Delega fiscale: il progetto di legge di riforma del processo tributario/PARTE SECONDA

MAURIZIO VILLANI WEBPubblichiamo qui, di seguito, una seconda tranche di proposte di modifica e integrazione dell’intervento legislativo di riforma del processo tributario voluto dal Senator Giorgio Pagliari

 

4)    Art. 21 – Art. 108, comma 2
Per le spese di giudizio bisogna prevedere il pagamento immediato, senza attendere il passaggio in giudicato della sentenza. Quanto sopra per parificare processualmente la posizione delle parti private con gli uffici fiscali, che, invece, possono richiedere il pagamento provvisorio in base all’esito del giudizio, secondo le singole leggi d’imposta.

5)    Art. 23, comma 2, e 24
È opportuno disciplinare meglio, e peraltro senza limitazioni soggettive e oggettive, i casi di presentazione dei ricorsi collettivi e cumulativi, tenendo conto delle recenti sentenze in proposito della Corte di Cassazione (n. 21955 del 27/10/2010 e n. 4490 del 22/02/2013).

6)    Art. 27, comma 2, e 60, comma 3
Nella discussione orale in primo e secondo grado, il presidente deve sempre dare la parola per primo alla parte pubblica (agenzia delle entrate, ente locale e concessionario, in modo che il contribuente possa parlare per ultimo, anche in caso di repliche, per poter contrastare meglio, e in maniera più compiuta, le tesi accusatorie del fisco (art. 24 della Costituzione).
Infine, il giudice tributario deve poter decidere secondo equità (artt. 113 e 114 c.p.c.).

7)    Art. 43, comma 1
Nel suddetto articolo, secondo me, bisogna: innanzitutto, correggere il riferimento del decreto legge, che è del 31 maggio (non marzo) 2010 n. 78, convertito con modificazioni dalla Legge n. 122 del 30 luglio 2010 (in G.U. n. 125 del 31 maggio 2010 – Supplemento ordinario); inserire tra gli atti impugnabili anche i crediti d’imposta, la cui natura giuridica è stata specificamente qualificata dalla Corte Costituzionale (ordinanze n. 124 del 24/03/2006 e n. 180 del 07/06/2007) nonché dalla Corte di Cassazione – Sezione Tributaria, con la sentenza n. 8139 del 23 maggio 2012 e con la sentenza n. 4687 del 23 marzo 2012, che ha parificato l’avviso di recupero dei crediti di imposta agli avvisi di accertamento o di liquidazione; inserire espressamente tra gli atti impugnabili l’autotutela (art. 2-quater D.L. n. 564/1994, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 656 del 30 novembre 1994 (in G.U. n. 230 dell’01 ottobre 1994) e D.M. n. 37 dell’11 febbraio 1997) sia in caso di rigetto espresso che in caso di silenzio-rigetto, senza porre ai giudici tributari alcuna limitazione di giudizio (contrariamente a quanto affermato dalla Corte di Cassazione, con le sentenze n. 2870/2009 e 3698/2009 Sezioni Unite, n. 11457/2010, n. 26313/2010, n. 16097/2009 e ordinanza n. 10020/2012), indipendentemente dalla prospettazione dell’esistenza di “un interesse di rilevanza generale dell’Amministrazione” alla rimozione dell’atto (sentenza n. 3 del 09/01/2012 della CTR Puglia – Sez. 14); inserire espressamente l’impugnabilità dell’estratto di ruolo, che è una “parziale riproduzione del ruolo”, come ha correttamente riconosciuto la Corte di Cassazione con le sentenze n. 15946/2010 e n. 724 del 19 gennaio 2010 della Sezione tributaria; prevedere l’impugnabilità dell’invito al pagamento del contributo unificato tributario, quale prestazione imposta di natura tributaria come stabilito dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza n. 9840 del 05 maggio 2011, tenendo conto dell’indicazione offerta anche dalla Corte Costituzionale, con la sentenza n. 73 del 2005; prevedere l’impugnabilità del provvedimento dichiarativo dell’improcedibilità delle istanze di disapplicazione di norme antielusive (art. 37-bis D.P.R. n. 600/1973); l’impugnazione dell’avviso bonario a seguito di liquidazione automatica, anche alla luce dell’ordinanza n. 21854 del 20 ottobre 2011 della Corte di Cassazione – Sezione tributaria; infine, prevedere la competenza del giudice tributario per tutte le controversie relative all’opposizione all’ordinanza-ingiunzione emessa dall’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato (A.A.M.S.), a seguito dell’installazione di apparecchi da intrattenimento irregolari.

