Tante le possibili applicazioni dell’AI che, attraverso algoritmi avanzati di apprendimento automatico, è capace di elaborare testi e risposte molto simili a quelle umane. Molteplici anche le aree grigie che questa e tecnologie equivalenti presentano in relazione al rispetto di norme quali il diritto d’autore e la privacy
Dal suo lancio nel novembre scorso, il sito web di OpenAI– la società che ha sviluppato Chat GPT e altre funzionalità basate su GPT-3 – ha ricevuto 304 milioni di visite in tutto il mondo (fonte Similarweb) e oltre 3,5 milioni provengono dall’Italia.
L’efficacia dimostrata e le possibili applicazioni sono state però inevitabilmente affiancate da un intenso dibattito non solo sulla qualità delle risposte fornite, ma anche sulle implicazioni etiche, legali, educative e professionali del loro utilizzo.
Dalle fasi di addestramento dei linguaggi a quelle di predisposizione delle funzionalità per gli utenti finali, dall’integrazione in strumenti quali i fogli di calcolo o la posta elettronica, molteplici sono infatti le aree grigie che Chat GPT e le tecnologie equivalenti presentano in relazione al rispetto di norme quali il diritto d’autore e la privacy.
Inoltre, tali tecnologie si basano sul linguaggio e presentano i relativi limiti di tale origine: basta chiedere a Chat GPT di fare 10 + 10 poi incalzarlo, di fronte alla risposta corretta, per chiedergli se ne è davvero sicuro e il bot si rivelerà affetto da un bias congenito: pur continuando a riportare il calcolo esatto, la macchina infatti si scuserà perché essa si limita a combinare statisticamente le parole e porgerà delle scuse semplicemente perché spesso, nelle conversazioni, esse seguono alle accuse.
La formulazione delle domande dunque è cruciale sia per delimitarle ad ambiti di applicazioni rilevanti, sia per apprendere ad applicare schemi di istruzione codificati. Dalla richiesta al bot di “mettersi nei panni” di un certo ruolo al tono che il sistema deve adottare nel proporre suggerimenti, nel futuro forse la capacità di “avviare un prompt” diventerà una competenza necessaria e diffusa, come fare una ricerca su Google.
Trascrivere e riassumere un video o sbobinare un audio con Whisper, modificare immagini con Dall E, differenziare testi e contenuti con Copy.ai e integrare Chat GPT in Word o Excel per potenziarne le funzionalità sono competenze che fino a poco tempo fa risultavano impossibili da sviluppare.
Il successo di Chat GPT alza dunque l’asticella sulla preparazione richiesta alle persone, alle aziende e alle organizzazioni così da adattarsi all’apertura dei nuovi orizzonti nell’Intelligenza Artificiale e, al contempo, a coglierne le opportunità sul piano della produttività personale, della comunicazione, dello sviluppo informatico parallelamente al cautelarle da usi malevoli quali gli attacchi informatici, i tentativi di phishing, la contraffazione, le recensioni false.
Se questo cambiamento può apparire inverosimile, giova ricordare le parole del filosofo Cosimo Accoto secondo il quale viviamo nell’Era della Simulazione: un oggetto d’arredo, un gioiello, un macchinario prima di esistere nella realtà fisica, sono stati progettati come file digitali e perciò, in quanto tali, non solo possono avvalersi fin dalla loro progettazione delle funzionalità basate sulla IA ma, se sono oggetti connessi in Rete, possono incorporarla sia nel rapporto con l’uomo, sia nel rapporto con un altro oggetto.
A ciascuno di noi e alle comunità alle quali apparteniamo la sfida di cogliere l’opportunità rappresentata da Chat GPT preparandosi al contempo delle minacce che solleva.