo affamato e troppo sazio.
Restando in tema e in tema di valore, quindi, che peso ha e dovrebbe avere la Dieta Mediterranea di cui il Cilento è la culla?
Cominciamo con il dire che noi italiani non mangiamo affatto mediterraneo, ma da lì dovremmo ripartire.
Mangiare mediterraneo costa cinquanta euro a settimana contro i quarantotto della nostra dieta attuale, fatta di tanti grassi e poche fibre.
Basterebbero quindi due euro in più per una dieta mediterranea sana ed equilibrata, due euro che andremmo a recuperare risparmiando nel tempo sui costi ambientali e sanitari.
Il carrello Mediterraneo rispetta le indicazioni della Piramide alimentare, ricco com’è di cereali, verdura e frutta, e povero di grassi saturi.
Al momento della spesa, dovremmo essere noi a trascinare il carrello e non viceversa, esercitando il nostro potere e non facendoci scegliere dal cibo basso affinché questo non sia piú prodotto.
Ad oggi a che punto è la normativa italiana sul cibo invenduto?
La normativa c’è, ma a mancare è il coordinamento fra i vari Ministeri, perché le istituzioni di fatto non dialogano tra di loro.
Le attività di Last Minute Market invece?
Purtroppo vanno avanti molto bene. Ridurre lo spreco a zero è la nostra frontiera, ma nel frattempo proseguiamo a recuperare il più possibile perché molto viene ancora sprecato.
Per questo sono sempre più convinto che bisognerebbe reinserire l’educazione alimentare nei programmi scolastici perché il mondo della scuola – intendendo con questo gli alunni a partire dalle materne, le loro famiglie e gli insegnanti – rappresenta un 30 per cento della società che potrebbe cambiare non solo il futuro ma anche il presente. Su questa nuova sfida però al momento i risultati sono modesti.
Nessun ministero si è ancora assunto un impegno.
Un’ultima curiosità: che cosa è per lei il buon cibo? Predica e razzola bene?
Da qualche anno metto in pratica quello che “dico” sul cibo. Sono diventato molto rigoroso senza che questo significhi “complicare” il cibo perché si può mangiare bene con poco. Se è vero che il cibo dev’essere considerato un diritto, per tutti, è altrettanto vero che mangiare bene è un dovere. Bisognerebbe rifiutarsi di mangiar male. E io lo faccio, scegliendo cibi semplici e mediterranei.