La Corte Costituzionale tedesca boccia la legge federale a tutela dei diritti fondamentali delle “future generazioni”
Il contributo degli esseri umani al riscaldamento globale è una certezza scientifica da tempo, per i vari processi di industrializzazione che hanno avuto una crescita repentina negli ultimi due secoli e ancor di più negli ultimi 50 anni.
Il 2018 – come noto – è al quarto posto nei 30 anni più caldi della storia recente: di questi, 25 sono occorsi dopo il 1990. Se la certezza scientifica è un dato ormai acclarato, con maggiore lentezza si stanno muovendo la politica e, di rimando, i giuristi, chiamati a dare risposte che, come è facile intuire, devono essere rapide e condivise su temi così decisivi. Il movimento di opinione su questi argomenti pur essendo trasversale è caratterizzato in larga parte, come intuibile, da una consistente presenza giovanile.
La pubblicazione dell’importante sentenza della Corte Costituzionale tedesca del 24 marzo 2021, che ha bocciato la legge tedesca esecutiva degli Accordi di Parigi del 2015, è l’occasione di una riflessione importante. La Corte Federale Costituzionale di Karlshure si è pronunciata sulla incostituzionalità della legge tedesca che aveva preso atto degli Accordi di Parigi, ridefinendo i “limiti di emissione annuali” di gas serra fino al 2030, affermando l’esistenza di un vero e proprio “diritto delle future generazioni” rispetto alle misure che lo Stato deve assumere – oggi – per preservarle dagli effetti dei cambiamenti climatici. La massima Corte tedesca ritiene che l’obiettivo della riduzione del 55% delle emissioni entro il 2030 rispetto a quelle del 1990, un tempo ambizioso, in realtà oggi porrebbe a carico delle future generazioni sforzi più gravosi e urgenti dopo il 2030.
Le drastiche restrizioni dopo il 2030 infatti minaccerebbero tutti gli aspetti della libertà e della vita umana, criticità di cui è necessario farsi carico. La sentenza ha avuto grande risalto non solo in Germania, ma nel mondo intero, riaccendendo lo scontro in politica e imponendo nel dibattito pubblico il diritto delle “future generazioni” con maggiore forza. La sostenibilità ambientale, anche per quanto detto, dovrà essere la cifra più rilevante del costituzionalismo, del diritto amministrativo moderno oltre che ovviamente, del nuovo diritto internazionale, anche se queste distinzioni, in una macro-materia come l’ambiente, sono e diventeranno comunque improprie. Il tema è fondante, riguarda l’umanità intera e le istituzioni pubbliche e private tutte.
Senza perdersi in approfondimenti che porterebbero lontano, proprio perché si tratta di un tema assolutamente interdisciplinare, focalizziamo la parte conclusiva dello scritto su quello che oggi si sta facendo in Italia e quello che si dovrà immaginare prima o poi. Il nostro Parlamento, come sta avvenendo anche in altri Paesi, sta introducendo nei Principi fondamentali della Costituzione, nello specifico nell’art. 9, la tutela dell’ambiente. La proposta di modifica, coinvolge anche l’art. 41 della Costituzione che, nella formulazione rivisitata, conterrebbe nuovi limiti alla libertà di iniziativa economica, con il divieto di recare danni alla salute e all’ambiente.
Nel disegno di riforma, vi è un riferimento alla generazioni prossime. La proposta di revisione costituzionale appare però ancora timida. La pandemia globale, che ha messo a dura prova l’universalità del diritto alla salute pubblica, è particolarmente propizia perché l’intero impianto dei diritti costituzionali possa essere ridisegnato. Non si può prescindere di fronte ad un cambiamento climatico dai diritti delle future generazioni e cioè da quelle conseguenze che un domani avranno uomini e classe dirigenziale che subiranno il maggior peso degli eventi. Questo è bene che entri nelle proposte di riforma con maggiore forza e chiarezza.
Si vuole modificare l’art. 9, come è noto, ampliando il concetto di tutela ambientale, e l’art. 41 prevedendo iniziative economiche pubbliche ma che non possono svolgersi in contrasto anche arrecando danni alla salute e all’ambiente.
Tuttavia l’argomento è così ampio da dover interessare la revisione e riscrittura anche del concetto di uguaglianza (art. 3), del lavoro, la cui tutela verrà messa a dura prova (artt. 4 e 35) e della salute (art. 32). Inoltre non mancheranno in futuro necessarie riflessioni sulle stesse istituzioni democratiche e quelle internazionali. Le prospettive, anche sul piano costituzionale, appaiono evidenti o meglio inevitabili: se come pare certo, i cambiamenti stanno avvenendo sotto i nostri occhi e si aggraveranno nell’arco di qualche decennio, la nostra generazione deve farsi carico di qualcosa di più e preparare la prossima.
Bisogna quindi chiedersi se in uno scenario certo difficile avranno ancora senso – nella attuale visione – gli Stati e le Costituzioni nazionali. Appaiono già oggi prospettive di un Governo dell’Umanità. Sarà la fine dei nazionalisti e sovranismi?
Certamente è prossima la fine dei confini, e questo nel senso della necessità di scelte sovranazionali anche per la forte immigrazione che sarà il drammatico corollario. É un tema enorme che incide sulla natura dell’uomo e delle forme democratiche e delle regole, si dovrà giungerà inevitabilmente a chiedere – e fare – un salto in avanti. É questa, mi pare, la più importante delle questioni a tutela delle future generazioni. Il grande tema sarà la nuova coscienza della precettività immediata dei trattati e degli accordi internazionali se non la nascita di nuovi organismi le cui regole, anche di rappresentanza, vanno scritte daccapo, perché non basteranno neanche gli attuali poteri dell’ONU.
C’è bisogno di una nuova coscienza planetaria da diffondere, che pone al centro della riflessione il tema del cambiamento climatico e della crisi ecologica. Una nuova era che è già definita dell’Antropocene, con l’uomo e i suoi limiti al centro, termine coniato da molti anni dal Nobel alla Chimica Paul Crutzen, per indicare l’ingresso in una nuova fase nella quale l’umanità influenza gli equilibri naturali del sistema terrestre producendo conseguenze per decine di millenni a venire.