Commodity, il virus dei rincari

Non accenna ad arrestarsi la febbre dei prezzi delle materie prime che, nelle ultime settimane, ha raggiunto livelli intollerabili e non più sostenibili per le casse di quasi tutti i comparti produttivi, che si tratti di acciaio, plastica, rame, cartone, legno o grano

 

Secondo il Commissario europeo Paolo Gentiloni nel 2021 il Pil italiano aumenterà del 4,2% grazie a Recovery Plan e vaccini. In attesa che questa previsione ottimistica si realizzi, tutto il manifatturiero italiano è nel vortice di folli rincari dei prezzi delle materie prime da mesi ormai, con ostacoli nella catena di approvvigionamento e distribuzione, e tempi medi di consegna allungati del doppio rispetto a un anno fa.

Una febbre che ha più cause scatenanti, di cui il dilagare del coronavirus è solo la più evidente. La pandemia ha infatti senz’altro determinato, nella prima metà del 2020, un brusco e generale calo dei consumi e quindi della produzione, propagatosi inevitabilmente lungo l’arco della catena produttiva, fino a raggiungere la produzione di componenti e di materie prime nei paesi più lontani.

Successivamente, quando la domanda è tornata a crescere, non lo ha fatto in maniera omogenea nelle diverse aree geografiche mondiali. La voracità della Cina, cui va il primato del ritorno alla crescita post Covid-19, è stata determinante nell’innalzamento dei prezzi delle commodity e nello shortage di materie prime, ma anche di semilavorati e prodotti finiti. Ambedue i fenomeni hanno quindi cominciato prepotentemente a farsi sentire nel nostro Paese, spingendo il tasso di inflazione dei prezzi di acquisto fino a raggiungere livelli intollerabili e non più sostenibili, acuiti nelle ultime settimane per le casse di quasi tutti i comparti, che si tratti di acciaio, plastica, rame, cartone, legno, grano o petrolio.

La velocità degli scambi, rallentata, sommata alla crisi dei container per le spedizioni marittime – pochi e maledettamente costosi – ha fatto poi il resto, causando un corto circuito che ha colpito trasversalmente molti comparti del manifatturiero italiano. Il serio rischio è che le aziende – se il fenomeno non si arresterà in tempi ragionevoli – blocchino le produzioni con impatti considerevolmente negativi sull’intera economia.