Come funziona la nuova tassa minima delle multinazionali

Se ne discute da anni: il tax rate dei giganti economici presenti nel nostro Paese è troppo basso rispetto a quello subito dalle piccole e medie imprese italiane. 

Esse, come ribadito da anni dai consulenti di Metatasse, risultano essere tra le più tartassate in Europa, con un livello di pressione fiscale semplicemente impensabile altrove. Il tema è tutt’altro che facile, avendo a che fare con multinazionali che tendono a comunicare unicamente i profitti a livello globale, e non quelli ottenuti nei singoli Paesi, nonché con eventuali e temute fughe dei profitti verso i famosi “paradisi fiscali”, cioè verso giurisdizioni che garantiscono condizioni fiscali particolarmente vantaggiose.

Non si tratta solo di paure ma di un dato di fatto: confrontando le varie indagini fatte negli ultimi anni, gli esperti di Metatasse spiegano che è verosimile ritenere che il carico fiscale delle PMI italiane sia quasi il doppio di quello delle multinazionali presenti nel nostro Paese.

Certamente in Italia questo problema è particolarmente sentito, proprio per via delle alte aliquote con cui hanno a che fare le imprese. Ma è allo stesso tempo vero che questo problema riguarda tantissimi Paesi. Da qui la messa a punto della nuova architettura fiscale globale, così come negoziata da 140 Paesi in sede OCSE, dopo essere stata ipotizzata durante G7 e G20: si parla di fatto della creazione di una tassa minima globale per le multinazionali pari al 15% sui profitti che entrerà in vigore a partire da gennaio 2004 e interesserà tutti i gruppi nazionali e multinazionali che hanno conseguito un fatturato di 750 milioni di euro nel nostro paese.

Il governo italiano, da parte sua, è stato chiamato come gli altri ad adeguare la propria normativa, così da poter inserire la direttiva dell’Unione Europea sulla global minimum tax. Va peraltro detto che la stessa architettura fiscale globale prevede anche la possibilità, per i singoli Stati, di tassare autonomamente il 20% di profitto superiore al 10%. Per molti – a partire per esempio dalla Commissione per la riforma della tassazione delle multinazionali – questa svolta fiscale rappresenta un compromesso che lascia un po’ di amaro in bocca, una mezza occasione persa.

La stangata alle multinazionali non sembra quindi particolarmente sonora, con i giganti economici che continueranno quindi ad affrontare carichi fiscali minori rispetto alle piccole e medie imprese italiane. Va però detto che le PMI non devono per forza starsene ferme a guardare: il modo per ridurre le tasse in modo concreto e legale e per rendere la concorrenza meno iniqua, sottolineano i consulenti di Metatasse, esiste.

E funziona in modo del tutto trasparente. Il metodo Meta di Metatasse si fonda sulla programmazione fiscale, sull’analisi preliminare approfondita della situazione dell’impresa e su una successiva pianificazione dei passi da effettuare per ottenere il maggiore risparmio fiscale possibile.

Tra gli strumenti utilizzati da Metatasse per ridurre le tasse delle aziende assistite ci sono il welfare aziendale, la registrazione del marchio, il registro delle trasferte, nonché la gestione efficace degli utili, del trattamento di fine mandato, dei compensi degli amministratori e altro ancora, nella consapevolezza che l’ordinamento fiscale italiano offre una lunga serie di opportunità di risparmio attraverso detrazioni e deduzioni. Alle aziende servono unicamente dei consulenti esperti in grado di aiutare a coglierle.