DRITTO ALLA META: unirsi nell’impresa e tra le imprese

Un torneo di rugby interaziendale per festeggiare i 20 anni della società guidata da Marco Baione

Lo sport come scuola di vita, in cui organizzazione e sacrificio sono due elementi fondamentali. A questi valori si ispira da sempre la vita anche professionale di Marco Baione, ceo di Jobiz Formazione. Non a caso, infatti, per festeggiare i vent’anni di attività della sua società Marco ha scelto di organizzare un torneo di rugby interaziendale.

«Ho incontrato per la prima volta il rugby a 30 anni, molto tardi per uno sportivo come me che di discipline ne aveva praticate tante. Anzi, per meglio dire, rugby e Jobiz Formazione sono entrati contemporaneamente nella mia vita 20 anni fa, rivoluzionandola dall’interno. Dapprima sono stato solo “giocatore” nella squadra di Salerno; poi, come formatore, ho utilizzato la metafora del rugby per accrescere lo spirito di squadra all’interno delle imprese private; oggi, per chiudere il cerchio, sono anche genitore di figli rugbisti e in quanto tale vivo con ancora più convinzione i valori di questo sport per me esemplare modello di vita».

 

 

 

 

 

 

 

 

Una sfida non semplice quella di Marco. Vent’anni vissuti dentro le imprese e tra le persone, costellati da momenti di esaltazione e di successo ma anche da ostacoli da superare. «Il rugby mi è servito. Questo sport ti spinge oltre i tuoi limiti, ti chiede di osare ma di farlo sempre nel perimetro della lealtà. Il rugby ti insegna a contare sulle tue capacità ma anche ad avere salda la fiducia nei compagni di squadra».

Un po’ come accade nelle aziende. Non solo non c’è traguardo che non sia frutto di un lavoro corale, ma il porsi obiettivi sempre più sfidanti è l’unico modo per crescere e resistere alla concorrenza.

Altro elemento immancabile è poi la passione, il cuore, nel rugby così come nel lavoro.

«Nelson Mandela ne era convinto: lo sport ha il potere di cambiare il mondo ed è vero. Solo lo sport riesce ad abbattere le sovrastrutture, ad andare oltre le differenze di genere, di colore della pelle, di nazionalità o di religione. Ed io conto molto su questo ascendente per vincere resistenze e pregiudizi. Ed è per questo che ho pensato di celebrare insieme alle aziende, con un torneo di rugby, i 20 anni di Jobiz Formazione. Vent’anni non facili per chi vive di impresa che, però, non ci hanno fermati. Abbiamo continuato a garantire esperienze formative di valore e non solo “ore in aula”. Quando progettiamo un corso, infatti, da sempre lo facciamo perché resti, perché entri a far parte del bagaglio di conoscenze e competenze indispensabili alla crescita individuale».

 

Per Marco Baione la competizione nello sport è come la competitività nell’impresa. Significa ambire insieme ad altri alla stessa meta. E per arrivare primi, diventa necessario mettere in campo idee, strategie, risorse, tempo e impegno. Conta di più questo che superare l’avversario. Vale di più che ognuno abbia dato il massimo, dando sostegno ai propri compagni nel momento giusto, mettendo in campo le migliori potenzialità al servizio della squadra, senza risparmio.

 

«Si dice che i valori del rugby si vedano nel terzo tempo. A fine partita, se si è giocato lealmente, la competizione è terminata. Non esistono recriminazioni, rivalse o acredini tra giocatori, dirigenti o tifosi. E così credo debba essere vissuta anche la vita: massima concentrazione e massimo sforzo quando sono richiesti, ma a match finito deve esserci lo spazio e il tempo per una birra con un amico rugbista».

Alla grande festa di Jobiz hanno contribuito ASD Arechi Rugby di Salerno e le professioniste del rugby Elena Giannino, trainer ed executive coach ed Erika Morri, ex nazionale Azzurra di rugby e ex-Consigliera Federale FIR.

«Un sentito ringraziamento – conclude Marco Baione – va anche al Comune di Salerno non solo perché ha riconosciuto la valenza dell’evento ma soprattutto perché, con lungimiranza, ha creduto nel motto “chi semina sport raccoglie futuro” destinando lo Stadio storico di Salerno al rugby e a tanti altri sport minori».