Necessario un nuovo rapporto di filiera. Il direttore Giovanni De Angelis: «Ne discuteremo durante la nostra prossima assemblea pubblica “Il Filo Rosso del Pomodoro”, in programma a Napoli, presso la Stazione Marittima, il prossimo 24 novembre
La campagna di trasformazione del pomodoro 2023 in Italia si è chiusa con una produzione di 5,4 milioni di tonnellate di prodotto, in leggera riduzione (-1,3%) rispetto al 2022. L’industria di trasformazione ha dovuto fare i conti con una campagna lunga e complessa con costi di produzione che non accennano a diminuire. Quest’anno, a causare notevoli difficoltà è stato il clima sempre più spesso caratterizzato da fenomeni violenti e improvvisi che hanno provocato frequenti fermi fabbrica e allungato il periodo di lavorazione fino ad inizio novembre.
Analizzando nel dettaglio, al Nord il trasformato finale si è attestato a 2,8 milioni di tonnellate (-3% sul 2022), mentre al Centro Sud sono state trasformate 2,6 milioni di tonnellate di pomodoro, un quantitativo in linea con quello della scorsa campagna nonostante un maggiore investimento in ettari (+5%) rispetto allo scorso anno. In entrambi i bacini produttivi si è registrato un peggioramento delle rese agricole, cui è corrisposto un calo anche delle rese industriali dei derivati destinati al consumatore finale dovuto all’esigenza di utilizzare maggiori quantità di materia prima per riuscire a garantire elevati standard qualitativi.
«Quella appena conclusa è stata una delle più lunghe e complesse campagne degli ultimi anni. – dichiara Marco Serafini, Presidente di ANICAV – I continui stop and go legati al susseguirsi di eventi meteorologici avversi, sia nella fase dei trapianti che nel corso della raccolta del pomodoro, hanno prolungato la campagna addirittura fino agli inizi di novembre incidendo in maniera significativa sui costi di produzione industriale, in primis energia e manodopera. Gli aumenti dei costi degli imballaggi primari e secondari, che già nelle precedenti campagne avevano pesato in maniera considerevole sui bilanci aziendali, e l’ulteriore incremento del costo della materia prima hanno ulteriormente peggiorato il quadro. Si tratta di una situazione che avrà sicuramente effetti negativi sulle marginalità delle imprese».
Oltre alla variabile climatica e alle tendenze inflattive, infatti, a pesare sui costi di produzione rimane sempre il costante aumento del prezzo della materia prima che continua ad essere il più alto al mondo. A questo proposito il dialogo con la controparte agricola diventa sempre più difficile.
«La campagna del pomodoro è iniziata subito in salita per le difficoltà legate al raggiungimento di un accordo sul prezzo medio di riferimento della materia prima in entrambi i bacini di produzione e le criticità sono continuate anche nel corso della trasformazione.- dichiara Giovanni De Angelis, Direttore Generale di ANICAV – In particolare al Centro Sud si è registrata una smisurata e ingiustificata lievitazione dei prezzi: una situazione che ha messo in seria discussione il rapporto di filiera che dovrà, a nostro avviso, essere necessariamente riformato».
Su questo importante e delicato tema si incentrerà l’Assemblea pubblica di ANICAV, Il Filo Rosso del Pomodoro, in programma a Napoli, presso la Stazione Marittima, il prossimo 24 novembre. “Verso un rinnovato rapporto di filiera” è il tema scelto per questa giornata nel corso della quale si confronteranno i principali attori del mondo agricolo ed industriale del comparto della trasformazione del pomodoro da industria.
IL COMPARTO IN NUMERI
Quella del pomodoro da industria rappresenta la più importante filiera italiana dell’ortofrutta trasformata e, con un fatturato complessivo (2022) di 4,4 miliardi di euro (3,3 miliardi generati dalle aziende associate ad ANICAV), riveste un ruolo strategico e di traino dell’economia nazionale impiegando circa 10.000 lavoratori fissi e oltre 25.000 lavoratori stagionali, cui si aggiunge la manodopera impegnata nell’indotto.
L’Italia, terzo trasformatore mondiale di pomodoro dopo gli USA e la Cina, resta primo trasformatore di derivati destinati direttamente al consumo finale, rappresenta il 12,2% della produzione mondiale (pari a 44,2 milioni di tonnellate) e il 52% del trasformato europeo.