8)    Art. 45, comma 3
Il termine di 180 giorni per impugnare il silenzio-rifiuto, secondo me, è troppo breve. Certo, l’attuale termine decennale è troppo ampio; per cui sarebbe opportuno stabilire un termine intermedio, per esempio di due anni, da parificare a quello previsto dall’art. 45, comma 4.

9)    Art. 45
Per evitare equivoci interpretativi, sarebbe opportuno aggiungere un quinto comma all’art. 45 che preveda l’applicazione dell’art. 153, comma 2, c.p.c. per la rimessione in termini quando la parte dimostra di essere incorsa in decadenza per causa non a lei imputabile.
Nel progetto di legge lo specifico riferimento all’art. 153, comma 2, c.p.c. è fatto: nell’art. 5, comma 4, nella particolare ipotesi di trasferimento dell’azione davanti al giudice tributario; nell’art. 46, comma 1, nella particolare ipotesi che l’ufficio postale non provveda alla richiesta di duplicato (vedi successivo n. 10 del presente articolo).
L’aggiunta del quinto comma, come suggerito, troncherebbe sul nascere eventuali interpretazioni limitative dell’art. 153, comma 2, c.p.c., stabilendo, in modo chiaro e preciso, che la suddetta norma processuale è sempre applicabile nel processo tributario senza alcuna limitazione, in quanto compatibile.

10)    Artt. 46, comma 1, e 89
Per quanto riguarda la costituzione in giudizio del ricorrente (art. 46) e dell’appellante (art. 89), bisognerebbe escludere l’ipotesi dell’inammissibilità in caso di mancato deposito dell’avviso di ricevimento della raccomandata nell’ipotesi di spedizione del ricorso o dell’appello a mezzo del servizio postale.
La mancanza o la tardività dell’avviso di accertamento può dipendere da cause non ascrivibili al contribuente, che non deve essere onerato per fatti non dipendenti dalla sua volontà, con l’aggravante di dover chiedere duplicati o la rimessione in termini, ai sensi del succitato art. 153, comma 2, c.p.c., con il rischio di allungare i termini processuali, anche ai fini della sospensiva, in spregio all’art. 111, comma 2, della Costituzione (“La legge ne assicura la ragionevole durata”).
Oltretutto, gli attuali artt. 22, comma 1, e 53, comma 2, primo periodo, D.Lgs. n. 546/1992 non prevedono, giustamente, anche il deposito, a pena di inammissibilità, dell’avviso di ricevimento. I giudici tributari, se  hanno dei dubbi o perplessità circa l’avviso di ricevimento, possono sempre chiedere alle parti l’esibizione entro un termine perentorio oppure, in caso di difficoltà, utilizzare i propri poteri istruttori previsti dall’art. 15 dell’allegato progetto di legge.

11)    Art. 46, comma 3, ultimo periodo
Nell’art. 46, comma 3, ultimo periodo, è opportuno precisare che il ricorso è inammissibile qualora l’esemplare del ricorso depositato in segreteria non sia conforme sostanzialmente (e non formalmente) a quello consegnato o spedito, alla luce della costante giurisprudenza sul punto della Corte di Cassazione (da ultimo, sentenza n. 1166 del 27/01/2012 Sezione Tributaria).
La stessa precisazione, logicamente, vale anche per  la fase di appello (art. 89, comma 2).

12)    Art. 60, comma 3, 27, comma 2, e 96
Sarebbe opportuno, anche in coerenza con quanto disciplinato dall’art. 57, comma 2, prevedere espressamente l’ipotesi del rinvio dell’udienza per giustificato impedimento del difensore.

