Gli scenari di riferimento mondiale e le tendenze future
Secondo il MED & Italian Energy Report, elaborato da SRM (Centro Studi collegato al Gruppo Intesa Sanpaolo) e l’Energy Security Lab (Politecnico di Torino), la sfida globale in campo energetico si poggia oggi su due questioni cruciali: la disponibilità di energia e le sue condizioni di utilizzo. Esse influenzano in maniera significativa la competitività dei sistemi produttivi e per questo rappresentano elementi fondanti della dimensione economica e sociale dello sviluppo sostenibile.
Oggi, oltre 1 miliardo di persone (il 14% della popolazione mondiale) è ancora privo dell’elettricità.
Per quanto questo numero sia sceso dal dato di 1,7 miliardi del 2000, e per quanto da quella data siano state create nel mondo circa 1,2 miliardi di nuove connessioni elettriche, il contestuale aumento demografico non ha di fatto permesso di diminuire il numero assoluto di persone isolate dalla rete elettrica. Con la diffusione dell’accesso all’elettricità sono aumentati i consumi: oggi 7,4 miliardi di persone consumano circa 14 miliardi di tonnellate equivalenti di petrolio. Consumi che si sono spostati dai paesi OCSE ai paesi non-OCSE (in particolare quelli asiatici), che guidano di fatto l’aumento della richiesta di energia (e lo faranno sempre più, fino ad arrivare nel 2040 a rappresentare circa il 70% della domanda mondiale).
Cinque paesi (Cina, Stati Uniti, India, Russia e Giappone) consumano infatti il 52% dell’energia mondiale (gli Stati Uniti il 16% del totale, Cina e India rispettivamente il 22% e il 6%). La parte preponderante di questa domanda è ancora soddisfatta attraverso l’utilizzo delle fonti fossili (petrolio per il 34,2%, carbone per il 27,6% e gas per il 23,4%); tra di esse cresce il ruolo del gas naturale mentre si riduce quello del carbone. In aumento il peso delle rinnovabili, guidate da eolico e solare, anche se la quota complessiva resta ancora esigua e pari al 3,6% del totale.
La Cina ha prodotto quasi la metà del carbone mondiale e il 29% di energia idroelettrica. Gli Uniti Stati e la Francia hanno prodotto insieme quasi il 50% di tutto il nucleare; mentre l’Arabia Saudita, la Russia e gli Stati Uniti hanno contribuito insieme a poco meno del 40% della produzione di greggio, e gli ultimi due paesi anche al 40% di quella di gas naturale.
I paesi che si affacciano sulla sponda sud del Bacino del Mediterraneo sono dotati di grandi disponibilità di risorse energetiche fossili. L’area MENA incide per il 20,5% sulla produzione mondiale di combustibili fossili; nel corso del 2017 sono stati prodotti oltre 1,6 miliardi di tonnellate di petrolio, (il 37% di quanto prodotto a livello mondiale) e 811,6 miliardi di metri cubi di gas naturale (pari al 22% di quanto prodotto globalmente); mentre residuale è la dotazione di carbone (pari allo 0,2% della produzione mondiale).
Il 65,9% della produzione di greggio ed il 26% di quella di gas realizzata dai paesi MENA nel 2017 è stata esportata. Le esportazioni mediorientali di oil sono dirette prevalentemente verso i paesi asiatici, quelle nordafricane sono indirizzate soprattutto in Europa. I movimenti internazionali di gas naturale, invece, sono subordinati alla presenza di gasdotti di collegamento. Quasi 1/3 (il 32,6%) delle esportazioni di gas naturale via pipeline dai paesi MENA è diretto verso destinazioni all’interno della stessa area e il resto verso paesi limitrofi.
Le infrastrutture per il trasporto di gas rivestono dunque un ruolo cruciale al fine di migliorare le interdipendenze e la sicurezza energetica dei paesi appartenenti al Bacino del Mediterraneo. Il gas naturale rappresenta infatti una delle principali commodity per i sistemi energetici mondiali, e può essere considerato fondamentale per accompagnare in modo efficiente la transizione energetica dai combustibili fossili verso le rinnovabili. In questo scenario si collocano le scelte energetiche della Cina. Nell’ambito di una rivoluzione energetica e con l’obiettivo di lottare contro l’inquinamento, il sistema energetico di questo Paese sta cambiando direzione. Con una politica energetica incentrata su elettricità, gas naturale e tecnologie pulite, digitali e ad alta efficienza, da questo Paese è partita la sfida di un ambizioso piano di investimenti infrastrutturali, anche in campo energetico (con la Belt and Road Initiative).
Una grossa fetta degli investimenti effettuati nel 2017 è stata diretta alla produzione di energia, in particolare per la costruzione di centrali idroelettriche, eoliche e solari; molti i progetti orientati quindi allo sviluppo delle fonti rinnovabili. In questo contesto, l’Italia si presenta come un Paese ancora fortemente dipendente dall’estero per le importazioni di combustibili fossili (la sua dipendenza è pari al 78,6%), cosa che la rende vulnerabile quanto a sicurezza energetica e la spinge ad operarsi per sviluppare efficienza, risparmio energetico e fonti rinnovabili. In particolare per il gas, la dipendenza del nostro Paese dalle importazioni è superiore al 90% (contro una media europea di circa il 70%).
Il gas naturale arriva in Italia attraverso gasdotti, per il 50% proveniente dalla Russia. Quasi il 12% delle importazioni italiane di gas naturale riguarda il GNL, una quota in crescita rispetto al biennio precedente. Quanto alla produzione di energia elettrica, i 2/3 del totale prodotto provengono da impianti localizzati al Centro-Nord, 1/3 nel Mezzogiorno. Nella maggior parte delle regioni il mix di produzione elettrica è sbilanciato a favore della fonte termoelettrica, ma ci sono alcune regioni che si distinguono per il maggiore peso dell’idroelettrico (nel Centro-Nord), mentre eolico e fotovoltaico prevalgono maggiormente nella produzione nel Mezzogiorno.
Non tutte le regioni riescono a far fronte alle richieste di elettricità con la produzione interna; alcune registrano un surplus ed altre invece consumano più di quanto producono e che quindi sono in disavanzo.
Tra le 12 regioni che hanno registrato un disavanzo nel 2017, 3 sono del Mezzogiorno (Sicilia, Abruzzo e Campania). La Puglia è anche l’unica regione del Mezzogiorno che esporta parte della sua produzione all’estero.
Guidare la transizione energetica significa rendersi conto che occorre affrontare un percorso lungo e complesso in cui un futuro low carbon è immaginabile, a condizione di avere politiche adatte e volte a un uso sapiente di tutte le fonti energetiche con un cambio graduale dell’energy mix.