Banca Campania Centro, il futuro viene da lontano

L’Istituto, nonostante i cambiamenti imposti dalla normativa, resta mutualistico, attento e vicino al territorio e all’economia locale

 

Buona impresa, buona banca e buona cooperativa. È questa la triplice missione di Banca Campania Centro, nata pochi anni fa ma con una storia centenaria alle spalle. Delle fondamenta e delle proiezioni future ne abbiamo parlato con il presidente Camillo Catarozzo che, più di tutto, del suo istituto ama sottolineare la vicinanza all’economia locale, ai bisogni del terzo settore, delle piccole imprese e delle famiglie.

 

Presidente, Banca Campania Centro è nata da pochi anni ma ha una storia che viene da lontano. Ad oggi resta una banca cooperativa e mutualistica?

La nostra storia comincia nel 1914, quando un gruppo di contadini con intenti chiari e definiti decide di concentrare e coordinare le proprie azioni verso un comune obiettivo: creare una cooperativa fondata sul lavoro. L’origine laica dell’allora Cassa Agraria di Prestiti di Battipaglia l’ha resa sempre diversa dalle altre consorelle, ma uguale a sé stessa nel tempo. Pur diventando “banca” nel Dopoguerra, non è mai mancato infatti lo spirito di coesione tra i soci. Non è venuto meno neanche ora che abbiamo dovuto realizzare tante fusioni, non tutte senza strascichi. Nell’operato, le difficoltà non mancano di certo, specie quelle strutturali derivanti dalle rigidità imposte dalla BCE, ma oggi come allora il nostro primo valore è il contributo alla crescita economica e sociale della nostra area di riferimento – il centro della Campania, con una maggiore diffusione nelle province di Salerno e Avellino – e il sostegno costante all’imprenditoria locale, che ci auguriamo viri sempre di più verso l’autoimprenditorialità innovativa. Oggi, con più di 8000 soci, aderiamo al Gruppo Bancario Iccrea e, in termini di patrimonio, siamo i secondi al Sud. Per noi il faro resta quello di reinvestire dove raccogliamo, secondo il nostro mantra: buona banca, buona impresa e buona cooperativa. Pertanto, sì, restiamo un istituto mutualistico che si realizza assistendo.

Sia il destinatario dei nostri investimenti il terzo settore, una impresa o un privato. Un progetto cui teniamo molto e che somiglia alla nostra identità è, a titolo esemplificativo, quello di mediazione e supporto ai migranti. Attraverso uno sportello attivo presso la sede centrale di Battipaglia, nato dalla collaborazione con un’associazione di volontariato e i loro mediatori culturali, garantiamo non solo assistenza per attività strettamente economiche, ma anche sostegno in tutte quelle esigenze sociali che possono favorire l’inclusione e l’integrazione nella legalità. Siamo l’unica banca in Italia ad aver attivato un ufficio del genere. La nostra anima mutualistica non è mai entrata in crisi, neanche nel pieno dell’emergenza covid-19, quando abbiamo impiegato 100mila euro per l’allestimento di 5 terapie sub-intensive per l’ospedale di Eboli o quando abbiamo avviato una raccolta fondi (35.000 euro) destinati all’acquisto di attrezzature per i nosocomi di Battipaglia e Salerno.

Come è cambiato il mercato del credito e il ruolo delle banche nell’era Covid?

Non so come siano cambiate le altre, ma della nostra banca posso dirle che ancor prima di imposizioni governative, senza guardare al pregresso, noi abbiamo reso immediatamente disponibili quindicimila euro per le imprese e prorogato i mutui accesi presso di noi. Abbiamo provato da subito a dare il nostro contributo per arginare in parte i costi sociali ed economici che purtroppo non tarderanno ad arrivare.

A farne le spese saranno senz’altro le fasce meno protette e quindi le famiglie a basso reddito, le famiglie monoreddito, le persone anziane con livelli di copertura pensionistica bassi perché è evidente che questa crisi ha colpito e colpirà in maniera selettiva e diseguale. Per quanto riusciremo a fare, saremo ancora più vicini a quanti già versavano in uno status economico disagiato.

Siamo inoltre convinti che bisogna puntare sempre di più sul terzo settore, sul terziario avanzato, ambiti in cui i nostri giovani soci stanno sviluppando interessanti progetti, e su un’agricoltura che sappia anche essere “sociale”.

È su idee di questo genere che può fondarsi il dopo Covid.

Quale sarà il ruolo della Fondazione?

La Fondazione è nata all’incirca tre anni fa proprio per assolvere con pienezza alla nostra missione di impegno nel sociale. Da tempo volevamo mettere in piedi un osservatorio economico, coadiuvato a latere da un centro studi, per renderci conto di dove sta andando l’economia del territorio e magari indirizzarla, sostenerla, orientarla verso l’innovazione e l’autoimprenditorialità. Il progetto, promosso dalla nostra Fondazione Cassa Rurale Battipaglia e da Banca Campania Centro, è realizzato in collaborazione con il CELPE – Centro Interdipartimentale di Economia del Lavoro e Politica Economica – dell’Università degli Studi di Salerno e la Fondazione Saccone, e patrocinato da Camera di Commercio di Salerno, Confindustria Salerno, Ordine Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Salerno. C’è bisogno di fare sistema e di irrobustire la cultura di impresa.

Di questo ne siamo certi. Nel corso degli anni abbiamo finanziato splendide idee divenute impresa e vogliamo continuare a farlo. È questo il futuro per il nostro territorio, non altri.