Creatività e tecnologia, come cambia il significato dell’ingegno nell’era dell’AI

L’integrazione di software di intelligenza artificiale nel mondo creativo sta trasformando ogni cosa rapidamente, aprendo la strada a tante e nuove possibilità da maneggiare con cura

 

L’Eneide di Virgilio e la Sagrada Familia sono solo alcune delle molte opere d’arte lasciate incompiute dai loro autori a causa della morte: l’effigie di George Washington rappresentata nel biglietto da un dollaro è ripresa da un ritratto che non contiene molto altro e persino il celebre dipinto dell’assassinio di Jean-Paul Marat è avvolto in un’atmosfera oscura che forse David avrebbe completato in modo meno affascinante.

Tra tutte queste opere incompiute vi è anche un autoritratto di Rembrandt che, tuttavia, con il progredire della tecnologia, potrebbe avere una sorte diversa: il progetto “The New Rembrandt” ha infatti prodotto, grazie all’uso dell’Intelligenza Artificiale e di una stampante 3D, un dipinto che avrebbe potuto essere dipinto dall’artista olandese grazie ad un algoritmo addestrato analizzando attentamente le opere esistenti del pittore, i materiali utilizzati e le peculiarità somatiche delle persone da lui ritratte alla sua epoca.

Ascoltando la Sinfonia n. 8 di Franz Schubert e il brano inedito dei Beatles “Now and Then” che sono state terminate grazie all’apporto della AI emergono una serie di interrogativi importanti quanto al rapporto fra creatività e tecnologia: fra questi, chi è il vero autore di questi lavori? Fino a che punto l’esito è merito di chi ha addestrato l’algoritmo, di chi lo ha utilizzato, delle opere che ne hanno permesso l’addestramento? E ancora, quanto il risultato è dipeso dall’ingegno umano e quanto dalla capacità tecnica della scheda grafica? Fra i tanti possibili output, assistiamo alla scelta dell’Intelligenza Artistica o dell’Intelligenza Artificiale?

Le risposte a queste domande sono ancora incerte, ma una cosa è sicura: l’intelligenza artificiale sta ridefinendo il nostro rapporto con la creatività. Se fino a pochi anni fa sembrava impossibile che una macchina potesse “creare” qualcosa di artistico, oggi ci troviamo di fronte a una realtà in cui i confini tra creatività umana e tecnologia sono sempre più sfumati. Questo ci impone di ripensare non solo il nostro ruolo come creatori, ma anche il significato stesso di ingegno nell’era della AI.

Tali interrogativi non impongono però solo di ridefinire il quadro legislativo che disciplina il diritto d’autore e regolamentano aspetti che influenzano la vita delle aziende come il plagio e la contraffazione, ma hanno un impatto anche sulle decisioni in merito all’uso della AI all’interno delle organizzazioni: la cautela nell’utilizzo quotidiano delle diverse piattaforme generative, la responsabilità da assumersi di fronte alle risposte che propone, la necessità di non appiattire su di esse lo stile della comunicazione che ne deriva e il modo che le imprese e le persone stesse adottano.

A fronte di queste scelte, occorre dunque aumentare non solo la consapevolezza individuale, ma anche l’impegno che un’azienda si deve porre per un approccio pragmatico, ma non per questo meno maturo di fronte allo sviluppo della tecnologia. In fondo, ci troviamo ad un bivio che ci si è presentato fin dalla adolescenza: avendo in classe un compagno di scuola più preparato di noi su una certa materia, potevamo farci consegnare il compito da copiare oppure potevamo chiedergli di studiare insieme a noi.