Nel periodo tra la metà del 2013 e la fine del 2015, vanno spese risorse per circa 30 miliardi di euro, senza contare che dal primo gennaio 2014 prenderà il via anche il nuovo periodo di programmazione 2014-2020, nel corso del quale il nostro Paese potrà contare su oltre 28 miliardi di euro di fondi strutturali, di cui oltre 20 per le sole Regioni meridionali, maggiormente in ritardo
L’economia del Mezzogiorno soffre pesantemente il perdurare della crisi e rischia di non cogliere i primi segnali di ripresa. Secondo i dati del Check-Up Mezzogiorno, pubblicati da Confindustria e SRM – Studi e Ricerche per il Mezzogiorno – presentati lo scorso 18 luglio al Ministro per la Coesione Territoriale Carlo Trigilia, al Sud solo nei primi 3 mesi del 2013, hanno chiuso i battenti quasi 50mila imprese, 552 cessazioni al giorno. In totale con la crisi, dal 2007 al 2012, nel Mezzogiorno si sono registrate 131mila cessazioni con un saldo netto negativo di 15mila imprese perse.
Le imprese che ce la fanno, e si rafforzano anche durante la crisi, sono quelle di medie dimensioni, mentre le piccole fanno più fatica. Nel 2011 il fatturato delle PMI è stato del 6,2% inferiore a quello del 2007, mentre le imprese medie hanno registrato l’andamento migliore, specie nel Mezzogiorno, con un aumento del fatturato dell’11% rispetto al 2007.
La ripresa dell’export spiega parte importante di questi risultati differenziati. Dopo il calo del 2009, nel Sud le esportazioni hanno ripreso a crescere raggiungendo nel 2012 il valore più alto degli ultimi 6 anni (46,4 miliardi +8,1%). Ma sono soprattutto le imprese più strutturate a cogliere meglio questa opportunità. Le dinamiche creditizie restano negative: gli impieghi nel Mezzogiorno continuano a scendere (8 miliardi in meno nel corso del 2012) mentre i crediti in sofferenza sono ormai arrivati a 30 miliardi, pari al 10,4% del totale.
La crisi si riflette sulla società meridionale: la disoccupazione nel Mezzogiorno nel primo trimestre 2013 ha raggiunto il 20% e cresce l’incidenza delle famiglie in povertà assoluta (l’8% del totale).
Anche nel Mezzogiorno come nel resto del Paese, i dati mostrano che è stato probabilmente raggiunto l’apice della crisi. Mentre si iniziano a registrare i primi, timidi, segnali di fiducia, è importante mettere in campo misure immediate e di lungo termine per non perdere la fase del rimbalzo economico che potrebbe arrivare a fine anno.
I fondi strutturali europei sono una fonte finanziaria cruciale in questa fase. Una fonte che rischia di andare sprecata a causa dei gravissimi ritardi nell’utilizzo, in particolare in alcune regioni. È necessario proseguire con vigore sulla strada dell’accelerazione e della riprogrammazione intrapresa dall’ex Ministro Barca, e oggi sostenuta dal Ministro Trigilia.
Nel periodo tra la metà del 2013 e la fine del 2015, vanno infatti spese risorse per circa 30 miliardi di euro, senza contare che dal primo gennaio 2014 prenderà il via anche il nuovo periodo di programmazione 2014-2020, nel corso del quale il nostro Paese potrà contare su oltre 28 miliardi di euro di fondi strutturali, di cui oltre 20 per le sole Regioni meridionali, maggiormente in ritardo.
È prioritario difendere la base produttiva. Questo deve essere il punto fermo dell’azione del Governo sul Mezzogiorno: un utilizzo pieno ed efficace dei fondi strutturali, concentrato in particolare su impresa e lavoro. Il loro utilizzo però deve essere mirato: rifinanziamento del Fondo di Garanzia e ricapitalizzazione dei Confidi; sostegno agli investimenti delle imprese e agli acquisti di macchinari; riapertura dei cantieri di piccole e grandi opere; realizzazione dei Grandi Progetti infrastrutturali. Sono queste le quattro priorità su cui concentrare le risorse.
Dati della Banca d’Italia dimostrano che per ogni 100 euro spesi nel Sud, 40 alimentano la domanda verso le imprese del Centro-Nord: si tratta di un’opportunità fondamentale per ridurre il divario meridionale, ma anche per dare slancio all’efficienza dell’intero sistema-paese.