É auspicabile sul tema un confronto serio che possa portare a modifiche attente all’interesse collettivo, non dimenticando che la giustizia amministrativa è il vero e unico baluardo per non lasciare nudo il cittadino di fronte al potere
Con il D.L. 90/2013 pubblicato il 24 giugno scorso il Governo, nell’ambito della più complessiva riforma della P.A., ha inserito alcune norme rilevanti che riguardano la Giustizia Amministrativa. Ha disposto, innanzitutto, la soppressione delle sedi distaccate dei TT.AA.RR., e tra queste alcune decisamente rilevanti come Salerno, Catania e Lecce – al momento in cui scrivo alcune di esse sembrerebbero essere state salvate in sede di conversione – e ha introdotto norme processuali nel settore degli appalti, tra cui forme di vera e propria “desistenza” dal contenzioso amministrativo, quale l’obbligo di una fideiussione se si ottiene la cosiddetta “sospensiva”.
Lo spazio di questa rubrica è tale da non poter approfondire il tema come si dovrebbe, ma va detto che questo tipo di iniziative sono l’ennesimo attacco al sistema.
Si pensi alla Commissione Bicamerale, presieduta da D’Alema, che già prevedeva l’eliminazione della Giustizia Amministrativa; le recenti interviste del Presidente Prodi e quelle del Presidente Renzi che considerano i TAR come un “rallentamento” al PIL del nostro Paese. Niente di più sbagliato. Il ricorso alla Giustizia Amministrativa intanto si è già ridotto di molto con l’applicazione “folle” dei contributi unificati (e cioè della marca che bisogna apporre per ogni ricorso) che, in materia di appalti, arriva non di rado, tra primo e secondo grado, a costare anche 25.000 euro! Ammontare del tutto incostituzionale perchè ci si chiede chi possa permettersi di pagare un tale tributo per proporre un ricorso.
La realtà è molto diversa, invece. É errato considerare la Giustizia Amministrativa come un freno al PIL visto che i tempi sono velocissimi (per gli appalti meno di 1 anno tra il primo e il secondo grado e se vi è sospensiva anche di meno) nonostante il numero ridotto dei magistrati. Si deve invece discutere dell’effettività delle pronunce dei giudici amministrativi che talvolta sono meno “afflittive” di quelle del giudice ordinario. Si deve finalmente ridiscutere della funzione consultiva del Consiglio di Stato, figlia di una visione ottocentesca. Si deve, infine, accentuare una forma di deflazione del contenzioso non aumentando i costi per il cittadino, ma attraverso una pre-fase conciliativa.
Gli avvocati amministrativisti su questo tema sono decisamente aperti. É auspicabile allora un confronto serio che porti a riforme attente all’interesse della gente, non dimenticando che la giustizia amministrativa è il vero e unico baluardo per non lasciare nudo il cittadino di fronte al potere. Una miope politica non farà altro che comprimere le giuste istanze dei cittadini che però troveranno sfogo, inevitabilmente, in altre forme più rozze e anche gratuite, che sono gli esposti alla Procura della Repubblica, e questo non è certo un vantaggio né per i cittadini, né più in generale per il sistema.