Bellezza e sicurezza, la Costiera si conferma Divina

Per Vito Cinque, general manager de Il San Pietro di Positano e vicepresidente di Confindustria Salerno: «È stata un’estate di conferme e di sorprese. Il nostro non è un turismo a sola trazione americana. Nuove nazionalità si affacciano sulla nostra destinazione anche grazie all’esplosione dei social»

 

Dottor Cinque, come è andata la stagione estiva 2021 per il comparto luxury della Costa d’Amalfi e, più in generale, per le strutture alberghiere del territorio salernitano?

Le presenze in Costiera hanno superato le aspettative, come del resto in tutta la provincia anche se siamo lontani dai flussi del 2019. I risultati raggiunti hanno una valenza economica ma soprattutto etica, considerando il delicato periodo che abbiamo attraversato e che stiamo ancora vivendo. La riapertura del turismo è partita a maggio per le strutture stagionali, un inizio di stagione con un cauto ottimismo per poi migliorare significativamente. Il segmento lusso era pronto a viaggiare da tempo ma le restrizioni lo avevano frenato, anche se non del tutto azzerato: molti clienti ci contattavano disperati per non poter tornare in Costiera e appena c’è stata l’opportunità non hanno voluto mancarla. Anche il Cilento, soprattutto costiero, si è difeso bene, valorizzato da un mercato italiano in grande fermento mentre quello straniero risultava carente.

Oltre al turismo italiano, quali mercati internazionali hanno scelto la Costa d’Amalfi? Ci sono state sorprese in tal senso?

I flussi per nazionalità sono stati fortemente condizionati dai requisiti imposti dai paesi di provenienza, mentre da parte italiana le restrizioni sono state allentate in tempo per la stagione estiva. Siamo stati, infatti, tra i primi paesi ad accettare viaggiatori da (quasi) tutto il mondo. Fino a giugno gli Americani erano impossibilitati ad entrare. Poi, decaduti gli obblighi, gli arrivi dagli Stati Uniti sono tornati a livelli quasi pre-pandemia. Al contrario, il Regno Unito ha inasprito le misure contenitive con un crollo di presenze britanniche (storicamente un buon mercato), mentre continua la marcata assenza degli Australiani che erano in costante crescita fino al 2019. In compenso, nuove nazionalità continuano ad affacciarsi sulla nostra destinazione confermando la tendenza già in vigore da qualche anno, grazie all’esplosione dei social che confermano l’alta versatilità della Costiera: si rafforzano le presenze russa, araba e balcanica.

All’estero è cambiata la percezione dell’Italia con la pandemia?

Sostanzialmente no. È invece molto cambiata in Italia. Se gli stranieri continuano a vederci come il paese bello e godibile del loro immaginario classico, gli italiani hanno preso maggior coscienza di una bellezza spesso sottovalutata da un atteggiamento esterofilo e disfattista che li ha portati per anni a cercare altrove quello che in patria era a portata di mano.

Il Covid ha ridisegnato con termini nuovi l’offerta turistica. Quali cambiamenti sono destinati, secondo lei, a durare sia nella fruizione, sia nella proposta da parte degli operatori?

A seguito dell’emergenza sanitaria, gli operatori turistici hanno nettamente potenziato i temi di salute e sicurezza dei viaggiatori. Sono stati adottati – e in alcuni casi addirittura creati – nuovi protocolli focalizzati alla salvaguardia della persona che verranno in gran parte mantenuti anche quando l’emergenza sarà terminata. Per esempio, alcune aree come la spiaggia attrezzata o la piscina disconoscono il sovraffollamento a favore di una presenza contingentata che anche in futuro permetterà una fruizione rinnovata e sostenibile dei servizi.

Per compensare le perdite avute nelle ultime due stagioni le strutture ricettive allungheranno i tempi di attività?

Forse qualcuno lo farà ma nella maggioranza dei casi rispetteranno le chiusure previste. In molti casi la destagionalizzazione non è possibile. E non per scelta. Per esempio, al San Pietro abbiamo necessità di chiudere per focalizzarci a migliorare l’ospitalità della stagione successiva. Alcuni interventi possono essere fatti solo durante l’inverno o comunque ad albergo vuoto per cui non è auspicabile neppure una chiusura parziale o momentanea. E poi non dimentichiamo che in Italia il costo del lavoro è tra i più alti in Europa. La destagionalizzazione ha bisogno di un adeguamento degli standard e dei servizi all’interno delle strutture per il quale non abbiamo gli strumenti urbanistici idonei.

E per il futuro? Quali iniziative, come operatori del settore, avete in programma e quali azioni, invece, ritenete debba mettere in campo il governo per sostenere il settore?

La pandemia ha comportato una crescita esponenziale degli strumenti digitali che nel turismo si sono tradotti in eliminazioni di disservizi quali code e assembramenti. In pratica, strumenti già da tempo utilizzati dalle compagnie aeree, sono stati importati in larga scala da alberghi e ristorazione. Il web check-in, storicamente associato ai soli voli, sì è rapidamente esteso alle strutture ricettive così come la prenotazione on line è diventata normale per il ristorante, snellendo fino al 70% i tempi di attesa all’arrivo in struttura. È interesse degli operatori incentivare questi mezzi che risultano in una maggiore percezione di qualità. Il Governo può accrescerne l’interesse e la fruizione potenziando la copertura internet nel Paese e facilitando le esigenze di connettività sempre più elevate. Sarebbe auspicabile che il Governo creasse una legge speciale sul turismo per superare i limiti degli attuali strumenti urbanistici, consentendo agli alberghi italiani di adeguarsi agli standard europei nel pieno rispetto del territorio.