Dopo un anno di rinvii, l’incentivo trova la sua piena operatività, che resterà fruibile fino al 31 dicembre 2019. Non sono pochi, comunque, i punti in chiaroscuro del nuovo bonus, circostanza che ha spento parte degli entusiasmi iniziali
Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, si è compiuto l’ultimo atto propedeutico all’entrata in vigore del credito d’imposta per gli investimenti in R&S, i cui elementi sono stati rimodellati nell’ambito della legge n. 190/2014 e puntualmente delineati nel contesto del decreto attuativo MEF/MISE del 27/05/15.
Bisogna ammettere che quello relativo alla misura di aiuto in argomento è stato un percorso “travagliato”, fatto di rinvii, rimodulazioni dell’intensità di aiuto e, soprattutto, di ricerca spasmodica delle fonti di copertura. Con un anno di ritardo, dunque, l’incentivo trova la sua piena operatività, che resterà fruibile fino a tutto il 31 dicembre 2019. Non sono pochi, comunque, i punti in chiaroscuro del nuovo bonus, circostanza che ha spento parte degli entusiasmi iniziali maturatisi attorno al credito d’imposta.
Il legittimo affidamento di quanti avevano sperato in una entrata in vigore dell’agevolazione sin dal 2014 potrebbe aver, di fatto, penalizzato non pochi fruitori della misura di aiuto. In effetti, il parametro che vuole come agevolata solo la spesa “incrementale” potrebbe limitare fortemente l’incentivo ottenibile da quanti, sperando in una operatività del bonus sin dal 2014, in tale esercizio hanno realizzato degli investimenti sostanziali. La logica, quindi, vorrebbe che il Legislatore avesse previsto la facoltà di escludere tale anno dal computo della media di riferimento.
Ugualmente “penalizzante” appare il parametro che impone il sostenimento di una spesa minima per ognuno degli anni oggetto di agevolazione pari a 30mila euro (in tal senso si è espressa la risposta all’interrogazione parlamentare n. 5-05214 del 1/4/15). Si tratta di un elemento che, tra l’altro non espressamente indicato nel testo della norma, potrebbe ben essere “cassato” da un intervento ministeriale, atteso che appare altamente penalizzante imporre un vincolo di spesa per tutto il periodo di vigenza del bonus.
Nel dettaglio, l’agevolazione ha guadagnato un’estensione operativa a tutti i titolari d’impresa, eliminando le preclusioni che, di contro, erano indicate nella prima stesura della norma di agevolazione.
A conti fatti, tale particolare rappresenta l’unico elemento “migliorativo” apportato al bonus. Il credito d’imposta matura sugli investimenti operati in ricerca e sviluppo; non sul loro importo puntuale, comunque. Il meccanismo di funzionamento previsto dal Legislatore, infatti, premia il solo effetto “incrementale” di spesa. In sostanza, restano agevolabili i soli investimenti che rappresentino un incremento rispetto alla media degli investimenti operati nel triennio precedente. Individuato tale parametro, quindi, lo stesso garantirà un credito d’imposta pari al 25% della spesa incrementale sostenuta, elevabile al 50% in alcuni specifici casi. Attenzione però; la norma ha fissato un tetto minimo di spesa per poter ottenere il credito d’imposta. Il totale degli investimenti in R&S realizzati nell’esercizio agevolato, infatti, non può essere inferiore a 30mila euro. Stabilito, poi, un tetto massimo di cinque milioni di euro di godimento annuo dell’agevolazione.
Passiamo al capitolo della natura della spesa agevolata. Anche in questo caso il Legislatore ha fornito una puntuale definizione della spesa in R&S. Si va dai lavori sperimentali o teorici svolti, aventi quali principali finalità l’acquisizione di nuove conoscenze, alla ricerca pianificata o indagini critiche miranti ad acquisire nuove conoscenze, da utilizzare per mettere a punto nuovi prodotti, processi o servizi o permettere un miglioramento dei prodotti, processi o servizi esistenti ovvero la creazione di componenti di sistemi complessi, necessaria per la ricerca industriale. Parimenti agevolata è l’acquisizione, combinazione, strutturazione e utilizzo delle conoscenze e capacità esistenti di natura scientifica, tecnologica e commerciale allo scopo di produrre piani, progetti o disegni per prodotti, processi o servizi nuovi, modificati o migliorati, così come la produzione e collaudo di prodotti, processi e servizi, a condizione che non siano impiegati o trasformati in vista di applicazioni industriali o per finalità commerciali. Ovviamente, in ognuno dei suindicati casi, la ricerca deve essere realizzata per “conto proprio” e non a beneficio di terzi.
Non si considerano attività di ricerca e sviluppo le modifiche ordinarie o periodiche apportate a prodotti, linee di produzione, processi di fabbricazione, servizi esistenti e altre operazioni in corso, anche quando tali modifiche rappresentino miglioramenti. Nell’ambito delle definizioni di cui sopra, costituiscono spesa agevolata: il personale altamente qualificato impiegato nell’attività di R&S; le quote di ammortamento di strumenti e attrezzature di laboratorio, di costo non inferiore a 2mila euro, in relazione alla misura e al periodo di utilizzo per R&S; i contratti di ricerca stipulati con Università e organismi di ricerca; le competenze tecniche e privative industriali specifiche. Per le prime tre categorie di spesa, il bonus è attribuibile nella misura del 50% del costo incrementale in luogo del 25%. Le spese in R&S sostenute andranno poi supportate da apposita documentazione contabile certificata dal soggetto incaricato della revisione legale o dal collegio sindacale o da un professionista iscritto nel registro della revisione legale. La certificazione delle spese andrà allegata al bilancio.