13)    Art. 61, Artt. 6 e 7 e Art. 23
In tema di riunione dei ricorsi, bisogna disciplinare bene la competenza territoriale quando si verificano le particolari ipotesi di litisconsorzio necessario, tenendo conto soprattutto dei principi di diritto esposti dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con le sentenze n. 14815 del 04/06/2008, n. 10145 e 10146 del 20/06/2012, sentenza n. 22122 del 29/10/2010 della Sezione Quinta Civile.
In definitiva, quando ricorra l’ipotesi del litisconsorzio necessario originario, il giudice tributario deve obbligatoriamente attenersi alle seguenti regole: se tutte le parti hanno proposto autonomamente ricorso, il giudice deve disporre la riunione se sono tutti pendenti dinanzi alla stessa Commissione; altrimenti, la riunione va disposta dinanzi al giudice preventivamente  adito, anche perché con la proposizione del primo ricorso sorge la necessità di integrare il contraddittorio e quindi si radica la competenza territoriale, senza che possa opporsi la inderogabilità della stessa sancita dagli artt. 6 e 7; in sostanza, il valore dell’integrità del contraddittorio, garanzia del giusto processo (art. 111, comma 2, Cost.), giustifica la deroga della competenza territoriale, nel senso che la proposizione del primo ricorso determina il radicarsi della competenza territoriale per tutti i litisconsorti (art. 23); se, infine, uno o più parti non hanno ricevuto la notifica dell’avviso di accertamento, o avendola ricevuta non l’hanno impugnato, il giudice adito per primo deve disporre l’integrazione del contraddittorio, mediante la loro chiamata in causa entro un termine stabilito a pena di decadenza (art. 23); il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari è nullo per violazione del principio del contraddittorio di cui agli artt. 101 c.p.c. e 111, comma 2, della Costituzione e trattasi di nullità che può e deve essere rilevata in ogni stato e grado del procedimento, anche d’ufficio; infine, quando si verifica la suddetta nullità assoluta, la causa deve essere rimessa sempre al giudice di primo grado (art. 95, comma 1, lett. a).

14)    Art. 69, comma 1, ed art. 14, comma 1 – Art. 84
Tra le ipotesi di sospensione necessaria del processo tributario deve essere inserito anche l’art. 295 c.p.c. <<Il giudice dispone che il processo sia sospeso in ogni caso in cui egli stesso o altro giudice deve risolvere una controversia, dalla cui definizione dipende la decisione della causa>>.
Ormai è pacifico il principio (da ultimo, Corte di Cassazione – Sezione Sesta civile – ordinanza n. 1867 dell’08/02/2012) secondo cui “la sospensione necessaria del processo ex art. 295 c.p.c.” si applica anche al processo tributario e ricorre qualora risultino pendenti davanti a giudici diversi procedimenti legati tra loro da un rapporto di pregiudizialità tale che la definizione dell’uno costituisce indispensabile presupposto logico-giuridico dell’altro, nel senso che l’accertamento dell’antecedente sia postulato con effetto di giudicato, in modo che possa astrattamente configurarsi l’ipotesi di conflitto di giudicati.
Logicamente, lo specifico riferimento all’art. 295 c.p.c. deve essere fatto anche nell’art. 14, comma 1, dell’allegato progetto di legge.
Infine, alla luce di un costante insegnamento giurisprudenziale (Cass. sentenza n. 118 del 07/01/2002 e n. 24946 del 24/11/2006) sarebbe opportuno precisare che il giudice tributario, qualora ritenga rilevante una questione di costituzionalità sollevata in altro processo, deve sempre investire a sua volta la Corte Costituzionale della medesima questione e successivamente procedere alla sospensione del giudizio. Questo per evitare i rischi ai quali sono esposte le parti a fronte di sospensioni del processo tributario che in realtà, secondo legge, non avrebbero dovuto essere disposte (rischi previsti dall’art. 79).

15)    Art. 7
Sarebbe opportuno correggere il termine “le decisioni dei tribunali tributari” con il più corretto “le sentenze dei tribunali tributari”, soprattutto alla luce della nuova terminologia “codice del processo tributario” e non più “contenzioso tributario”.