Una recente sentenza ha evidenziato che gravi irregolarità nella gestione di una società possono essere un buon motivo per la re voca cautelare del suo amministratore, al fine di impedire l’aggravarsi dei danni degli illeciti commessi. Il caso discusso al Tribunale di Bologna
Il Tribunale di Bologna con sentenza depositata il 16 gennaio 2015 ha stabilito che deve essere revocato, ai sensi dell’art. 2476 , comma 3° cod. civ., l’amministratore di SRL che compie atti in conflitto d’interessi con la società arrecando danni a quest’ultima, evidenziando altresì che la condotta illecita dell’amministratore giustifica, sotto il profilo del periculum in mora, la misura della revoca.
Il socio di una società a responsabilità limitata, titolare di una quota di partecipazione pari al 50% del capitale sociale, nonché amministratore della stessa, chiedeva la revoca in via cautelare dell’altro amministratore, nonché Presidente del C.d.A. della stessa società, proprio fratello e socio a sua volta per la quota del restante 50% del capitale sociale.
Il ricorrente lamentava che l’altro amministratore avrebbe di sua esclusiva iniziativa distratto i clienti nazionali della società, attribuendosi successivamente, in relazione agli affari conclusi con gli stessi, una percentuale del 5%, non autorizzata e, pertanto, arbitraria; a seguito di questa sarebbe stato tratto in giudizio anche per il reato di infedeltà patrimoniale di cui all’art. 2634 del codice civile. Lo stesso amministratore, inoltre, si era fatto rimborsare dalla società spese estranee alla sua attività gestoria, per una somma complessiva di euro 300.000,00 a far data dal 2011.
Per occultare poi le proprie condotte, il resistente aveva modificato la password per accedere al programma di contabilità e alterato i dati contabili, anche al fine di celare i prelievi effettuati. L’amministratore convenuto in giudizio veniva inoltre accusato di far gravare sulla società la retribuzione di un’autista personale avente la sola funzione di accompagnare lo stesso che lo aveva assunto senza averne i poteri. Il ricorrente evidenziava poi in particolare come tali condotte costituissero degli atti posti in essere dall’amministratore in conflitto d’interessi con la società, in quanto i clienti della stessa potevano essere seguiti dai soci senza necessità di corrispondere provvigioni agli agenti, essendo i soci nel caso di specie amministratori retribuiti in virtù di quest’ultima carica.
Pertanto, i pagamenti disposti dall’amministratore in favore di se stesso a titolo di provvigioni rappresentavano atti posti in essere in conflitto d’interessi con la società. A sua difesa, l’amministratore convenuto in giudizio evidenziava, tra l’altro, come la sua gestione si fosse rivelata invece vantaggiosa per la società, essendone derivato un miglioramento sul piano reddituale e finanziario, così come risultante dai bilanci d’esercizio, per cui la diminuzione patrimoniale conseguente all’aumento delle spese per le provvigioni in favore dei soci e amministratori sarebbe stata compensata dalla diminuzione del numero di agenti della società operanti all’estero, fino ad esaurirsi completamente; osservava inoltre che la percentuale delle provvigioni da lui percepite, sarebbe stata mediamente più bassa di quella normalmente riconosciuta nel settore. Il Tribunale, nell’accogliere il ricorso, ha ritenuto che la decisione assunta in maniera unilaterale dall’amministratore, di modificare il criterio di ripartizione della clientela, già condiviso dai soci, nonché amministratori, e la decisione di stabilire unilateralmente la percentuale delle provvigioni in favore dei medesimi, costituiscono atti che eccedono i poteri attribuiti a ciascun amministratore sulla base dello statuto sociale, in virtù del quale le decisioni dovevano assumersi con il metodo collegiale o secondo il criterio della consultazione scritta, nonché delle decisioni del CdA. Il Tribunale ha evidenziato inoltre che le suddette decisioni costituiscono atti posti in essere in conflitto d’interessi, in quanto assunti dall’amministratore nonché presidente della società in proprio favore; ne è conseguito, secondo la ricostruzione del Tribunale, che l’amministratore attribuendosi una determinata percentuale di provvigioni, senza il consenso e anzi con la formale opposizione dell’altro amministratore, ha posto in essere, agendo quale legale rappresentante della società un atto in conflitto d’interessi con quest’ultima e provocando un danno alla società costituito dall’ammontare delle somme prelevate senza una formale decisione dell’organo amministrativo, condotte che hanno generato fra l’altro una forte conflittualità all’interno della compagine sociale e amministrativa. Il danno viene quantificato nella somma di euro trecentomila pari alle provvigioni illegittimamente percepite, oltre ad euro dodicimilaottocentoquaranta/68 quali ulteriori somme contestate dal ricorrente. Sotto il profilo del periculum in mora, il Tribunale ha evidenziato che la permanenza della condotta da parte del resistente giustificasse la misura cautelare della revoca dello stesso dalla carica di amministratore, al fine di impedire l’aggravarsi del danno nei confronti della società. Com’è noto l’art. 2476 cod. civ. è una delle norme centrali nella disciplina della società a responsabilità limitata contenendo una serie di disposizioni dirette a regolamentare non solo la responsabilità degli amministratori. L’azione si prescrive entro il termine di cinque anni che decorrono, anche in caso di intervenuto fallimento, dalla data nella quale si manifesta il danno a carico della società, salva la sospensione durante la carica dell’amministratore. La norma associa all’azione individuale di responsabilità la facoltà di proporre un’istanza cautelare di revoca dell’amministratore al ricorrere di “gravi irregolarità nella gestione”.