Smart city è un neologismo privo di senso se associato alla semplice implementazione di tecnologie elaborate altrove, all’interno del contesto urbano di riferimento. La sfida per la città intelligente è esserlo – divenire, cioè – polo d’attrazione del talento creativo

 

Lo studio “Fondazione Symbola-Unioncamere, Io sono Cultura–l’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi – Rapporto 2014” offre un dato inequivocabile sull’andamento dell’economia italiana dell’ultimo periodo: nonostante la crisi, l’industria della creatività italiana, il made in Italy, è un treno in corsa che da 22 anni aumenta la sua velocità e nel 2013 ha portato 41,6 mld di euro di export, totalizzando il 10,7% di tutte le vendite estere delle imprese italiane, con un surplus commerciale di 25,7 mld, secondo solo all’industria meccanica.

 

Tale bilancio positivo si allarga se al paniere aggiungiamo l’industria della cultura in senso ampio, con un movimento di capitali pari a 214 mld e un flusso derivante dal turismo ad essa collegato di 73 mld nel solo 2013, di cui il 36,5% riconducibile direttamente alla filiera culturale.

É un moltiplicatore economico nella misura in cui ogni euro investito ne restituisce 1,67.

Paesaggio, Arte, Creatività…I “luoghi comuni” salvano l’Italia? Sembra proprio di sì o, almeno, ne salvano l’economia. Ma non è un processo uniformemente distribuito lungo la Penisola. La più alta percentuale degli occupati legati all’industria della creatività e della cultura, così come la ricchezza prodotta dal settore, è concentrata nel centro del Paese dove incide nella misura del 6,2% dell’economia interna, seguito dal Nordovest e dal Nordest con percentuali leggermente al di sotto, mentre il Sud resta staccato con un indotto derivante dalla cultura che si ferma al 4% del PIL locale.
La Campania, su scala nazionale, piazza le sue cinque province in ordine sparso nelle 110 posizioni.
Per l’incidenza del valore aggiunto del sistema produttivo culturale sul totale economia, Salerno si posiziona al 49° posto con il 4,6%, Benevento, la prima della regione al 16° con ben il 6,1% derivante dalla filiera della cultura, Avellino è al 18° con il 6%, Napoli al 65° col 4,2% e Caserta all’81° con una percentuale del 3,8. Per l’incidenza degli occupati nel settore, Salerno è al 68° posto col 4,6%, Avellino è al 15° con il 6,6%, Benevento 37° col 5,4%, Napoli 83°col suo 4,3% e Caserta al 100° con una percentuale del 3,8. Le imprese del sistema produttivo culturale incidono sul totale economia delle nostre province nella misura del 6,1% per Salerno, collocandola al 64° posto, del 6,9% per Avellino che è al 46°, 6,2% è la quota per Napoli al 62° posto, 5,2% per Benevento all’82° e 4,5% per Caserta che chiude al 108° posto.
Sebbene la creatività italiana sia una solida realtà – lo è soprattutto in relazione all’export estero – e il nostro Paese sia una meta ambita del turismo culturale mondiale, tanto di quello consolidato – Europa e USA – quanto di quello emergente – Cina, Brasile, Giappone, Corea del Sud, Australia e Canada – la sfida del presente, in un campo d’azione dell’economia che è ormai di scala globale, è quella di investire sull’innovazione intesa come incrocio “tra arte, genius loci e tecnologia”, puntando sul talento umano, attraendolo per mezzo delle città, oggi più che in passato incubatori della creatività. Secondo l’interessante studio ANCE-Ambrosetti (Le Città Dei Creativi – vision&progetti, 2005) nell’era dell’economia globale basata sull’innovazione si osserva un fenomeno inedito per il quale non sono più semplicemente le persone che vanno nei luoghi dove si trovano le aziende ma sono queste che «vanno dove stanno i migliori talenti (creativi)».

Talenti che, aggiungiamo noi, creano anche impresa nei luoghi dove dimorano.

Questi luoghi, per elezione sono “le città”, città con caratteristiche di qualità assoluta, luoghi aperti di innovazione e sperimentazione, dove si concentrano altri talenti creativi con i quali intessere relazioni feconde per creare valore aggiunto nei propri campi d’interesse. Città tolleranti dove è possibile venire quotidianamente a contatto con la diversità, facilitatrici di un confronto dinamico con punti di vista profondamente differenti e condivisione di esperienze altre. Luoghi “plug and play”, città a burocrazia quasizero dove la filosofia della connessione permanente riguarda società, cultura e tecnologia e quest’ultima permette di creare ogni giorno nuovi ambiti da esplorare e nuove opportunità professionali. Gli edifici che incarnano i «nuovi archetipi architettonici», di iniziativa pubblica o privata eretti nelle città che da tempo hanno avviato politiche concrete per assumere il ruolo di «catalizzatori urbani», sono costruzioni ibride, contenitori che racchiudono nello stesso articolato volume una “mixitè” (alla scala architettonica) funzionale, proiettata all’esterno attraverso un’immagine di architettura quasi spontanea o, all’opposto, con un forte segno iconico, spesso affidato alla firma di un archistar.

All’interno di queste fabriche – realtà gestite anche con modalità differenti in termini di logiche operative e struttura finanziaria – convivono in un clima di inclusione sociale, spazi espositivi e museali, sale per esibizioni teatrali e performance artistiche di vario genere, laboratori per l’ascolto e la produzione di musica, biblioteche, luoghi che offrono servizi al cittadino e fab lab.
In termini di attrattività, i Territori della nostra provincia hanno una notevole potenzialità inespressa che non richiede ingenti investimenti economici per essere liberata.

Una città smart non comporta rivoluzioni copernicane se non nell’approccio al tema. Forse basterebbe girare per le nostre città guardandole con “occhi nuovi” e sostituire nel lessico quotidiano i termini inaugurazione con manutenzione (creativa) e competizione con collaborazione.