Tian Li alla Galleria dell’Accademia di Belle Arti di Roma
Figlia di una generazione che ha saputo coniugare il proprio modello estetico ad alcune linee dell’arte occidentale fino a creare un perfetto equilibrio e una sottile coesistenza delle differente, Tian Li (Beijing, 1967) è artista che plasma da tempo un percorso visivo fatto di cose semplici e preziose, dove è possibile percepire l’idea di raggiungere lo yūgen (幽玄), ovvero il fascino legato all’eleganza, il wabi (侘), la povertà inseguita, la bellezza del disadorno, la rinuncia ad ogni boria, e infine il sabi (寂), la patina che avvolge gli oggetti conferendo loro un alone di naturale seduzione.
Con una visione del mondo che mira a fermare lo sguardo sul contingente, sul transitorio, sul fuggitivo, sull’inarrestabile, Tian Li crea smottamenti temporali, slittamenti poetici che vanno oltre le cose sensibili e mostrano una realtà poetica, resa lirica da pennellate lente e cremose, da scelte cromatiche che sembrano essere piccole vie di fuga dalla distrazione che governa il presente e le sue presenze.
Le trenta opere selezionate e proposte da Yin Fu e Wang Shengwen per la sua prima personale italiana organizzata negli spazi della Galleria Colleoni dell’Accademia di Belle Arti di Roma (Yin Fu e Wang Shengwen sono due giovani curatori che da qualche anno cercano di far conoscere l’arte cinese in Italia), offrirono un percorso antologico in cui è possibile esplorare i tratti di una ricerca che parte dalla figura umana per volgerle le spalle e entrare via via in un territorio morfografico che evidenzia il potere magnetico dell’ornamento e si concentra sul paesaggio, sulla natura morta, sulla storia quotidiana. Come lingue di pittura che si elevano da un luogo che non appartiene a nessun luogo se non alla vita reale, le sue opere sono infatti racconti nostalgici del presente, atmosfere evanescenti in cui la pittura a tempera sembra accarezzare e screpolare le cose, composizioni in cui la figura umana tace per lasciare il posto a oggetti e soggetti semplici del vissuto.
Se da una parte in mostra è possibile leggere in alcuni lavori come 回家的路上 / On the Way Home del 2003 e 三个塔吉克妇女 / Three Tajik Women del 2004 linee riflessive che richiamano alla memoria la forza astraente di un Piero Della Francesca o le erotiche e spericolate tensioni cromatiche di un Balthus (看巴尔蒂斯 / Balthus in My Eye del 2014 è un chiaro rimando e omaggio all’artista che ha lavorato sulla superficie della notte), nel corpus più recente tutto si fa più morbido, disteso, legato a una temperatura che sembra creare veli, sovrimpressioni, offuscamenti, lievi e felici patine che riscaldano la tela con piccole screpolature, fino a creare un’atmosfera impalpabile, lattea, argentina.
“东西”—浴具 / Bathing Necessities (2013), 塞维利亚的一天 / One Day in Seville (2014), 在芝加哥 / In Chicago (2014), 六月巴黎 / June in Paris (2014), 田园 / Countryside (2015), 陈酿二锅头 / Ageing Erguotou (2015) e 日本扇子-风神和雷神 / Japanese Fan (2017) sono soltanto alcuni dei in cui fiori, frutta, ventagli, letti screpolati dal sole, piante ornamentali o bottiglie si presentano come enigmi del tempo (a tratti surreali), come ombre e sembianze, come oggetti dai tratti sovrastorici e mentali in cui sembra risuonare la lezione metafisica di Giorgio Morandi o la potenza evocativa di de Chirico: ma tutto ben amalgamato, tutto ben combinato a motivi e gusti orientali, a memorie ataviche, a ricordi la cui sagoma si allunga sul presente per mostrare un fine e elegante scorrere del pennello.
Recuperando la vasta gamma dei generi artistici, attraversati con un gusto nostalgico che indica lontananza e sospensione, Tian Li produce piacevoli disincanti, ferite della mente, riquadri su cui fermarsi per percepire la morbidezza di una pittura (eterna e dolce come una ferita) che vuole rivelare la leggerezza della vita, la sottile linea di confine che divide – e che forse unisce – la pittura dalla poesia, la poesia dalla musica, la musica dalla voce, la voce dal suo silenzio.