La Corte di Giustizia ha stabilito che i giorni di riposo retribuito spettano anche ai disabili che hanno prestato la propria attività presso i CAT, ovvero i Centri di Aiuto, perché a tutti gli effetti lavoratori subordinati
La Corte di Giustizia Europea, su rinvio pregiudiziale da parte della Corte di Cassazione francese, con la sentenza “Fenoll” del 26 marzo 2015 nella causa C-316/13, si è espressa riaffermando la nozione comunitaria di lavoratore subordinato e pronunciandosi sull’applicabilità diretta della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.
Il fatto. Il signor Fenoll, cittadino francese disabile, ha svolto alcune attività per quasi dieci anni presso un centro d’aiuto attraverso il lavoro (CAT), riservato alle persone con disabilità, che non possono, temporaneamente o permanentemente, lavorare nelle normali imprese. Il ricorrente proponeva ricorso dinanzi il Tribunale di Avignone al fine di ottenere il pagamento delle ferie retribuite maturate e non godute per il periodo fra il 1° giugno 2003 e il 31 maggio 2004 e fra il 1° giugno 2004 e il 31 maggio 2005. Il ricorso veniva respinto, in quanto il Tribunale riteneva che il calcolo effettuato dal CAT (6 giorni di ferie retribuite su 78 lavorati e pagati nel luglio del 2005), si fondasse su un’interpretazione corretta della normativa francese secondo la quale un lavoratore non può pretendere un’indennità sostitutiva delle ferie retribuite non godute a causa della propria malattia e i periodi di assenza dal lavoro per malattia non danno essi stessi diritto alle ferie retribuite. Infatti, le sole disposizioni del codice del lavoro francese applicabili ai disabili inseriti nei CAT erano quelle relative all’igiene e alla sicurezza sul lavoro, poiché il disabile, in tali circostanze, non era considerato dall’ordinamento interno come lavoratore subordinato. La sentenza è stata poi impugnata in Cassazione che ha sollevato questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia circa la possibilità di estendere la nozione di lavoratore, ai sensi delle direttiva 2003/88/CE, anche ad un disabile inserito in un centro d’aiuto. La Corte, con la pronuncia del 26 marzo 2015, in primis si è soffermata sulla nozione di lavoratore subordinato, evidenziando in particolare che questa deve essere desunta da criteri obiettivi, chiarendo che caratteristica fondamentale del rapporto di lavoro è la circostanza che una persona fornisca per un certo periodo di tempo, a favore di un’altra e sotto la direzione di quest’ultima, prestazioni in contropartita delle quali riceva una retribuzione. Pertanto, secondo la Corte, deve applicarsi l’art. 3 della direttiva 2003/88/CE anche al disabile che ha prestato la propria attività presso i CAT, con il conseguente diritto al beneficio delle ferie previsto dall’art. 7 della medesima direttiva. La seconda questione affrontata riguarda la possibilità di invocare, come fonte primaria del proprio diritto alle ferie, l’art. 31, par. 2, della Carta dei diritti fondamentali (Ogni lavoratore ha diritto a una limitazione della durata massima del lavoro e a periodi di riposo giornalieri e settimanali e a ferie annuali retribuite) e la possibilità di disapplicare una norma interna che non riconosca tale diritto. La Corte di Giustizia, accogliendo le conclusioni dell’Avvocato Generale, ha affermato l’applicabilità diretta, in linea di principio, dell’art. 31 della Carta, ma allo stesso tempo specifica l’inapplicabilità nel caso in esame, in quanto la pretesa del sig. Fenoll relativa alle ferie retribuite riguardava il periodo dal giugno 2004 al maggio 2005, antecedente al 1 dicembre 2009, data in cui la Carta dei diritti fondamentali ha acquisito valore vincolante. Infine, la Corte indica la strada da percorrere qualora non fosse possibile interpretare il diritto nazionale in modo conforme a quello dell’Unione. In tal caso, non sussisterebbe che la possibilità, per il ricorrente, parte lesa dalla non conformità del diritto nazionale al diritto dell’Unione, di ricorrere alla giurisprudenza Francovich (C 6/90 e C 9/90) vale a dire far valere la responsabilità dello Stato membro dinanzi ai giudici nazionali al fine di ottenere il risarcimento del danno subito.