Il 4 luglio 2017 sono entrate in vigore le nuove disposizioni in materia di antiriciclaggio, previste dal DLGS 90/2017 – attuativo della IV^ Direttiva Antiriciclaggio – che integra e modifica la disciplina contenuta a sua volta nel DLGS 231/2007
Tali nuove disposizioni si sono rese necessarie allo scopo di accrescere gli strumenti a disposizione, per combattere e per dissuadere i fenomeni di riciclaggio di denaro in senso lato, legati al finanziamento del terrorismo e ad altri reati di grande impatto sociale ed economico.
In questo macro ambito, uno dei temi principali disciplinati dal rinovellato DLGS 231 (il “Decreto”), concerne l’adeguata verifica della clientela attraverso, in particolare, l’alimentazione e l’accesso alle informazioni sulla titolarità effettiva di persone giuridiche e Trust (art.21).
In buona sostanza, il Decreto prevede l’obbligo per tali enti di iscrivere al Registro delle Imprese competente ed in apposita sezione ad accesso riservato, le informazioni relative ai propri titolari effettivi, così da renderle disponibili a specifiche categorie di soggetti, enti od Autorità.
Tra gli abilitati all’accesso, oltre ovviamente alle Forze di Polizia, all’Autorità Giudiziaria ed al Fisco, sono ricompresi anche i soggetti obbligati all’adeguata verifica del cliente (Banche fra tutte), nonché i soggetti privati portatori comunque di un interesse meritevole di tutela giurisdizionale.
Un apposito decreto MISE – MEF da emanarsi entro 12 mesi dal 4 luglio, dovrà regolare le modalità di alimentazione e di consultazione di detta sezione riservata, la qualificazione precisa di soggetto portatore di interesse, ma soprattutto dovrà stabilire la data di decorrenza effettiva delle annotazioni, ad oggi non chiara.
Le conseguenze applicative dell’articolo 21 sono molteplici, soprattutto a carico dell’organo amministrativo, viste anche le disposizioni del successivo nuovo articolo 22 commi 2 e 3.
Queste ultime, infatti, obbligheranno le imprese e le persone dotate di personalità giuridica ad ottenere (e conservare per un periodo di minimo cinque anni) le informazioni “necessarie, accurate ed aggiornate”, sui loro titolari effettivi, da fornirsi ai soggetti tenuti agli adempimenti antiriciclaggio.
Tali informazioni dovranno essere raccolte dagli amministratori visionando le scritture contabili, i bilanci, il libro dei soci, le comunicazioni relative all’assetto proprietario, secondo le disposizioni vigenti o utilizzando ogni altro dato a loro disposizione. Non solo ma, nel caso in cui, nonostante le informazioni disponibili, dovessero permanere dei dubbi in ordine alla titolarità effettiva, gli amministratori dovranno fare espressa richiesta di chiarimenti ai soci “in dubbio”.
Poteri ispettivi ampi, dunque, per gli amministratori, che, nei casi incerti, non potranno limitarsi alla mera lettura di documenti “pubblici”, ma dovranno interrogare direttamente i soci coinvolti.
Gli effetti per i casi di inerzia o di rifiuto ingiustificato del socio, nel fornire i chiarimenti necessari ovvero di indicazione di informazioni palesemente fraudolente, sono molto impattanti, ai fini del regolare funzionamento delle assemblee dei soci.
Il Decreto prevede infatti che, in tali casi, il diritto di voto in assemblea dei soci renitenti sia sospeso e quindi non esercitabile, con grave nocumento ovviamente per il going concern della società.
Centrale quindi, sarà la funzione del presidente dell’assemblea, che per legge, è il soggetto chiamato ad ammettere o ad escludere dal voto taluno dei partecipanti, il quale dovrà presumibilmente verificare e richiedere agli amministratori e ai soci presenti, se sussistano elementi per l’applicabilità delle disposizioni penalizzanti.
Qualora invece la diversa titolarità effettiva venisse a disvelarsi successivamente alla delibera assembleare, e questa fosse stata assunta con il voto determinante del socio “non effettivo”, i soci assenti, dissenzienti od astenuti, gli amministratori e il collegio sindacale, potranno chiederne l’annullamento nei 90 giorni successivi alla data di deliberazione, ai sensi dell’articolo 2377 del codice civile.
Dalla breve sintesi del nuovo ennesimo adempimento societario, emerge che, sia i soci, sia gli amministratori dovranno prestare molto attenzione nella “profilazione” dell’assetto proprietario, onde evitare il rischio di delibere irregolari.
Mi riferisco soprattutto – in via meramente esemplificativa – ai casi in cui vi siano sindacati di voto, comunioni azionarie, procure al voto cumulative, usufrutti e in genere, casi, che, sebbene in linea di principio del tutto leciti, possono determinare – di fatto o di diritto ed anche temporaneamente – titolarità effettive differenti da quelle dichiarate.
Ultimo tema è la decorrenza delle disposizioni sopra citate. Il dubbio nasce dalla circostanza che, mentre per l’obbligo della iscrizione alla sezione riservata del Registro delle Imprese (art. 21), la norma prevede espressamente, che occorre attendere l’emanazione di apposito provvedimento ministeriale, identico espresso rinvio non è previsto, invece, per la raccolta delle informazioni sulla titolarità effettiva dei soci prima delle assemblee e sulla sospensione del diritto di voto (art.22 commi 2 e 3).
Una lettura sistematica porterebbe a ritenere che il nuovo armamentario di adempimenti non possa che entrare in vigore dopo il decreto attuativo, tuttavia, non possiamo certo sorprenderci che possa prevalere una idea diversa.
Anche perché in teoria, verifica sui soci e annotazione sul Registro delle Imprese non sono necessariamente adempimenti connessi l’uno all’altro.
Ne consegue che per le assemblee dopo il 4 luglio 2017 (data di entrata in vigore del Decreto), se fossi amministratore qualche verifica formale sui soci la farei.