Il nuovo presidente di Confindustria si è imposto grazie alla capacità di ascolto, di inclusione e al senso di squadra. L’Associazione ha ora davanti a sé l’occasione di riposizionarsi e di contribuire a riaprire la strada dello sviluppo per il Paese, por tando in primo piano
«Si nasce piccoli, ma poi si deve puntare a diventare grandi». Queste parole sono uno stralcio dell’intervista – che leggerete nelle pagine seguenti – a Vincenzo Boccia,presidente di Confindustria. Sono la sintesi di un suo passaggio sulla necessità per le imprese, oggi, di crescere per reggere la competizione, ma potrebbero essere anche la perfetta didascalia della sua storia personale e associativa che parte da lontano. Da Salerno. Da quando era “piccolo”. Il suo percorso in Confindustria comincia nel 1994 quando, appena trentenne ma già ai posti di comando dell’azienda di famiglia – la Arti Grafiche Boccia, specializzata nella stampa di periodici, quotidiani, cataloghi e cartotecnica – Enzo diventa presidente dei Giovani Imprenditori salernitani e vice presidente dell’Associazione.
Da qui ha inizio la sua lunga carriera nel sistema confederale nazionale che lo ha visto, tra le altre cose, dal 2009 al 2013 presidente della Piccola Industria. Consenso dopo consenso, con impegno e senso di responsabilità, le sfide vinte sono state molte di più di quelle dove non è arrivato primo. Intelligente e carismatico, Enzo ha mostrato nel tempo di essere un grande animatore di dibattiti non urlati, di credere nella forza del gruppo e nella quasi sacralità del sistema associativo, dove chi fa il capo non deve necessariamente imporsi in una gara di popolarità, quanto piuttosto convincere – con i fatti – di sapere dirigere al meglio la squadra.
Nei mesi scorsi il piccolo imprenditore è diventato grande, affrontando e superando la prima parte dell’obiettivo più motivante fin qui datosi: arrivare al vertice di Confindustria. Il grosso viene, infatti, ora. Nel corso dei prossimi quattro anni, il presidente Boccia dovrà portare a compimento le priorità indicate nel suo ampio programma che spazia dal fisco, al credito, dalla politica industriale alla riforma costituzionale, dall’energia fino ad arrivare all’Europa.
Tra tutti, un tema in particolare sentiamo più nostro: la modernizzazione dell’organizzazione del lavoro. Il presidente Boccia nella relazione tenuta durante l’assemblea annuale della confederazione degli industriali il 26 maggio scorso ha sottolineato come «agli aumenti retributivi debbano corrispondere aumenti di produttività. Con i profitti al minimo storico, lo scambio “salario/produttività” è l’unico praticabile». Lo abbiamo detto più volte e qui lo ripetiamo: se abbiamo perso competitività negli ultimi 20 anni, non è esclusivamente perché abbiamo un costo del lavoro elevato, ma perché siamo stati scarsamente produttivi. Aumentare la produttività significa anche migliore utilizzo degli impianti, crescenti quote di retribuzione collegate al merito e ai risultati dell’impresa. Per questo, riteniamo che debba essere sostenuto il percorso di consolidamento del ruolo e del peso della contrattazione aziendale, capace di creare maggior valore da redistribuire ai lavoratori, attraverso elementi sia retributivi in senso stretto, sia di “welfare”.
Crediamo, pertanto, che la proposta di rinnovamento contrattuale di Federmeccanica – ben spiegata dal direttore Stefano Franchi nelle pagine 8 e 9 – sia condivisibile e confidiamo in un’intesa con il sindacato.
L’avventura del nuovo presidente di Confindustria è appena cominciata ma, siamo certi che, con la memoria del passato e la consapevolezza del presente negli occhi, Vincenzo Boccia sarà in grado di portare molto avanti il futuro delle nostre imprese e del Paese.