Sulla fiducia delle imprese pesano caro energia, inflazione, cuneo fiscale troppo alto e indebolimento della domanda globale
Ci aspetta un lungo e complicato autunno, con il nostro Paese in balia di uno scenario economico fuori controllo. L’aumento esponenziale dei prezzi dell’energia, l’inflazione generalizzata, il rialzo dei tassi della Bce, l’indebolimento della domanda globale, lasciano presagire che la recessione sia sempre più vicina e tagliente, con effetti devastanti per le imprese.
A queste emergenze è chiamato a rispondere da subito il nuovo, nascente governo. La crisi morde e il tempo stringe.
Il primo, caldissimo, nodo da affrontare sarà senz’altro il caro energia. A livello europeo, l’ipotesi del tetto comune al prezzo del gas, sommato al disaccoppiamento del prezzo dell’elettricità, sembra al momento di difficile attuazione per mancanza di un altrettanto comune consenso. In attesa che si chiarisca la linea europea, spetterà dunque al governo italiano mitigare gli effetti dei rincari energetici. Se la disponibilità del gas non dovrebbe essere un problema – grazie all’aumento delle consegne da parte di Azerbaijan, Algeria e altri Paesi – anche se la Russia dovesse ulteriormente tagliare le esportazioni verso l’Italia, a preoccupare resta il prezzo, autentica spada di Damocle sia per le famiglie, sia per le imprese sempre più costrette a programmare – e non solo a minacciare di farlo – blocchi alle attività.
Un primo argine su questo versante è stato posto, grazie al lavoro di Confindustria, nel Decreto Aiuti ter con il riconoscimento alle imprese di un credito di imposta fino al 40% della spesa sostenuta per l’acquisto del gas consumato a ottobre e novembre 2022, provvedimento che ci auguriamo non solo venga convertito in legge dal nuovo esecutivo, ma esteso e rafforzato anche nei mesi a venire.
Altra questione da affrontare sarà l’aumento poderoso dell’inflazione.
I dati Istat confermano che, lo scorso agosto, il caro prezzi ha raggiunto quota 8,4%, il tasso più alto registrato dalla fine del 1985. Incidere sul cuneo fiscale, detassando gli stipendi e gli aumenti contrattuali nei rinnovi, diventa allora indifferibile perché le famiglie recuperino parte del loro potere d’acquisto.
Altro importante banco di prova per il futuro Parlamento sarà poi la manovra economica, da approvarsi entro il 31 dicembre. La posta in gioco è altissima. In ballo c’è la terza tranche di risorse – circa 19 miliardi di euro – legata al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Una occasione, come più volte ribadito, che non possiamo permetterci di perdere e che potrebbe cominciare a dispiegare la sua forza positiva a partire dal 2023.
In ultimo, ma non per ultimo, ci auguriamo che il nuovo governo metta mano a una vasta opera di sburocratizzazione, capace di imprimere una sferzata positiva al superamento di iter inspiegabilmente lunghi e intricati che ingessano le imprese, congelandone la crescita.
Buon inizio allora a chi si è proposto per “risollevare l’Italia”. Le imprese, quelle che creano “buon lavoro” come lo chiama Papa Francesco, si aspettano proposte concrete, responsabilità istituzionali e, soprattutto, serietà.